Ghetto: una mappa da seguire per la memoria della Shoah
Nello storico centro di Roma i sampietrini raccontano una storia. Prendono per mano il turista e, seguendo una mappa, lo guidano attraverso i terribili anni della “Tempesta Devastante”, la Shoah.
Conosciute come “pietre d’inciampo”, questi particolari sampietrini portano con loro un grande ricordo. L’iniziativa nasce da Gunter Demnig (ottobre 1947), il quale ha girato gran parte dell’Europa per posare, una ad una, le pietre d’inciampo, in ricordo dei deportati dai nazisti nei campi di sterminio.
Una di queste è stata posta in una località della Germania del sud, proprio di fronte all’abitazione del Segretario locale del partito AFD (partito di estrema destra della Germania).
Il progetto nasce nei primi anni ‘90, momento in cui viene incastonata la prima pietra.
I sampietrini sono posizionati là dove le persone, appartenenti ai gruppi scoiali identificati nei campi di concentramento, sono state prese con la forza dai nazisti, SS, Wehrmacht, Gestapo e deportate nei numerosi campi di sterminio. Ognuno, per quanto sia stato possibile ricordare e identificare, riporta il nome e il cognome dello sfortunato, la sua data di nascita, il campo nel quale è stato condotto e la data del suo assassinio.
Inizialmente, Demnig valuta di apporre delle targhe, ma ricorda l’esempio della Basilica di San Pietro, sotto alla quale sono presenti le Grotte Vaticane, dove riposano oltre 90 Papi.
“Quante più persone ci passano sopra, maggiore è l’onore di chi vi è sepolto”, riflette l’artista.
A Roma, l’iniziativa viene organizzata dall’Associazione Arte in Memoria, rifacendosi proprio all’idea dell’artista tedesco.
Alle prime luci dell’alba del non lontano 16 ottobre del 1943, gli ebrei romani sono stati svegliati dalle urla e dai terrificanti passi dei soldati tedeschi, i quali hanno invaso il Ghetto (come anche il resto della Capitale), iniziato a sparare affinché le persone non uscissero dalle loro abitazioni, a fare irruzione nelle case e a controllare in ogni stanza che nessuno avesse scampo.
Presi e radunati nell’area del Portico d’Ottavia, il patto nazista dei 50 kg d’oro da consegnare in cambio della salvezza, non è stato rispettato.
I soldati, provenienti da Berlino, dopo aver riempito i camion, hanno perfino pensato di fare un giro turistico, affascinati dalle bellezze di Roma, che vedevano per la prima volta. Tornati a casa, sono stati elogiati a gran voce dalla Germania, poiché i risultati sono stati migliori delle aspettative, infatti, erano state prese più persone del previsto.
Seppur in un momento tanto cupo atti di solidarietà nono sono mancati.
Quel giorno, infatti, nel caos e nella paura generali pochi fortunati sono stati risparmiati. Alcuni uomini e donne non ebrei, che abitavano in via Portico d’Ottavia, vedendo i bambini caricati sui camion tra urla, pianti e strattoni hanno finto che fossero i loro figli, i quali erano stati presi per sbaglio, convincendo i feroci soldati tedeschi a lasciarli andare con loro.
Quella delle pietre d’inciampo è un’iniziativa di profonda commozione e di alto valore civile, che ricorda gli uomini e le donne ai quali è stata brutalmente strappata via la vita dalle disumane efferatezze che hanno caratterizzato le ideologie nazi-fasciste.
Dunque, lo storico Ghetto di Roma in particolare è ricco delle simboliche Stolpersteine, le quali restituiscono dignità e umanità a quei cittadini che non sono sopravvissuti agli orrori di questa terribile tragedia che ha colpito il mondo intero, perché appartenenti a una “razza” specifica, definita dalla follia del regime fascista-nazista come “altra” o “inferiore”.
Le pietre d’inciampo contribuiscono a mantenere la memoria viva quotidianamente e non solo nella giornata del 27 gennaio, nel tentativo che le atrocità del passato non si ripetano ancora una volta.
Flavia De Michetti