“Anna Magnani il mio modello”

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Intervista a tutto campo con Paola Tiziana Cruciani, allieva di Gigi Proietti, impegnata nella tragicomica opera teatrale “Il Padrone”  di Giovanni Zucconi

Il 27 gennaio scorso si è celebrato il “Giorno della memoria”, in ricordo della scoperta, da parte delle truppe russe, delle atrocità perpetrate nel lager di Auschwitz. Un modo per ricordare i milioni di morti nei campi di concentramento tedeschi è stato quello di andare a vedere, al Teatro Nino Manfredi di Ostia, l’opera teatrale “Il Padrone”, scritta da Gianni Clementi e interpretata dai bravissimi Paola Tiziana Cruciani e Paolo Triestino. E’ un’opera tragicomica che merita di essere vista perché riesce a rappresentare le miserie umane universali, come possono essere l’avidità, la cattiveria e il cinismo, in un contesto che ci riporta alla tragedia vissuta dagli Ebrei romani a seguito delle Leggi Razziali. Sul palco, una bravissima Paola Tiziana Cruciani, ha recitato, con la nonchalance delle grandi attrici, con il braccio destro completamente ingessato a seguito di una recente caduta. L’attrice, che in queste settimane è una dei protagonisti della fiction “Immaturi”, trasmessa su Canale 5, ci ha concesso un’intervista al termine dello spettacolo. Per chi volesse andare a vedere “Il Padrone”, e lo consigliamo vivamente, attualmente è in scena al Teatro Ghione di Roma, fino all’11 febbraio.

Signora Cruciani, io ho sempre pensato che i sodalizi comici sono stati quelli che hanno prodotto la migliore comicità in Italia negli ultimi decenni. Ma purtroppo li ho visti tutti sciogliere, inesorabilmente, uno dietro l’altro. Lo stesso è successo per la divertentissima “La Zavorra”, di cui lei faceva parte nei primi anni ‘80. Perché, nonostante il loro successo e la loro bravura, questi gruppi finiscono sempre per sciogliersi? Perché “La Zavorra” non c’è più?

“Accade per motivi diversi. Noi ci siamo sciolti perché eravamo molto giovani, e perché ci hanno messi insieme. Non ci siamo scelti. C’è stato Antonelli Falqui che è venuto un giorno nel laboratorio di Gigi Proietti, e ha scelto le sei persone che avrebbero composto “La Zavorra”. Quindi ci siamo ritrovati a lavorare in un gruppo, ma non ci eravamo scelti tra di noi. Era stato formato con un intervento esterno, ed era quindi inevitabile che ci sciogliessimo.”

Ci ha appena ricordato che lei ha frequentato la scuola di Gigi Proietti, che ha sfornato una quantità impressionante di talenti. Come è stato possibile questo? E’ vero che c’era dietro un grande Maestro, ma questo è veramente sufficiente per spiegare il numero di attori di successo che sono usciti da quel laboratorio? O è stato solo un caso?

“No, non è stato un caso. Innanzitutto per accedere alla scuola di Proietti si facevano dei provini. La scuola era pubblica e non si pagava. Quando ho fatto io il provino c’erano più di 300 persone. Quindi lui ha scelto proprio quelli che voleva. Poi ogni anno c’era sempre la scrematura fisiologica di qualcuno che sentiva di non farcela, e si ritirava. Quindi quelli che alla fine ce l’hanno fatta, sono stati quelli che hanno retto di più la fatica. Poi c’era la fortuna di avere un Maestro. Non tutte le scuole lo hanno. Spesso le scuole sono fatte da gente che insegna per mestiere. Invece quella era una scuola dove chi insegnava, faceva e fa il mestiere. Quindi era una vera bottega. Poi, oltre ad avere lui come Maestro, che è stato il grande incontro della mia vita, abbiamo avuto altri maestri eccezionali, come Ugo Gregoretti o Antonello Falqui. C’era quindi un livello molto alto di insegnanti. E poi c’era la capacità e la volontà di portare dentro subito gli allievi a lavorare con se. Cosa che ormai non si fa più. Nel mio primo anno di corso, ma anche in quelli seguenti, Proietti ha subito messo tutti dentro in compagnia, sul palcoscenico. Quindi noi siamo cresciuti in scena, a fare ruoli secondari, e in quinta a studiare. Come vede, non è un caso…”

Nella sua formazione artistica, ha avuto dei modelli? Ammesso che un’artista possa avere effettivamente dei modelli.

“I modelli a cui mi sono ispirata come attrice e come donna sono modelli del teatro di quegli anni: Lina Volonghi, Anna Maestri, Franca Valeri, Bice Valori e Anna Magnani.”

