A volte ritornano. Gianni Alemanno dalla neve spalata a Settebagni all’ “Indipendenza”

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Di Gianni Alemanno abbiamo tutti in mente le immagini iconiche del 2012, quando da sindaco di Roma si fece ritrarre mentre spalava la neve dalle parti di Settebagni per liberare la “città metropolitana” dalla “morsa del gelo”.

di Andrea Macciò
Alemanno spala la neve

È noto che, nell’intero paese, ma nella sua capitale in particolare, basta una spolverata di neve per mettere in moto il circo mediatico dell’emergenza nivologica.

 

 

 

Lo ricordiamo anche siglare il cosiddetto “patto della pajata” con Umberto Bossi e Renata Polverini, che simboleggiava la pacificazione tra i “barbari” nordisti che solo pochi anni prima alzavano slogan contro “Roma Ladrona” e la destra post missina capitolina.

L’ex “colonnello” di Gianfranco Fini ai tempi di An ha una storia politica tutta interna alla corrente movimentista e “sociale” della destra italiana vicina alle posizioni di Pino Rauti: con lui c’erano negli anni Ottanta Flavia Perina e Fabio Granata, tra gli altri. È stato segretario del Fronte della Gioventù, parlamentare, sindaco di Roma dal 2008 al 2013.

Negli ultimi anni la sua storia politica si è caratterizzata per il rapporto conflittuale con gli altri partiti del destra-centro come la Lega, con la quale aveva stretto un accordo con il suo Movimento per la Sovranità nel 2018, e Fdi, dal quale si è allontanato definitivamente in occasione delle politiche 2022 per sostenere Italexit di Gianluigi Paragone.

Ora Alemanno è ritornato con forza sulla scena politica con la fondazione del nuovo partito “Indipendenza”. Con Indipendenza, sembra che l’ex sindaco di Roma voglia provare a realizzare il vecchio sogno del suocero Pino Rauti: una “destra di sinistra” che lavori per una rivoluzione conservatrice e che metta insieme posizioni stataliste e anti-liberali in materia economica con il tradizionalismo morale e sociale.

Non a caso, Alemanno afferma che la sua nuova formazione non sarà “né di destra né di sinistra”.

Il percorso che ha portato alla nascita di Indipendenza nasce in quello che negli ultimi anni sembra essere diventato il laboratorio politico d’Italia: l’Umbria. In estate, il “Partito di Orvieto” inizia a prendere forma con una serie di incontri ai quali parteciparono tra gli altri, esponenti della tradizionalismo cattolico come Massimo Gandolfini (l’organizzatore dei cosiddetti “family day”), Simone Pillon, Costanza Miriano, numerosi vescovi e Monsignori, ma anche numerosi esponenti del cosiddetto mondo del “dissenso”: dall’endocrinologo Giovanni Frajese, ex candidato di Italexit, a Diego Fusaro, al fondatore del “CLN” (poi interessato da una serie di scissioni interne) Ugo Mattei. Se i primi due incontri si sono tenuti appunto a luglio a Orvieto e a settembre ad Assisi, lo scorso weekend a Roma Alemanno ha annunciato la nascita del suo partito nel corso di un nuovo appuntamento del “Forum per l’Indipendenza Italiana” formalmente incentrato sull’analisi della questione palestinese.

Nel nuovo partito di Alemanno sono entrati Simone di Stefano, ex CasaPound che si presentò alle politiche 2022 assieme al Popolo della Famiglia con un cartello elettorale “Alternativa per l’Italia-No Green Pass” (che in quella occasione lottò appassionatamente per la “maglia nera”, quella che ai tempi eroici del ciclismo era appannaggio del leggendario Luigi Malabrocca, con il “Partito della Follia Creativa” di Giuseppe Cirillo alias Mr Seduction e O’ Scurato, e con l’altro cartello che metteva insieme l’avvocato Erich Grimaldi, creatore del logo “Terapie domiciliari” con il Partito Animalista), Fabio Granata (ex missino “di sinistra” ex finiano, ipercritico con Berlusconi già prima del 2011, ed ex candidato di Europa Verde alle europee 2014), Marcello Taglialatela, Luigia Passaro, Chicco Costini e Nicola Colosimo, con la delega alle politiche giovanili e Massimo Arlechino, presidente nazionale.

