Banca digitale nel mirino della Finanza per indebita percezione di erogazioni pubbliche

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sequestro, banca digitale

Hanno seguito il mutuo più che il denaro questa volta i finanzieri che hanno smascherato una banca digitale, ovvero senza sportelli sul territorio,  sequestrandole due milioni e 700 mila euro a titolo preventivo. Coinvolti cinque funzionari della banca.

Un giro di carte tra tre società, delle quali una di Roma e una di Milano, per “rientrare” di finanziamenti già concessi e difficilmente esigibili stante lo stato di crisi della società già beneficiaria. Un carosello che va dirottare fondi nazionali di accesso al credito per le piccole e medie imprese. La Finanza ha fatto crollare il gioco di carte approfondendo le indagini sulla società romana che chiedeva un mutuo per acquistare la società di Milano. Una triangolazione che però è stata scoperta.

Questa mattina infatti su delega della Procura della Repubblica di Roma, i finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche “per equivalente”, della somma di euro di 2,7 milioni di euro nei confronti di una banca digitale operante in ambito nazionale nella concessione di linee di credito perlopiù assistite da garanzia pubblica.

Il provvedimento, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Roma arriva a conclusione delle indagini coordinate dalla locale Procura che hanno portato ad individuare gravi elementi indiziari in ordine all’illecito amministrativo contestato alla banca a seguito delle condotte poste in essere da cinque soggetti, tra dirigenti, funzionari e agenti dell’istituto, per le quali gli stessi sono imputati per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, commesso nell’interesse e a vantaggio della società.

L’istituto avrebbe, infatti, concesso a un’impresa romana un finanziamento di 3 milioni di euro assistito da garanzia rilasciata dal Fondo Centrale di Garanzia per le PMI nella misura del 90 per cento, pur avendo rilevato durante l’istruttoria che la società richiedente non aveva le condizioni per ottenere il mutuo e che il patrimonio esposto nei bilanci (poi risultato inesistente in quanto “gonfiato” con documenti falsi) era giustificato esclusivamente con scritture private non autenticate e non depositate nei registri pubblici.

La banca avrebbe assunto tale decisione al fine di ottenere illecitamente il “rientro” di un debito “in sofferenza” in essere con altra società precedentemente mutuata, il cui patrimonio è stato strumentalmente sopravvalutato e poi acquistato dalla società destinataria del finanziamento. In questo modo, la banca ha potuto “spostare” l’onere del debito sullo Stato (che ha concesso la garanzia pubblica) e, al contempo, la società destinataria del finanziamento – i cui rappresentanti di fatto e di diritto sono anch’essi imputati per la medesima ipotesi delittuosa – ha potuto ottenere un importo (peraltro garantito dallo Stato) più elevato di quello che le sarebbe spettato se avesse presentato scritture contabili regolari.

La misura cautelare è stata emessa nell’ambito della fase dell’udienza preliminare sulla base delle attuali acquisizioni probatorie. In attesa di giudizio definitivo, vale la presunzione di non colpevolezza degli indagati.