Anche L’Ortica alla serata per ricordare Felice Pulici, portiere della Lazio campione d’Italia 1974

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Felice Pulici: una vita da numero uno.Nella magnifica location del Circolo Canottieri Aniene di Roma va in scena il racconto dedicato all’ex numero uno della storia biancoceleste a cui è stato dedicato il volume della collana di Lazialità “Per sempre Felice. Pulici, una vita da numero uno”. Tantissimi gli ospiti del mondo Lazio presenti all’evento organizzato e presentato da Guido De Angelis. Oltre alla famiglia Pulici, con il figlio Gabriele salito sul palco per raccontare della vita anche fuori dal campo dell’estremo difensore, insieme a Dino Zoff, uno dei piú grandi portieri della storia del calcio italiano e non, non potevano mancare di certo gli ex-compagni Pino Wilson e Giancarlo Oddi. Presenti anche, tra gli altri, Cristian Ledesma, Delio Rossi, Giuseppe Pancaro, Bernardo Corradi, Bruno Giordano, Massimo Piscedda, Maurizio Manzini, Gabriella Grassi e il presidente del CONI Giovanni Malagò.

Apre le danze Emiliano Foglia, (collaboratore de L’Ortica) autore del libro su Felice, che prende la parola su invito del nostro direttore Guido De Angelis: “Da portiere a livello dilettantistico Pulici, Zoff e Orsi sono stati dei miti, quando stavo completando il libro dedicato a Felice ho pensato a una presentazione che valorizzasse il libro, Dino è una leggenda, è stato il nostro Presidente e quando me lo sono trovato davanti qui è stata un’emozione pazzesca, lui mi ha cominciato a raccontare i suoi ricordi di Felice, ricordi di tanti anni fa da giocatore, però quello che mi ha colpito è stato il fatto che lui ammirasse a cento metri di distanza la figura di Felice, lui era il prototipo di portiere per lui, Dino lo considerava al suo stesso livello. Ho ascoltato tanti simpatici aneddoti”.

Microfono al figlio Gabriele Pulici: “Devo ringraziare Emiliano, ha avuto pazienza, è stato con noi giorni, ore, notti, a cercare di carpire particolari di papà che non fossero venuti fuori. Papà gli ha detto: “Voglio un libro uguale a quello che hai scritto per Giorgio Chinaglia”.  E’ stato un piacere, noi non eravamo a conoscenza del fatto che Emiliano stesse scrivendo il libro, tragici eventi hanno impedito di scrivere il libro per papà insieme”.

Ancora Emiliano Foglia: “Mi sentivo con Felice tramite sms, dovevamo concludere insieme il libro, è andata così, ma grazie alla sua famiglia lo abbiamo terminato“.

Prende la parola l’immancabile Dino Zoff: “Felice era veramente un signor portiere, io l’ho sempre ammirato, era tecnicamente e fisicamente dotato, voi siete labilissimi quindi lo avete seguito anche quando io ero da un’altra parte, è stata una persona modo, ho avuto un rapporto molto amichevole, l’entusiasmo di Felice per la società era trainante per tutti, è stato un periodo buono. I portieri sono innamorati del ruolo e carichi di responsabilità in tutti i campi, lui ha sempre dimostrato questo allenamento alla responsabilità che deve avere un portiere, lui aveva dedizione sia al lavoro che alla società, è un fatto incontestabile questo. I guanti? Noi siamo arrivati che cambiò pallone, dal cuoio a bianco e nero, avevamo i guanti coi puntini di gomma come le palline da ping-pong, sull’asciutto quindi si giocava senza guanti e dunque al freddo si faticava, oppure coi guanti di stoffa quando la palla era bagnata. Cudicini, Vieri, c’era una scuola di portieri importanti, ora ci sono meno portieri, prima eravamo 4 o 5 a livelli alti“.

Gabriele Pulici sul rapporto col papà: “Non abbiamo mai interferito con papà, noi sapevamo che stando a casa gli permettevano di concentrarsi sulla Lazio, di giocare e allenarsi con tranquillità. Io portiere? No, “di padre in figlio” per me non vale”. Pino Wilson non conferma: “In porta mi ha fatto più impressione il figlio che lui, gli ho detto che per me era più forte del padre” (ride).