Quindi un’artista può avere dei modelli

“Diciamo che chi si somiglia si piglia. Tu ti ispiri alle persone a cui speri di riuscire a somigliare, prima o poi. Come modi di prendere questo mestiere, di vivere il teatro.”

Lei oltre ad essere attrice è anche regista, sceneggiatrice e insegnate. Questo non influenza la sua attività? Quando deve recitare una parte, non le viene mai da pensare che come regista avrebbe fatto diversamente, o che il personaggio l’avrebbe scritto in un modo diverso?

“Si, mi viene da pensarlo, ma poi quando faccio l’attrice, seguo le indicazioni del regista. Non sono di quelle che si ribellano. Così come quando faccio la regista, pretendo che si seguano le mie indicazioni.”

Quando scrive un soggetto, pensa sempre che il personaggio principale lo reciterà lei, e quindi se lo cuce su misura?

“Dipende… E’ successo. Mi sono scritta dei personaggi, sia principali che secondari. Ma non è sempre così. Mi sono scritta degli spettacoli da sola, così come ho scritto degli spettacoli per altri, senza essere in scena.”

Che temi le piace affrontare nelle sue sceneggiature?

“Temi sociali, molto al femminile. Mi piace molto scrivere sul mondo femminile e sul mondo popolare. Non mi piace scrivere un teatro borghese.”

Lei si può sicuramente permettere di poter scegliere i ruoli che più le piace interpretare. Come basa questa sua scelta? Ha qualche criterio, o sono i ruoli che scelgono lei, perché sono quelli che le cadono addosso?

“Soprattutto in Teatro, sono i ruoli a scegliere me. Cioè mi vengono proposti ruoli dove sono particolarmente in parte. Invece, per quanto riguarda il Cinema, tutto dipende dal copione. Se il copione è interessante e ben scritto, io sono strafelice di interpretarlo.”

Ha dovuto rinunciare a qualcosa della sua vita privata per fare l’attrice?

“No. Ho una figlia di 28 anni, ormai grande, e ho una vita normalissima. Sono una che prende i mezzi, fa la spesa, va al mercato… “

Una cosa che domando sempre. Non le è mai capitato di interpretare un personaggio che sente talmente suo, che continua a viverlo anche fuori delle scene?

“A viverlo no. A giocarci sì. Ci sono personaggi che io ho interpretato, e che poi magari c’è il divertimento di parlare come loro. Ma solo per fare una battuta, proprio a viverlo no. Io non sono un’attrice “stanislavskijana”. Il mio è solo un lavoro. Io cerco di lavorare, e non ho mai cercato di “capolavorare”.

L’Ortica viene distribuito soprattutto nel litorale a nord di Roma. Lei ha qualche ricordo legato a questi luoghi?

“Soprattutto di Civitavecchia, che ho molto vissuta. In classe con me c’era Pino Quartullo, che è di Civitavecchia. Ho tanti amici che abitano li. Ma anche molti amici che abitano a Marina di Cerveteri. Ho recitato spesso a Civitavecchia, dove Pino Quartullo ha organizzato una manifestazione per i 30 anni della nostra partecipazione al laboratorio di Gigi Proietti. Ha organizzato, nel 2008, al Teatro Traiano, uno spettacolo con tutti gli allievi del primo corso del laboratorio, che si intitolava “Gigi, è tutta colpa tua”. Abbiamo fatto questo omaggio a Proietti. Eravamo tutti sul palcoscenico con lui. Abbiamo fatto una rassegna dei giochi che facevamo all’epoca del laboratorio. “

Come giudica lo stato del Teatro in Italia? Lo considera un mestiere per pochi eletti, come lei?

“Il Teatro, purtroppo, non viene considerato abbastanza dallo Stato. Nel senso che non gli viene dato un valore culturale importante. Nel resto del mondo, il Teatro è materia di tutte le scuole superiori. Questo perché si ritiene che il gioco del Teatro sia fondamentale per la formazione della persona. Non perché devi fare l’attore, ma proprio per la formazione della persona. Quindi poi si arriva ad amare il teatro come linguaggio, che viene considerato alto e importante, perché si passa attraverso un insegnamento. In Italia siamo un po’ abbandonati. Io faccio l’attrice non perché i miei genitori mi portavano a teatro, ma perché quando io ero piccola, in televisione, all’ora di pranzo di sabato, c’era “Il Teatro in diretta”. Le grandi compagnie, in grandi studi televisivi, recitavano le grandi commedie. Stiamo parlando di Luigi De Filippo, Gilberto Govi, Sergio Tofano… Io ho visto le grandi compagnie, in televisione. Adesso questo non c’è più. Non viene aiutata la formazione del pubblico teatrale. Il Teatro oggi è affidato un po’ al caso. Come tante cose in questo Paese.”