Dopo l’esordio estremamente positivo del 6 Luglio scorso, proseguel’iniziativa promossa dall’Associazione senza fini di lucro Passione Sentimento Azionedal titolo Aperitivo Culturale.Presso la caffetteria giardino dell’ Hotel Villa Margherita di Ladispoli,venerdi’ 13 luglio alle ore 19 verrà presentato il libro “Interruzioni”, alla presenza dell’autrice Camilla Ghedini, per un confronto aperto con il pubblico. L’ingresso è libero e gratuito.
Chi lo vorrà, potrà abbinare un aperitivo, non incluso.
Interruzioni (Giraldi Editore)
Questo libro non parla di interruzioni di gravidanza, come il titolo potrebbe indurre a pensare.
Le Interruzioni di cui si parlasono fili spezzati, relazioni materne reali o immaginate, interrotte.
L’interruzione biograficada cui questo libro trae ispirazione è la morte del padre, che porta l’autrice ad una profonda riflessione e a un’analisi spietata di modi in cui si possa essere non madri o non figli, oppure figli di madri ma orfani di dialogo, oppure non diventare madri per scelta, o sognare di essere madri di figli solo immaginati. Riempiendo il vuoto, il rimpianto, il rimorso, il non detto.
Fino all’abisso dell’infanticidio, incancellabile quanto il fatto di aver messo al mondo un figlio.
Il libro della giornalista ferrarese si sviluppa in quattro racconti, indipendenti tra loro, ma legati da un comune viaggio nell’anima, quello della maternità nelle sue sottrazioni.
La prima storia è un dialogo, serratotra due voci femminili: l’una (portavoce dei luoghi comuni della nostra società) chiede all’altra (coscienza individuale anziché collettiva) la sua spiegazione al NON aver voluto diventare madre. E questa rivendica le sue ragioni – sferzatamente razionali –come scelta d’amore.
Il secondo racconto è il monologo di una infanticida in un carcere femminile, che incalza la giornalista che vorrebbe raccontare la sua storia. Trascina il nostro giudizio a riflettere sul fatto che si resta madri anche dopo aver ucciso un figlio, perché lo si è comunque partorito e si resta donne, nonostante l’orrore.
Il terzo racconto, il piu’ toccante e struggente, è un monologo tra una figlia malata terminale di cancro, che si congeda dalla madre con lo stesso silenzioso,desiderato dialogo che è mancato in vita. Figlia che vorrebbe riuscire a dire alla madre: ho vissuto, sono stata felice, sono in pace con me stessa. Perdonati.
L’ultimo racconto è una rivisitazione della Lettera a un a bambino mai nato della Fallaci. Ma 60 anni dopo, la bimba non sappiamo neppure se è stata concepita: la pillola RU485 ha eliminato l’ipotesi di una gravidanza prima ancora di sapere se tale fosse.
Probabilmente tutte le donne almeno una volta nella vita hanno pensato di essere incinte e hanno immaginato il loro bambino. Riprendendo un po’ le Lettere a Lucilio di Seneca di cui abbiamo parlato in occasione de “Le Difettose”, l’autrice lascia a questa immaginaria figlia i suoi precetti morali, la sua eredità di istruzioni per affrontare la vita. Non essendoci una figlia reale, questi precetti restano validi per tutte le figlie, ed un messaggio a tutte le madri (e i padri) su cosa lasciare di vero ai figli. E sono forse anche un ringraziamento dell’autrice al proprio padre (che l’ha “amata di amore materno”) per averle trasmesso questi valori e insegnato le parole per comunicarli.
Eccolo il filo rosso, finalmente svelato: le parole per comunicare l’amore sono la chiave per ricomporre le interruzioni attraverso il perdono di sè .
Terzolibro in presentazione la settimana successiva, il 27 Luglio: Silvia di Giacomo, Lo Sto di Dio