Ogni città costituisce il riflesso della nazione e, tanto più, Roma, che esprime una consacrazione, anche, costituzionale, del suo ruolo di capitale.
di ANTONIO CALICCHIO
PER COLORO i quali, ben, conoscono l’Italia, non è difficile constatare che Roma è l’unica metropoli del nostro Paese. Certamente, numerose e splendide sono le città della nostra penisola, ognuna notevole per storia, cultura, attitudine creativa nell’arte, nella mercatura, nella industria; ma, soltanto, Roma possiede respiro metropolitano, per la sua eredità repubblicana e, poi, imperiale e, poi, oltre nei secoli, per vastità territoriale, per ampiezza demografica, per capacità di accogliere provenienze umane differenti, per significato spirituale e religioso, per coniugazione di lavoro amministrativo, industriale, commerciale, turistico.
A seguito di legge costituzionale, del 2001, si è prevista, all’art. 114 della Costituzione, la sanzione, anche, giuridica, del ruolo di Roma come capitale della nazione. Dopo mezzo secolo dalla sua nascita, quindi, la Repubblica ha formalizzato, nella veste più solenne, l’intuizione della Monarchia sabauda, che, nell’accettare – essa dinastia tradizionalmente cattolica – di pagare i costi dolorosi di un conflitto col Papato, meglio, col suo potere temporale, si accollò lo sforzo patriottico di coronare, con la pietra più importante e simbolica, la costruzione della unità statuale della nazione.
Però, non basta, e non può bastare, una conferma cartacea, per conservare e sviluppare il lascito risorgimentale che ha consacrato, in Roma, la capitale d’Italia. Nuove sfide attendono la nostra patria e nuovi traguardi si impongono per la Città Eterna. Ma esistono i presupposti per attingere tali traguardi?
La risposta si modula in chiaroscuro. Ed infatti, Roma partecipa della crisi di decadenza, che travaglia la nazione. Il dissesto della scuola, il degrado qualitativo dell’università, il declino del gusto, l’assenza di una sola idea di grandezza e di primato in qualunque settore della vita collettiva, l’arretratezza della ricerca tecnico-scientifica, gli attentati al patrimonio storico-artistico, rappresentano altrettanti sintomi della patologia dello spirito, che affligge l’Italia, malanno più grave e più serio delle pure importanti questioni materiali (economiche, finanziarie), su cui si accentra l’interesse, pressoché, esclusivo, di governanti e governati.
Del resto, l’esperienza delle realtà post-industriali segnala che proprio nella dimensione culturale, intellettuale, scientifica, estetica, teoretica si eserciterà molta parte dell’impegno dei popoli più avanzati, per la loro crescita e per il mantenimento della loro identità, pur nel profilarsi delle collisioni e conflagrazioni e commistioni etniche. E non solo. Sempre più, anche, il benessere materiale deriverà dalle acquisizioni culturali.
E su questo terreno, Roma può giocare importanti carte. Munita di una ineguagliabile ricchezza storica ed artistica, di numerose università statali e private – cattoliche, laiche – di molti atenei pontifici, di istituzioni ed accademie, di fondazioni e centri di ricerca, la Capitale dispone di risorse potenzialmente vaste, se si riesce a modificare lo spirito pubblico. Ciò implica due grandi impegni, facili ad enunciarsi e difficili ad attuarsi. Innanzitutto, imprimere una marcata disciplina qualitativa, ponendo al bando demagogie egualitarie, cadute assistenzialiste e compiacenze clientelari; in secondo luogo, collegare, in una grande cornice di sistema, la varietà delle attitudini presenti, non per mortificarne la specificità, ma per meglio offrire, ad ognuna di esse, una griglia di opportunità istituzionali, regolative, simboliche, capaci di esaltarne la singola vocazione, in vista di un fine condiviso.
Vi sono persone disposte a questo duplice impegno, di riqualificazione e di sintesi? Roma è il riflesso, ora fedele, ora deformato per eccesso, ora distorto per difetto, della nazione. Ciò vuol dire che i quesiti che valgono per la Capitale, valgono, inoltre, per l’Italia tutta. In questo terzo Millennio, l’interrogativo si mostra determinante. Per l’Italia, il confronto con le altre nazioni passa lungo le vie di Roma. Se quest’ultima fallisce nella sua funzione di rinascita e di traino, l’unità civile, culturale ed istituzionale della nazione è destinata al declino finale. E l’avventura risorgimentale sarebbe passata invano.
Auguri alla Città Eterna