IL VECCHIO E LA BAMBINA
E’ una favola moderna – è sua anche la storia – su due generazioni a confronto, interpretata da un grande Michele Placido, quasi 80enne. La pellicola è stata presentata fuori concorso al Torino Film Festival.
di Barbara Civinini
Siamo “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori”? citando la celebre frase di Mussolini incisa sul Palazzo della Civiltà nel Quartiere dell’Euro, a Roma. Anche il regista Daniele Vicari, figlio di emigrati, s’interroga sulla questione con il suo ultimo film di – cui ha firmato anche il soggetto – arrivato al cinema in questo giorni, “Orlando”. Il regista, anche documentarista socio-politico affermato, propende per il popolo di migranti, in versione “Sporchi, brutti e cattivi” alla Ettore Scola – a cui il film è dedicato – soffermandosi sulla doppia crisi generazionale, quella degli anziani e quella dei giovani.
La storia è molto semplice, quasi una fiaba moderna. Orlando – interpretato da un grande Michele Placido, ormai quasi alla boa degli 80 – vive solo in un paese di montagna del centro Italia e non ha mai voluto emigrare, come invece ha fatto suo figlio che se n’è andato a Bruxelles, e che ora, dopo 20 anni, ha bisogno d’aiuto. Orlando così, per la prima volta nella sua vita, è costretto a partire alla volta di un’Europa sconosciuta. Al suo arrivo troverà la nipotina 12enne, Lyse. I due mondi, quello di un piccolo borgo dell’entroterra, e quello metropolitano di una grande città europea, inevitabilmente, si scontrano. Ma Orlando e Lyse scopriranno inaspettatamente di avere bisogno l’uno dell’altro.
Siamo immersi in un mondo che cambia così velocemente che ci sfugge, dice il regista. A volte ci sfugge persino il senso stesso delle nostre esistenze. È così da sempre e oggi ancora di più. Per nostra fortuna ci sono persone che, restando fedeli a se stesse, ci aiutano a non perderci troppo. Orlando è dedicato a queste persone, ha spiegato Vicari. Naturalmente il tema non è l’emigrazione del passato ma il difficile confronto con le nostre radici contadine, che rischiano di sgretolarsi venendo a contatto con il “nuovo mondo”, moderno, evoluto e ipertecnologico.
“…’Orlando’ è tutto fuorché cinemino italiano melodrammatico da tinello, – sostiene ‘Il Fatto Quotidiano’ – ma opera matura, universale, che s’interroga sulla contemporaneità dell’umano in tempi di crisi non concedendo risposte, ma lasciando un commovente anelito di speranza”. Secondo Vicari si tratta della lotta di Orlando e della bambina – interpretata dalla giovane Angelica Kazankova – per definire la loro identità e il loro futuro. In un’intervista fiume a “Articolo 21” il regista spiega la sua idea di fondo. “Finché rimaniamo ancorati alle nostre origini, abbiamo una mappa del territorio in cui abitiamo, ma abbiamo anche una mappa sentimentale legata a quel luogo: sappiamo a chi dobbiamo voler bene e a chi no. Quando, invece, cambiamo completamente posto, improvvisamente rimaniamo soli, spaesati. Ecco, quindi, che ho capito che il film dovesse raccontare la solitudine”, afferma.
Il film presentato fuori concorso al Torino Film Festival è una coproduzione Italia Belgio Rosamont con Rai Cinema e Tarantula Belgique.