QUESTA NOTTATA SEMBRA NON AVERE FINE
di Angelo Alfani
Quando a Eduardo De Filippo venne in mente l’idea di Napoli milionaria! erano gli anni in cui il Paese provava a scrollarsi da dosso terrificanti incubi e gli operai “che non hanno il gusto della disubbidienza, hanno cose più serie a cui pensare” sgobbavano silenziosi e disillusi.”
Mo ha da passà ‘a nuttata. Deve superare la crisi” fa esclamare Eduardo al medico che ha appena somministrato la medicina alla piccola Rituccia. Nel finale della commedia quelle parole vengono ripetute da Gennaro per rincuorare Amalia, la moglie, angosciata non solo dalla salute della figlia ma ancor più dalle ferite che la guerra ha lasciato su tutti loro. Nel testo si legge: “Le offre una tazzina di caffè. Amalia accetta volentieri e guarda il marito con occhi interrogativi nei quali si legge una domanda angosciosa: Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?. Gennaro intuisce e risponde con il suo tono di pronta saggezza: ‘S’ha da aspettà, Ama’. Ha da passà ‘a nuttata”.
A Cerveteri questa nottata sembra non avere fine. Lutti e tragedie si sommano ad altri lutti e tragedie. Giovani sensibili si arrendono, altri vacillano. Gli adulti non trovano parole, cercano, disperandosi, ragioni. Un verme, da tempo, è penetrato nella nostra Comunità, identico al parassita che, nascondendosi nel tronco del melo, lo divora. Si cerca di nasconderlo, fino a quando il disagio irrompe nella illusoria bonaccia. Una malcelata ipocrisia colpevolizza i singoli: giovani maleducati, genitori assenti e/o distratti, vandali ‘de fori’ dediti a lanci della monnezza, furti, spaccio seriale, clientelismo politico o al meglio dispensatori di misere prebende. Sappiamo e taciamo. Vediamo e chiudiamo gli occhi. Chissà, forse la mascherina che da mesi indossiamo ci costringerà a guardarci negli occhi, a farci riflettere,in silenzio, ognuno nel suo confessionale. Fino a quando torneremmo fanciulli trovando ‘il tutto anche nel niente’, lasciando morire l’adulto che trova ‘il niente nel tutto’ (G.Leopardi).
È indispensabile ricorrere ai poeti per comprendere quanto scorre nell’anima.
Recita William B.Yeats: Mi leverò ed andrò,ora, andrò a Innisfree E costruirò una capanna laggiù fatta d’argilla e canne, Nove filari a fave avrò laggiù, un’arnia per le api da miele, E solo starò nella radura ronzante d’api. E avrò un po’ di pace laggiù, perché la pace discende goccia a goccia….
Che la nostra Innisfree sia la incontaminata natura che, resistendo, si frappone tra i luoghi degli umani e i monti?! È per queste strade polverose, dal pietrame di selce acuminato residuo di vecchie cave, fiancheggiate da querciole e rovi di more e rosa canina in cui “odo l’acqua del torrente lambire con lievi suoni la sponda,…e la sento nella fonda intimità del cuore” che i nostri giovani potranno ritrovare pace?! L’antropologo Tim Ingold scrive: “Così come il sentiero nasce camminando, allo stesso modo dobbiamo continuamente improvvisare modi di vita per andare avanti, cambiando rotta anche quando seguiamo le orme dei predecessori. Non si tratta tanto di trovare la soluzione al problema di come vivere, quanto di trovare il percorso da scegliere per raggiungere una destinazione ancor sconosciuta”.
P.S.: Le due foto del 1953 che accompagnano queste mie riflessioni appartengono a quel patrimonio di memorie rappresentato dagli Archivi: offesi da amministratori neghittosi, tenuti stretti da altri. Le ho ritenute di particolare forza evocativa e testimoniale ed ancor più di esempio e buon auspicio per la nostra sofferente Comunità.
(Un sentito grazie alla Direzione Arsial)