Si parte dagli inizi al Novara. Emiliano Foglia comincia il racconto: “Felice inizia a giocare all’oratorio, abbiamo riportato il primo cartellino della FIGC. Il nonno paterno si chiamava Mosè e dunque lui ha ereditato questo secondo nome, lui ci teneva tantissimo. Il suo sogno era quello di avere un pallone di cuoio, il papà Piero tornando dal lavoro un giorno glielo regala ma lui non fa in tempo a farlo vedere agli amichetti che al primo calcio il pallone finisce sotto una macchina e scoppia. Lui era addolorato, il papà forse se la sarebbe anche presa. Cerca di sistemare il pallone, ma non rimbalzava più. Da lì nasce la sua carriera, lui lancia il pallone nel corridoio della sua casa, e lui inizia a tuffarsi per prenderlo. Viene visionato da osservatori del Lecco, lui colpisce, viene ingaggiato nelle giovanili e da lì parte la sua carriera professionistica nel Lecco, l’esordio è in Serie B al Marassi di Genova, il portiere che va a sostituire è Meraviglia. Mentre comincia a giocare, porta avanti la sua passione, si era diplomato geometra, pensa che tutto sommato nel futuro ci sia anche quella strada. Arriviamo al Novara. I suoi primi anni sono tutti con la maglia nera,  Il colore grigio scatterà dal 1974/75 in poi. Il ragazzo è promettente, anche Juve e Milan lo studiano bene, i mugugni dei tifosi della Lazio sono chiari: “Abbiamo preso un portiere che ha incassato 5 gol”. All’epoca Internet non c’era, Felice non si conosceva, c’era curiosità prima dell’arrivo alla Lazio. Ringrazio la famiglia Pulici per le fotografie meravigliose del libro. Vediamo una foto di un tavolo su cui si giocava a carte prima della partita, tra gli altri Ferruccio Mazzola, Petrelli”. Interviene Giancarlo Oddi: “Si giocava a briscola bugiarda, si giocava in cinque, si chiamava così perché…meglio che non lo dico”(ride).

Altra foto, si gioca contro la Juventus, ci sono due rigori, uno di Cuccureddu parato da Felice. Che Lazio era quella di Maestrelli? Risponde Zoff: “Squadra combattiva, decisa, straordinaria, un entusiasmo e una voglia di arrivare a qualcosa, io poi ne ho presi di gol con la Lazio, sotto questo aspetto è stato un periodo in cui la squadra giocava davvero bene“. Altra foto ancora, Felice para un rigore a Paolino Pulici. Zoff: “Quello di Pulici e Graziani era un grande Torino, era una squadra davvero forte“. Si susseguono fotografie, per immortalare momenti della vita calcistica e non di Felice, tra gli applausi del pubblico. Eccone un’altra, una super-parata di Pulici nel derby della Capitale, interviene Bruno Giordano: “Normalmente sarebbe finita tanto a poco, lui ha permesso al mio gol di essere importante“.

Interviene il figlio del mister Maestrelli: “Con Felice nacque un rapporto improvviso, mamma si era dimenticata una cintura e andò con Felice a comprarla al negozio, Felice è stato un amico e ci è stato vicino nei momenti più difficili, di questo saremo sempre grati“.

Entra il Presidente del CONI Malagò, intanto un enorme applauso per Giampiero Galeazzi. Parla Galeazzi: “Due parole su Felice? Due enciclopedie, lui aveva un caratteraccio, forse il titolo “Per sempre Felice” non è il massimo, brontolava sempre (ride)“.

Giovanni Malagò prende la parola: “Quando Guido mi ha chiamato ho pensato di essere felice. Non tutti sanno quello che è stato il percorso di Felice post-carriera da calciatore, era un generoso d’animo, una persona con uno spirito incline ad aiutare il suo mondo, che poi non era circoscritto solo a un contesto. E’ stata un’epopea incredibile, è divenuto vice-presidente del comitato regionale del Lazio del CONI con una formidabile capacità di entusiasmare anche in contesti insospettabili, con i disabili, coi bambini nelle scuole primarie, in provincia (Frosinone, Rieti, Viterbo, Latina). Era appagato di questo suo ruolo, completamente da volontario anche sotto il profilo del rimborso spese, precisazione in linea con la qualità della persona. Un altro elemento curioso: il presidente era Riccardo Viola, per cui ogni tanto questi mondi si parlavano. Bisogna sdoganare questo concetto di provincialismo, poi quando rispondeva ai tifosi anche da Guido c’era un Felice fedele alla sua causa, alla sua storia, di un ragazzo partito da una provincia della Brianza ed arrivato in questa meravigliosa ma anche caotica e folle città che è Roma, divenuto un baluardo, un portabandiera, era più romano di tanti romani che mai abbiano giocato nelle squadre della Roma e della Lazio. Lui ha vinto tanti pregiudizi, lui volava alto. Felice era tutto questo per antonomasia, lui incarnava l’umiltà. E’ doveroso un mio atto di gratitudine a questo grande uomo, a questa grande persona”.

