Tenendo fede ad una sua recente promessa ed ad un suo più “antico” e sincero desiderio, il sindaco di Cerveteri, Alessio Pascucci, ha visitato le antiche e famose Aquae Caeretanae site nella zona di Pian della Carlotta al Sasso e rientranti nel, culturalmente interessantissimo, territorio dell’antica Caere ora moderna Cerveteri.
Puntuale, alle ore 9,00 del mattino, Pascucci ha iniziato la suddetta visita accompagnato dal noto archeologo dr. Flavio Enei coordinatore scientifico del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite, che ha avuto il mandato da parte della Soprintendenza Archeologica di ripulire quanto finora rinvenuto dagli scavi archeologici ivi effettuati che terminarono, per mancanza di fondi, il secolo scorso, nell’ ormai lontano 1987. Nell’occasione il GATC, considerando la specifica complessa difficoltà dell’operare, ha messo in campo la sua “punta di diamante” del settore (coordinati dagli ottimi Gianfranco Pasanisi e Roberto Della Ceca) quell’équipe che ha già ripulito e ripristinato ( con grande rispetto ambientale), per le visite guidate, la zona archeologica del “Laghetto” facente parte del Sito UNESCO della necropoli della Banditaccia a Cerveteri, una delle aree più antiche e complete di tutto il Sito etrusco. Per il GATC oltre Enei erano presenti anche l’altro bravissimo archeologo Stefano Giorgi ed il presidente Paolo Marini. Il sindaco Pascucci è rimasto particolarmente colpito da quanto fatto finora dal GATC e di quanto attualmente visibile e da ciò che Enei gli ha spiegato ricordando l’antichità delle suddette Terme risalenti, come minimo, al III° secolo a.C. ma già, precedentemente, note e fruite dal popolo etrusco. Fra l’altro i volontari specializzati del GATC dovranno successivamente pure cimentarsi in una attigua ripulitura, in quanto alla destra (guardando il mare) del calidarium e del tepidarium c’è un altro ampio ed intrigato macchione che copre due stanze ( in una delle quali furono ritrovate molte spille per i capelli da donna) ed un corto corridoio, il tutto già riportato alla luce. Le ultime notizie certe sulle famose Aquae Caeretanae ce le dette il noto scrittore e medico Celio Aureliano (V ° secolo p. C.) sostenitore dell’idroterapia, il quale dichiarò che si trattava “Delle acque termali più calde d’Italia”, mentre precedentemente lo storico e geografo greco Strabone (n. 60 a.C. m. 21 p. C.) nel suo De Geographia aveva scritto che “Erano talmente famose da essere più popolate della stessa Caere”. Sulle Aquae vi è anche da ricordare ciò che annotò lo storico antico romano Tito Livio (n. 59 a.C. m 17 p. C.) nella sua Ab Urbe Condida ( una monumentale storia di Roma a partire dalla sua fondazione) “Nell’anno tra i vari prodigi ci fu quello delle acque ceriti miste a sangue”. Dopo Aureliano questo sito (esteso per circa 7 ettari) fu completamente obnubilato scomparendo dai “radar della storia” per circa 1500 anni. Fra coloro che le cercarono inutilmente vanno annoverati, agli inizi del XVII° secolo p.C., i due ritenutissimi geografi e storici tedeschi Philippus Cluverius (Filippo Cluverio) e Lucas Holstenius (Luca Olstenio) che “mappando” i siti e le pertinenze territoriali della Roma antica cercarono inutilmente le suddette Aquae Caeretanae.
Tutto ciò fino a giungere alla fine del 1986 quando nella zona di Pian della Carlotta, in prossimità della località del Sasso, nel territorio di Cerveteri, a seguito (dicono) di una aratura effettuata con un trattore dal proprietario del terreno fu segnalata,alla Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale, un’ampia presenza di particolari cocci e frammenti (per l’esattezza frammenti fittili, di marmo, di vetro e numerosissimi tasselli di mosaico che erano sparsi su una grande superficie). Una cosa questa che “accese i riflettori” alla stessa Soprintendenza la quale, all’epoca, aveva come responsabile per il litorale e la zona retrostante l’archeologa d.ssa Rita Cosentino che comprese subito che si era in presenza di una realtà molto importante ma non arrivando ancora a pensare alle famose Terme Ceretane. Iniziati i lavori di ricerca affiorarono subito alcune soglie in marmo e proseguendo negli scavi archeologici, a cinque metri di profondità, furono rinvenuti i resti di due grandi vasche, quelle del calidarium e del tepidarium circondati da ben tre file di sedili in marmo (con marmi pregiati di giallo antico e di Carrara ad addobbare tutte le terme) ma non solo, visto e considerato che sotto una volta brillavano dei gran bei mosaici con le loro rispettive tessere in pasta vitrea di colore blu, verde, giallo, nero e rosso a disegnare un’esplosione di fiori su campo bianco ed insieme a ciò fu rinvenuta una decisiva colonnetta votiva con su scritto: “A Giove e alle fonti delle acque ceretane”. Fra l’altro dagli scavi emersero pure un bustino muliebre somigliante ad una Faustina ed un pezzo di sedile con su una zampetta di leone ed inoltre furono scoperti, lungo le pareti, dei tubi di terracotta che recavano l’acqua calda per riscaldare gli ambienti. Una realtà, come fu scritto “di dimensioni e livello artistico decisamente eccezionali rispetto allo standard degli insediamenti noti nella zona”. Ed all’epoca era ancora presente una gran bella polla di acqua sulfurea che rendeva acre l’aria tutto intorno. Ma gli scavi dettero pure altre indicazioni a seguito del ritrovamento di tracce di legno bruciato e di vari detriti alluvionali segno che forse furono distrutte dai Visigoti di Alarico o da una violentissima alluvione. Considerando come erano normalmente strutturate le terme romane, all’appello mancano ancora (come minimo, visti i settantamila metri quadrati di estensione) il frigidarium, gli spogliatoi e la palestra. Ed a proposito della fama internazionale di cui godono le Aquae Caeretanae, chi scrive ben ricorda, essendo stato presente, quando l’ispettore UNESCO il famoso prof. Giora Solar, nel pomeriggio della caldissima giornata del 23 luglio 2003, dopo aver ispezionata tutta l’area archeologica della Banditaccia, espresse, proprio alla d.ssa Cosentino, il desiderio di andare a visitare le Aquae Caeretanae, cosa che la suddetta archeologa forse considerato lo status, già all’epoca, poco presentabile degli scavi, riuscì a “sventare”, dirottando tutta la piccola delegazione sulla molto più abbordabile Ceri.
Arnaldo Gioacchini – Membro del Comitato Tecnico Scientifico
dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale