ALUNNO COSTRETTO A CASA: STA MALE A SCUOLA PER IL WI-FI

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L’ENNESIMA VITTIMA DA ELETTROSMOG NELLA SCUOLA DELL’ESCLUSIONE. UN RAGAZZO DI 16 ANNI COSTRETTO A NON FREQUENTARE LE LEZIONI PER COLPA DEL WIRELESS. LA MAMMA: “VOLEVA FARE IL MEDICO, ORA NON SO COSA FARÀ L’ANNO PROSSIMO”.

di Maurizio Martucci

L’ennesima brutta storia all’italiana. Un ragazzo di 16 anni residente in Lombardia si ritrova la vita completamente stravolta dalla malattia dell’Era Elettromagnetica. I certificati medici parlano di fotofobia ed elettrosensibilità: per lui niente spazi pubblici, niente treni, niente autobus né pizzeria al sabato sera con gli amici.

La presenza ubiquitaria di pervadenti campi elettromagnetici gli rende impossibile compiere anche le cose apparentemente più facili e normali per un giovane della sua età. Ma soprattutto da quattro mesi non mette più piede nella sua scuola del comasco, una classe di terza del Liceo Scientifico Carlo Porta di Erba, da quando un tira e molla con la dirigenza scolastica ingaggiato della tenace mamma (beffa del destino, insegnante) s’è concluso con il ritiro dell’alunno dell’aula, la sconfitta della paventata ideologia inclusiva così tanto sbandierata dai vertici della scuola pubblica. La scuola non è affatto per tutti: Wi-Fi, LIM, Byod, Smartphone e cellulari in dotazione libera agli alunni, hanno reso impraticabile a Mauro (nome di fantasia per la privacy del minore) frequentare le lezioni. Da Novembre 2019.

“Trovo davvero vergognoso che il liceo si sollevi da qualsiasi responsabilità, non offrendo alcuna tutela ad una ragazzo desideroso di studiare, al quale viene negato il diritto all’istruzione”. Oggi Mauro studia a casa, dopo che la mamma l’ha spuntata su un altro istituto, il Liceo Maffeo Vegio di Lodi deputato all’inclusione degli studenti disabili, accordata per quest’anno l’educazione domiciliare, congelata l’iscrizione nel primo liceo. Eppure un giudice di Firenze, per un caso simile, in maniera preventiva aveva disposto lo spegnimento del wirelessin una scuola in riva all’Arno, consentendo ad una bambina elettrosensibile di tornare tra i banchi delle elementari, così come sempre più scuole virtuose (noto il caso di Borgofranco d’Ivrea, il Sindaco cablò tutte le scuole comunali) opzionano per il più sicuro cavo smantellando il Wi-Fi. “La patologia è di tipo fisico, fortemente invalidante e non è stata preceduta da ospedalizzazione. – spiega la mamma di Mauro – Accusa malesseri ortissimi che culminano in svenimenti e la collocano in una specie di stato di apatia, staccandosi dalla realtà e non parlando più. Mio figlio ha persino gravi problemi alla vista, è diventato fotofobico, non sopporta più nemmeno la luce delle lampade al neon. In casa gira con gli occhiali da sole. E’ gravemente elettrosensibile, si sentiva male nei supermercati, nei luoghi pubblici. Tachicardia, scariche elettriche alla testa, perdita di memoria, nausea, sintomi accusati sempre nell’impatto con l’elettrosmog. E poi, inevitabilmente, la depressione.

In cosa s’è dovuta imbattere per tutelare suo figlio?“ In tanta indifferenza! E nella mancanza di consapevolezza. Il fatto che l’elettrosensibilità non sia riconosciuta dal sistema sanitario nazionale è una grave lacuna, non vuol dire che la malattia non esista. ‘Mamma, sono loro che rovinano il mondo, se vivessi in un’altra epoca starei benissimo’, ripete continuamente mio figlio. Non è giusto. All’inizio, in apparenza, il dirigente scolastico sembrava di grande disponibilità, si è progressivamente trasformato in scetticismo e in mancata collaborazione”.

Un esempio?“ L’insegnante di sostegno, che utilizza il PC, si metteva nell’aula, nonostante l’indicazione medica che il computer debba stare ad almeno 3 metri di distanza da Mauro, sempre vicino a mio figlio, con la luminosità dello schermo messa al massimo. Un’altra insegnante ha aggiunto che la presenza di mio figlio non permette di fare nulla nell’aula, come accendere per esempio la LIM, e che non è possibile pensare ad una scuola personalizzata solo per il ragazzo”.

Ma togliere il Wi-Fi a scuola cablando le aule non sarebbe stata la soluzione più semplice? “Certo, il preside cablò solo la classe di mio figlio, però il Wi-Fi continuava ad essere in funzione tutte le altre zone della scuola. Insopportabile per lui. Stava troppo male, sono stata costretta a toglierlo dalle frequentazioni, ingaggiando poi una rivendicazione con la scuola di Lodi che si occupa di educazione per disabili. Adesso siamo riusciti ad avere 8 ore al giorno con istruzione a domicilio, almeno qui Mauro è protetto. Viviamo in montagna, isolati, intorno a noi non ci sono pericoli.

”Ma non crede che sia comunque una soluzione di ripiego?“ Certamente, e pure momentanea. Per quest’anno scolastico abbiamo trovato quest’alternativa. Ma poi? Nel futuro? Mio figlio voleva fare l’università, diventare medico, ma oggi come oggi non sappiamo più nemmeno cosa succederà il prossimo anno. E’ inaccettabile, le istituzioni devono difendere la salute dei cittadini. Sto anche valutando la possibilità di ricorrere per le vie legali.”