Il figlio di Felice, Gabriele, interviene ancora: “Io vivo papà attraverso quelli che sono i vostri ricordi, la grande passione di papà è stata lavorare, gioire assieme ai ragazzi, scovare un ragazzino e portarlo nel vivaio, penso a Di Vaio”. Poi ancora: “La Panini ci ha regalato tutte le foto di papà da quando ha iniziato a giocare, per noi sono tutte particolari, lui ha avuto la fortuna di giocare con grandi uomini, ha sempre lasciato un grande ricordo in tutte le squadre, in ogni squadra ha raggiunto il più alto obiettivo di quella squadra, dal Lecco all’Ascoli, fino alla Lazio. Mai le squadre per cui ha giocato avevano fatto così bene come con lui”.

Parola a Massimo Piscedda: “Ce l’ho avuto come dirigente Felice, per quello che ha fatto dopo ha dimostrato di essere un uomo intelligente, spesso si dice che nel calcio non ci siano. Lo ricordo come una persona squisita sotto tutti i punti di vista”.

Cristian Ledesma si alza in piedi: “Mi sento un po’ a disagio perché l’ho conosciuto poco, ma mi ha colpito per la passione che metteva nel parlare della Lazio, mi è rimasto impresso come mettesse la passione quando parlava. Ci siamo trovati in un programma di tv a parlare di fede, so che era molto credente, mi è rimasto impresso”.

Il capitano Pino Wilson in lacrime: “Vedere Felice sorridente è quello che preferisco, il Felice che veniva a cena con noi, il Felice che si arrabbiava, lo voglio ricordare così, poi tutto quello che si è detto su di lui credo sia stato smentito da come ci siamo comportati nell’arco degli anni, tutto questo all’insegna di un solo termine, cioè amicizia“.

Giuseppe Pancaro al microfono: “Quando ho saputo di questa giornata ho pensato che dovevo venire, è stata una figura importantissima quella di Felice, ci ha fatto da Cicerone, avevamo lui e Bob Lovati che ci parlavano di Lazio e che ci trasmettevano grande laziali, Felice aveva sempre la parola giusta al momento giusto, ti diceva le cose in modo deciso senza mezzi termini, è stato un vero laziale ed è stato per me un onore averlo conosciuto“.

Il mister Delio Rossi è presente anche oggi. “Io ho avuto la fortuna di conoscerlo come dirigente, ero un giovane allenatore che allenava una squadra importante, non era la Lazio di adesso ma un po’ più dimessa. Spesso succedeva che la squadra non andasse bene, lui lavorava in sede a Formello, ogni tanto trovavo Sabatini in sede e Felice mi chiamava nel suo ufficio e non diceva nulla, mi parlava di altro, lo sentivo però vicino, poi andavo in campo e vedevo Bob Lovati. Quello che li univa è questa grande passione per la Lazio“.

Ecco Bernardo Corradi: “C’è una foto a pagina 113 del libro che è emblema di quello che è stato per la Lazio. La società erano lui e Ugo Longo per noi, ci hanno trasmesso valore e tradizione della lazialità. Ci hanno indicato la strada “.

Prende la parola Antonio Buccioni: “Felice non nasce biancoceleste, poi è rimasto tutta la vita biancoceleste. Una continuità in cui sicuramente Bob gli ha fatto da fratello maggiore“.

Parola a Furio Focolari: “Io ero a Formello in quanto dirigente della PUMA, Felice era uno scrupoloso, ricordo come preparava le borse per gli arbitri, agli arbitri si dava una maglia della Lazio, un pallone, invece lui voleva che gli mettessi dentro roba della PUMA, mi faceva preparare queste borse. E’ l’unica volta nella mia vita in cui sono venuto meno alla mia professionalità di giornalista, perché in Lazio-Udinese, quando le gare finivano massimo al 91′, l’arbitro diede 4 minuti di recupero e l’Udinese pareggiò 2-2 a pochi secondi dal termine. Andai in tv, alle otto c’era Domenica Sprint, ero il solo bordocampista, avevo solo io l’immagine di Giorgio con l’ombrello che voleva andare contro l’arbitro, Felice salì su e si prese la cassetta con le immagini. E’ stata l’unica volta in cui ho derogato alle mie convinzioni da giornalista”.

Ecco Maurizio Manzini: “Lui non usciva e non uscirà più, ma dai nostri cuori. Ciao Felice!“. Intanto la serata volge al termine, con Mino Caprio che con la sua voce riconoscibile tra migliaia legge qualche estratto del volume dedicato a Felice. Solo applausi in sala.

fonte lazialita.it