Al Sasso la millenaria Grotta dei Serpenti Salutiferi

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Guarivano le peggiori e più ripugnanti malattie.

In molti luoghi del nostro composito Paese il sacro ed il profano si intersecano in una commistione fatta di realtà e leggende ed il Sasso, (la frazione più alta di Cerveteri300 mt. di altitudine s.l.m.), un piccolo mondo nel mondo, non poteva fare certo eccezione, ne vediamo i perché.

Iniziamo dall’ “eremo di Sant’Antonio” che si dice fosse situato sullo “Scoglio” che domina il borgo, in effetti sulla cima vi sono delle strutture murarie databili al XII secolo, ma più probabilmente, si è trattato di un romitorio ispirato alle dottrine del Sant’Uomo.

Sta di fatto che il borgo del Sasso Sant’Antonio Abate lo ha come Patrono ed il 17 gennaio ne svolge le celebrazioni con la processione, il gonfalone e la statua del Santo. Una leggendaria vox populi narra che in passato la statua fu  recata per almeno tre volte alla chiesa di Santa Croce ma il mattino successivo fu ritrovata inaspettatamente su nel romitorio! La chiesa di Santa Croce, fondata nel XVI secolo da Filippo Patrizi, conserva una reliquia costituita da un frammento della Santa Croce di Gesù Cristo; come questa reliquia sia ivi pervenuta non è dato sapere (che c’entrino, in qualche modo, i Templari che avevano un insediamento estremamente importante (tenimento di San Lorenzo) nella pianura nel non lontano Castel Campanile ove c’era uno dei più grandi insediamenti di questi cavalieri e dove sono stati rinvenuti molti resti archeologici di ciò?); comunque il 14 settembre al Sasso si tengono le celebrazioni legate all’ “Esaltazione della Santa Croce”. Nella piccola chiesa vi è anche, sull’altare maggiore, un affresco che rappresenta i Beati Patrizio ed Antonio Patrizi vissuti fra il XII ed il XVI secolo. Per inciso questo luogo di culto in origine era intitolato a Santa Maria, come dettoci da Donna Flavia Patrizi  marchesa del Sasso ed ivi nata, l’unica in questo senso, della sua nobile famiglia. Già famosa all’epoca dell’antica Roma e rimasta tale fino circa alla metà del XIX secolo, la “Grotta dei Serpenti Salutiferi”, posta all’inizio dell’erta del Monte Le Fate (che è a destra all’inizio della strada di Pian della Carlotta ove più innanzi, lasciando tale strada sulla sinistra su di un rilevante e bello acrocoro quasi sull’immaginar io confine con il territorio di Tolfa, vi sono i resti delle antiche e famose Aquae Caeretane prima etrusche e poi romane, ora in corso di ripulitura a cura del GATC – Gruppo Archeologico del Territorio Ceriteonlus) è stata, per secoli, luogo di continui particolarissimi accadimenti “sanitari” di cui il maggiore ed entusiasta estimatore fu, addirittura, un religioso quell’abate Labat, che visse a Civitavecchia dal 1710 al 1716 come vicario del S. Uffizio, il quale sosteneva come i “Serpenti Salutiferi” di Monte Le Fate al Sasso fossero il toccasana per tutte le peggiori e ripugnati malattie per la cui guarigione la scienza medica aveva perso ogni speranza.

Il medico Tomaso Bartolino nelle sue “Istorie anatomico -mediche” (1644) dettaglia: Lue venerea, lebbra, scabbia, idropsia, paralisi, artrite. L’autore aggiunge anche: “che prima esce dei serpenti coronato (il grande biacco dal collare giallo?), ed ogni cosa esamina. Il quale tutto trova essere quieto, convoca gli altri serpenti e comincia l’operazione”. Tale “operazione”, dice il Labat, consisteva nelle serpi che, uscite dalle loro tane,  strusciavano su tutto il corpo non tralasciandone alcuna parte, “e  la guarigione era assicurata e perfetta”. Tanto per essere chiari si trattava di serpenti non velenosi: Cervoni, Biacchi e Saettoni, come  volgarmente detti, ( tutti ivi stabilmente insediati, da “generazioni” ed a centinaia, da  migliaia di anni).

Della Grotta dei Serpenti, e di cosa ivi accadesse, ne hanno scritto anche altri fra cui l’archeologo abate Venuti nel 1760, Nicola Nicolai nel 1803 e Luigi Metaxà sia nel 1823 che nel 1851. Le procedure erano che i malati venivano spogliati per intero, depilati in tutto il corpo, addormentati con una dose d’oppio e poi deposti nella Grotta; attraverso una porta con un vetro si poteva vedere cosa accadesse all’interno. Che poi alcuni, già particolarmente debilitati, per una dose eccessiva d’oppio, non si risvegliassero più faceva parte dei rischi. Ad un certo punto, per farla finita con questa usanza “pagana”, fu dato fuoco alla radura che circondava la Grotta della Salute, e Labat sarcasticamente scrisse: “ I medici trionfarono e riempirono i cimiteri, come hanno abitudine di fare”.

Cento anni dopo Nicolai verga : “ Qualche guarigione potrebbe attribuirsi alle esalazioni sulfuree.Sull’habitat della Grotta relaziona Giulio Silvestrelli : “Formata da una fenditura del calcare che discende a spirale ha una temperatura interna stazionaria sui 30 gradi grazie a vapori caldi che vi fuoriescono ed è un ottimo rifugio per i rettili che da millenni qui svernano”.Invece a proposito di battute di caccia scrive Giulio Sacchetti: “Tutta la zona del Sasso fu meta preferita delle cacce dei Pontefici ed in specialemodo di Leone X Medici il quale vagando fra le selve e le desolate pianure inseguiva, col suo numeroso seguito, cervi e cignali”.

Arnaldo Gioacchini