SCIENZIATI CERCHIOBOTTISTI ASSOLDATI DALL’INDUSTRIA DI TELEFONIA: “NON CI SONO PROVE, MA NON POSSIAMO ESCLUDERE”.
di MAURIZIO MARTUCCI
Bambini digitali, connessioni in età pediatrica, già nella carrozzina ad ascoltare la voce dei nonni o vedere le immagini di un cartone animato. E così per tutti gli anni a seguire, col compagno di vita preferito da adolescenti e giovani, domani nel Metaverso: Smartphone, telefoni mobili e cordless in mano, attaccati alle orecchie e sulla testa di minori in modalità compulsiva, ma con quali ripercussioni per la loro salute? Fa bene, male o non fa niente crescere irradiati da campi elettromagnetici, radiofrequenze onde non ionizzanti possibili agenti cancerogeni per l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC)?
Bypassando psicologia, neuroscienze e sviluppo della personalità in età evolutiva, altri nervi scoperti tra l’alterazione del pensiero creativo e il declino dell’empatia, nel 2019 al Convegno internazionale Stop 5G promosso alla Camera dei Deputati, l’epidemiologa Annie Sasco (22 anni di IARC ed ex capo sostituto del programma di controllo del cancro per l’Organizzazione mondiale della sanità), tuonava senza indugiare: “cellularitumori-bambini, è un nostro diritto sapere”, lasciando intendere che ci stessero occultando qualcosa. “Mobi-kids è uno studio sul cancro nel cervello dai 10 ai 24 anni, fatto in 14 paesi (incluso l’Italia). Siccome è finanziato in gran parte dalla Commissione Europea, dovevano consegnare un rapporto finale il 13 gennaio 2017.
Lo studio era finito dal dicembre 2015, avevano speso i soldi, dovevano rendere conto di che cosa avevano fatto. Tutt’ora, però, i risultati non sono ancora pubblicati!” Ma dopo l’attesa e chissà quale manovra sotterranea per giustificarne le calende greche, con 5 anni di ritardo è arrivato l’esito dello studio scientifico denominato Mobi-kids, uno casocontrollo su bambini, adolescenti e giovani adulti per analizzare la possibile relazione tra tecnologie della comunicazione, ambiente e tumori cerebrali. “Nel complesso”, si legge nel rapporto finale, “il nostro studio non fornisce prove di un’associazione causale tra l’uso di telefoni senza fili e i tumori cerebrali nei giovani. Tuttavia, le fonti di bias (in statistica gli errori sistematici) ci impediscono di escludere un lieve aumento del rischio.”
Quindi 53 scienziati impegnati per 12 anni tra studio e attesa, manovrano 6.078.765,80 € di finanziamento per metà pubblico per arrivare a dire ‘non ci sono prove, ma non possiamo escludere il rischio’, assumendo la classica posizione ambigua e cerchiobottista per galleggiare contemporaneamente su due posizioni, se vogliamo inverse, parallele ma paradossalmente convergenti: quella negazionista e quella possibilista.
Perché?
ALERT PHONE GATE ONG: LE TAPPE DELLO SCANDALO
“Mobi-kids è uno studio minato dai conflitti di interesse”, scopre l’arcano Alert Phone Gate, l’ONG francese nota per aver fatto ritirare dal mercato telefoni cellulari fuori legge perché ultra-elettrosmog, “attraverso la nostra indagine sveliamo la gravità dei conflitti di interesse riscontrati all’interno del team di esperti e il ruolo principale di alcune aziende, tra cui l’operatore telefonico Orange (ex France Telecom) nel distorcere la scienza. Cinque dipendenti della sua controllata Orange Labs hanno preso parte all’elaborazione degli strumenti di misurazione dell’esposizione per bambini con tumori cerebrali.”
Praticamente, chi ha interesse non a difendere a salute pubblica ma a fare business sminuendo la percezione del pericolo dei cellulari, secondo quest’inchiesta, ha agito direttamente nello studio più importante al mondo che riguarda l’esistenza di 2,1 miliardi di bambini, il 36% della popolazione mondiale, mettendo mano direttamente sugli strumenti di rilevamento elettromagnetico. Non solo, perché c’è poi un ricercatore canadese destinatario di 1,5 milioni di euro di finanziamenti dall’industria del 5G mentre un’esperta ha lavorato nel laboratorio di ricerca sui mezzi di trasmissione e le telecomunicazioni coreane dove sono transitati oltre 152,3 milioni di dollari di royalties per i brevetti delle Telco ed il dipartimento guidato da un giapponese risulta essere stato sovvenzionato in una partnership università-compagnie telefoniche.
Come è stato possibile? Semplice: “quando lo studio Mobi-kids è stato pubblicato su Environment International – ci dicono oltr’Alpe – gli autori si sono ‘dimenticati’ di inserire la sezione sui conflitti di interesse”, per mera dimenticanza tralasciati i legami con la lobby telefonica. Nulla di nuovo se si pensa a quanto accaduto in passato, ai polveroni, alle polemiche, alle accuse e ricorsi in tribunale per lo Studio Interphone e la controversa Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), rispettivamente ricerche pilota ed ente privato su cui – a livello mondiale – ad oggi poggiano la non cancerogenicità certa al 100% e l’asserita non nocività da effetto non termico delle irradiazioni, nonostante la mole impressionante di prove schiaccianti del danno fornite dalla comunità scientifica internazionale indipendente, slegata da interessi di parte. Per capirne di più, l’ex cattedratico di mutagenesi ambientale Angelo Gino Levis ha censito 803 articoli scientifici pubblicati su riviste referees concludendo che il 39% sono finanziati dai privati e tra questi il 95% nega gli effetti biologici, mentre tra il restante 61% degli studi indipendenti (cioè pagati da enti pubblici) il 95% evidenzia rischi non termici ovvero danni per la salute umana, scoperto poi di recente l’inquietante giro di mazzette, tangenti e corruzione perpetrato per 17 lunghi anni e in 5 diversi paesi al mondo dal colosso delle telecomunicazioni Ericsson.
Mentre, solo per farla breve, in Pennsylvania una coppia di genitori denuncia la morte del figlio 15enne per tumore al cervello, sostengono, causato del Wi-Fi, un’altra 15enne elettro-iper-sensibile in Inghilterra ha preferito uccidersi piuttosto che continuare a subire come una tortura il Wi-Fi della scuola, in California si registrano quattro casi di bambini malati di cancro per un’antenna piazzata all’interno dell’edificio scolastico e a Como un 16enne elettrosensibile ha dovuto lasciare le aule per la pervadente presenza del wireless. Tutto normale? O bias?