All’incontro romano erano presenti anche Marco Rizzo e Francesco Toscano, rappresentanti di uno dei movimenti nati nell’ambito del cosiddetto “dissenso” sulle “misure” restrittive del 2020-2021 e sul conflitto russo-ucraino, Democrazia Sovrana e Popolare (a sua volta soggetto “federativo” visto che Rizzo resta segretario del PC che fondò diversi anni fa, e che proprio in Umbria si è rapidamente svuotato a causa del dialogo aperto da Rizzo stesso con la “destra sociale”).

Marco Rizzo e Francesco Toscano

Il manifesto del partito di Alemanno cerca di delineare l’identità politica del suo movimento e dell’area che si appresta a guidare: tra i principi fondamentali, la dottrina sociale cattolica, l’identità nazionale, “l’umanesimo del lavoro” “l’autodeterminazione dei popoli” e una politica estera critica verso l’adesione dell’Italia alla Nato e verso la Ue, e che, per promuovere la nascita di un “mondo multipolare” guardi in maniera aperta al mondo dei cosiddetti Brics.

A partire da qualche mese, Alemanno aveva iniziato a incalzare il governo Meloni sulla “commissione d’inchiesta” sulle politiche covid e a criticare ex post, anzi, fuori tempo massimo, le “misure sanitarie” del 2020-2021.

Diciamo fuori tempo massimo perché non ricordiamo affatto Alemanno, come non ricordiamo Gandolfini, Pillon, Miriano e i Monsignori presenti ad Assisi nelle piazze di fine 2020 e in quelle del 2021, quelle che si opponevano alle “misure” liberticide come il lockdown e il green pass.

Quanto a Rizzo, nel 2020 come il resto della sinistra appoggiò di fatto il lockdown, anzi ricordiamo che l’area della “sinistra radicale” accusava Conte di aver lasciato aperte troppe attività mettendo a rischio la “salute dei lavoratori” e che ancora nell’estate 2021 i suoi rappresentanti locali di varie regioni sembravano molto scettici a dialogare con i cosiddetti “no vax”.

Rizzo e Toscano non aderiscono formalmente a Indipendenza, ma di certo la loro presenza non è casuale.

L’incontro romano sancisce con tutta probabilità l’inizio di un’alleanza tra la “destra sociale” di Alemanno e “il comunismo non di sinistra” di Rizzo.

La politica estera e la visione anti-liberale e anti-capitalista in economia li accomunano, così come la contrapposizione alla cosiddetta “sinistra fucsia” la rivendicazione del cattolicesimo non tanto dal punto di vista religioso, ma come “tradizione” (il mondo degli “atei devoti” come lo definì genialmente l’ex ministro democristiano Beniamino Andreatta) fondativa di una visione conservatrice sui “diritti civili” e sui cosiddetti “temi etici”.

Se è vero che alcune delle critiche di Alemanno alla politica estera italiana e all’impostazione di una Ue non è più uno spazio di libero scambio e libera circolazione, ma un super-Stato autoritario e burocratico con tutti i difetti degli stati nazionali sono condivisibili, ci chiediamo anche quale sia il senso politico e culturale di questa operazione e se vada davvero a intercettare istanze presenti nella società e quel famoso “vuoto” politico che si manifesta a ogni tornata elettorale con una crescita dell’astensionismo.

I media nazionali hanno riservato molto spazio alla nascita di Indipendenza, che promette “guerra” politica sia alla destra “liberista” di Meloni che alla “sinistra fucsia” di Elly Schlein, forse per la notorietà di Alemanno stesso.

Alemanno ha attaccato “negli incontri preliminari alla fondazione di Indipendenza il cosiddetto pensiero unico che possiamo identificare con un mix tra liberalismo economico e “liberalismo dei costumi” come affermava Diego Fusaro nel suo pomposo saggio “Il nuovo ordine erotico”.

A chi scrive, sembra tuttavia che Alemanno con la sua operazione non faccia altro che far crescere “l’assembramento” in un’area politica affollatissima sui social media, ma semideserta nel mondo reale, come hanno dimostrato tutte le più recenti tornate elettorali.

Solo in un paese tragicomico come l’Italia un uomo politico che ha ricoperto incarichi come ministro del governo Berlusconi e sindaco di Roma può oggi presentarsi come un “underdog” antisistema.

