CERVETERI 1971- UN PUGNO DA CICLOPE COLPÌ RIPETUTAMENTE L’EDIFICIO SCOLASTICO MANDANDOLO AL TAPPETO.
di Angelo Alfani
I luoghi, dal punto di vista antropologico, sono gli spazi in cui si possono riconoscere i legami sociali e la storia della comunità che vi abita. Sono spazi, non necessariamente grandi, che gli uomini hanno strutturato nel corso del tempo così come le piazze, i mercati, i tabernacoli delle nostre campagne, chiamati semplicemente Madonnelle, attorniati da rose ad indicare luogo votivo per un miracolo avvenuto ed al contempo indicazione stradale, come le fonti che sgorgano da dirupi in cui i nonni dei nonni abbeveravano animali o mitigavano l’arsura estiva. Sono dunque i caratteri identitari che costituiscono “il valore di un luogo” proprio perché ci si riconosce al suo interno, si ha una storia comune o ci si richiama ad essa. E quale altro luogo, oltre la Chiesa, è più simbolico per una comunità della Scuola? Eppure, nonostante ciò, a Cerveteri siamo riusciti addirittura ad abbatterlo questo simbolo lasciando al suo posto il non luogo per eccellenza: il vuoto. Ripercorrere brevemente, questo inglorioso avvenimento potrebbe, ed il condizionale è d’obbligo, far sì che non si abbiano più a ripetere tali nefandezze.
La Scuola, così come per consuetudine veniva identificata, era piazzata a conclusione della salita dei giardini, era il primo e più imponente edificio pubblico che ci si trovava davanti prima di accedere al Paese antico. Ebbe inizio nell’Autunno dell’anno 1914 con dei costi e dei tempi di realizzo doppi rispetto a quelli programmati. Ci si mise anche la tragedia della guerra che costrinse le maestranze a riporre la cazzuola ed ad imbracciare il fucile. Il progetto del nuovo edificio scolastico era ben studiato: aule spaziose e piene di luce grazie alle tante finestre, lunghi ed ampi corridoi. Due scale per accedere ai piani superiori e agli appartamenti per il corpo insegnante posti all’ultimo piano, ne facevano un edificio scolastico degno di una grande città, in un paese di appena quattrocento famiglie. Ma come spesso accade nelle grandi opere pubbliche il diavolo ci infilò la coda, lasciando che si agitasse così come avviene per le code mozzate di lucertole. In una relazione, commissionata dal Comune stesso nel 1927, vennero evidenziate le serie problematiche che affliggevano il complesso scolastico.
Si legge nella nota: “poco dopo il collaudo e la consegna, si cominciarono a notare una quantità di lesioni in varie parti del medesimo che poco alla volta furono visibili in tutto il corpo dell’edificio. La gravità ed il rischio di stabilità furono presto evidenti alle autorità. Il cedimento strutturale era dovuto al fatto che una parte dell’edificio, quello rivolto verso il Cimitero, poggiava su banco di tufo, l’altro su terriccio di riporto che era servito a colmare il fosso di difesa che proteggeva le mura castellane”. Una cosa ovvia per chi avesse voluto vedere e non tapparsi gli occhi nell’illusione, tutta umana, che la natura possa essere sottomessa senza danno alcuno o postuma vendetta.
Ancora oggi è possibile notare la differenza sostanziale tra le quattro splendide magnolie dirimpetto al bar Etrusco comprovanti la nota della Commissione. La spesa preventivata per l’esecuzione dei lavori per l’indispensabile consolidamento compreso il ripristino degli stucchi della facciata, fu di lire 23.572,30. Il relatore concludeva: “Data la delicatezza e la piccola mole del lavoro, io sarei di parere che esso anziché formare oggetto di asta pubblica o privata, venisse affidato ad impresa di fiducia, sia dell’Amm. Comunale di Cerveteri, sia della direzione del lavoro, e ciò non solo per evitare lungaggini burocratiche, ma anche per essere sicuri della persona alla quale si affida”.
Per alcuni decenni l’edificio fu di educazione a generazioni di cervetrani. Più o meno tutte le manifestazioni sociali avevano l’edificio scolastico come precipuo riferimento: cassaforte di ricordi per l’intera comunità, vivo pur non presente. Lo spazio sottostante, utilizzato come refettorio, fu, in seguito, teatro di raccolta di ancor sanguinanti cinghiali uncinati e squartati equamente. Era anche luogo di giochi d’azzardo per i più irrequieti ragazzini, i ripetenti, che utilizzavano le scale per giocare a soldi. Nel periodo delle vacanze estive tutto il piano a terra viveva di giovanile spensieratezza, ostello per poliziotti e finanzieri, ottimizzandone l’uso. Finché un giorno di settembre, a causa di alcuni calcinacci precipitati nello scalone di sinistra dell’edificio scolastico, da tempo puntellato con lunghe travi di castagno, la paura prevalse sulla razionalità, la politica sull’interesse pubblico.
Con l’inizio dell’estate del 1971 una gru, alzando a fatica una ciclopica palla di ferro incatenata, colpì a morte la Scuola: Amministratori senz’anima avevano deciso, non di sistemare definitivamente quello storico e simbolico edificio, ma di abbatterlo. Un’immensa nuvola di polvere coprì gli increduli ed attoniti spettatori ed il vuoto si impossessò del tutto. Se le colpe dei padri ricadono sui figli, confidiamo in un Dio clemente o, perlomeno, distratto.