Siamo di fronte a un altro “pensiero unico” che di fatto si limita a sostenere che “il nemico del mio nemico è mio amico” e che quindi è buono tutto ciò che si oppone alla “destra liberista del denaro” e alla “sinistra liberista dei costumi” per citare appunto nuovamente Diego Fusaro, uno degli “intellettuali organici” di quest’area politica.

Il “pensiero unico” che ormai da un anno accomuna la destra sociale, il cosiddetto dissenso e il “comunismo non di sinistra” (ma anche molti sedicenti lib-qualcosa) è semplicemente uguale e contrario di quello che vogliono combattere: statalismo, assistenzialismo e corporativismo in materia economica mixato con ultra-conservatorismo in materia di “costumi” diritti civili e libertà individuali nell’ambito della vita personale e di relazione.

Il tutto condito con una strizzata d’occhio a paesi come la Cina, ovvero quelli che hanno esportato in tutto il mondo il lockdown.

Non sembra proprio che il mix politico che emerge dal manifesto di “Indipendenza” possa essere utile a salvaguardare quel che resta delle libertà individuali in questo paese, o magari a farle crescere.

La libertà individuale sembra non essere nelle corde di quest’area politico-culturale, né in materia economica, né in materia “etica” e sociale.

Ci si poteva aspettare qualcos’altro dalla sintesi di culture “collettiviste” già fallite nel Novecento? “Questo non credo” direbbe un noto ex senatore abruzzese.

A sinistra, intanto, riappare come presidente di Sinistra Italiana Nichi Vendola, la cui “Sinistra Ecologia Libertà” implose anche per le contraddizioni legate al caso Ilva.

A volte, ritornano.

Se Vendola ritorna in un partito piccolo con uno su target più o meno fisso, a nostro modesto parere, Alemanno non intercetterà nessun vuoto, ma lotterà per un posto al sole per un uno virgola nell’ambito della piccola minoranza di italiani che si riconosce nel tentativo mai davvero riuscito nella storia di trovare una sintesi tra estrema destra ed estrema sinistra.  Da una parte, in questi giorni sui social sono fioccati i post che rispondevano alla retorica della cosiddetta “sinistra fucsia” sul “patriarcato” con una retorica uguale e contraria con la solita laudatio temporis acti con un’immaginaria “età dell’oro” nella quale grazie al “vero patriarcato” andava tutto benissimo, le “nostre nonne” “facevano le signore” grazie agli stipendi dei mariti, andava tutto bene e magari i treni arrivavano pure in orario nonostante una fermata straordinaria a Settebagni  per far scendere qualche ministro.

Dall’altra, abbiamo visto la piazza “femminista” romana dove qualcuno “un milione di persone” al Circo Massimo è riuscita a portarle davvero, considerato anche che affollatissime piazze analoghe sono state molto partecipate in tutta Italia: non è obbligatorio condividere le tesi di queste piazze, ma è necessario prendere atto che rappresentano un pezzo significativo della società, dal punto di vista elettorale sicuramente più pesante dei rivoluzionario-conservatori da tastiera.

Bacheche piene e urne vuote?

Anche la “destra” istituzionale di Meloni, pur in crisi per ora non sembra aver subito l’emorragia di voti che appariva scontata viste le aperte contraddizioni con molte delle sue promesse elettorali: forse perché gli elettori alla fine preferiscono l’originale alle fotocopie sbiadite dello stesso.

Molti italiani erano “no vax” e contrari ai lockdown, al green pass, alla partecipazione dell’Italia al conflitto in Ucraina senza essere ultra-statalisti in economia e ultraconservatori nei rapporti etico-sociali: questo pare non averlo capito nessuno.

Per ora l’unica strategia politica diversa è parsa quella di Alternativa Popolare, che ha mixato al contrario posizioni liberali in economia e sui diritti civili con una comunicazione “aggressiva” nei toni e centrista nei contenuti, ma è ancora troppo presto per capire se diventerà una novità rilevante a livello nazionale, e non sono note le sue posizioni su quanto avvenuto nel 2020-2021.

In sintesi, per quanto pessimo sia il quadro politico attuale, alternative credibili a livello nazionale per ora non ne vediamo.

Leggeremo roboanti dichiarazioni rivoluzionario-conservatrici da una parte e allarmi sul rischio “fascismo” o “negazionismo” dall’altra: ma, come sempre, sarà molto rumore per la nulla.

E la Cabina di Regia continuerà a lavorare indisturbata.

Fonte: Fiorenza Oggi