di Andrea Macciò
Sabato 27 e domenica 28 gennaio a Terni si è svolto il primo congresso programmatico nazionale di Alternativa Popolare, il partito guidato dal sindaco della città Stefano Bandecchi e dal presidente Paolo Alli. Il partito in Europa aderisce al gruppo dei Popolari, lo stesso di Forza Italia.
Nel pomeriggio di sabato 27, c’è stata anche una manifestazione in Piazza della Repubblica dell’opposizione di centrosinistra: Pd, Europa Verde-Avs, Movimento 5 Stelle ed alcune associazioni cittadine come Terni Donne, che contestavano il linguaggio e l’atteggiamento del sindaco ritenuto “sessista e misogino” nel corso di una seduta del consiglio comunale nel quale si discuteva un atto di indirizzo per il contrasto alla violenza di genere (atto che è stato poi approvato dalla maggioranza, con l’opposizione che è uscita dall’aula, come accadde durante lo scontro di fine estate con due consiglieri di Fdi).
Chi scrive ha seguito quello che è stato definito “il caso politico” di Terni, l’unica città nella quale alle comunali della scorsa primavera si è affermata una coalizione, composta da AP e altre liste civiche o di area centrista, estranea al “bipolarismo” tra centrodestra e centrosinistra che da trent’anni domina la scena politica italiana, con la breve parentesi del cosiddetto governo “gialloverde”.
Nel congresso dello scorso fine settimana sono emersi dai discorsi di Bandecchi e degli altri esponenti del partito, che nonostante punti a una dimensione nazionale continua ad avere la “testa” in Umbria e a Terni, alcuni elementi molto interessanti.
La strategia comunicativa di AP è stata fondata da subito sulla coesistenza tra le posizioni pragmatiche e centriste sui contenuti e i toni radicali e spesso sopra le righe del segretario Bandecchi (d’altra parte, i dirigenti del partito si sono spesso autodefiniti “estremisti di centro”).
Bandecchi ha affermato che AP non sarà mai un partito moderato, ma un “partito equilibrato” capace di assorbire le istanze degli “equilibrati di destra” e degli “equilibrati di sinistra” e anche che “saremo equilibrati come Ulisse quando è tornato a Itaca” una metafora per significare che quando necessario si deve essere anche radicali. “Equilibrati e rivoluzionari” nello stesso tempo.
Tra i punti toccati nel discorso di Bandecchi, la lotta alla povertà, politiche di supporto economico alla natalità, la necessità che l’Italia ritrovi un’autonomia energetica, che permetta di evitare le crisi ricorrenti e la dipendenza eccessiva da fattori esterni, il sostegno alle istanze degli agricoltori in piazza, la critica alla cosiddetta nature restoration law e al fatto che l’Europa, che potrebbe essere all’avanguardia nell’esportazione di prodotti agricoli di qualità, sia costretta dalle politiche attuali della UE ad importare materie prime e cibo.
Il segretario ha ribadito anche la posizione di Alternativa Popolare, saldamente europeista, ma nello stesso tempo critica: Bandecchi ha affermato che “senza l’Europa l’Italia sarebbe scomparsa” e affermato che AP non potrà mai essere alleata di Meloni e Salvini, e di conseguenza, dei gruppi europei dei cosiddetti “sovranisti” come Identità e Democrazia (quello del quale fa parte la Lega e diversi partiti della destra radicale come Afd).
Tra le note di Bandecchi, quella della scarsa attività del drappello italiano nel parlamento europeo, per far contare di più l’Italia sulla scena europea.
Sul fronte interno, ha sottolineato la sua contrarietà all’iniziativa del governo di aggirare la normativa Bolkenstein sulle concessioni balneari “moltiplicando” i kilometri della costa italiana, contando in quelle da mettere potenzialmente a gara anche le spiagge libere, le scogliere e persino le aree portuali. Un artificio effettivamente a metà tra la “finanza creativa” evocata alcuni anni fa da Giulio Tremonti e la privatizzazione strisciante di tutto il litorale italiano.
Tra le altre proposte in controtendenza, quella di annullare la riforma che ha ridotto il numero dei parlamentari, e riportali a 1000, per garantire una maggiore rappresentatività democratica.
Bandecchi ha attaccato apertamente il sistema maggioritario, ribadendo la forzatura del bipolarismo creata da questo sistema elettorale.
Un movimento centrista, ovviamente, è facilitato dalla presenza di un sistema proporzionale nel quale si vota non “contro” per contrastare la controparte, come di fatto avviene dal 1994 (contro Berlusconi, contro Prodi, contro Salvini, contro Schlein, contro Meloni, più che a favore dei loro avversari) e sicuramente oggi il ritorno al proporzionale sarebbe davvero “rivoluzionario” e potrebbe abbassare i toni da guerra permanente che caratterizzano il dibattito politico in Italia (perché l’avversario di oggi con il proporzionale è l’interlocutore di domani).
In politica estera, Bandecchi oltre alla posizione europeista critica ha ribadito la necessità di una maggiore attenzione alle politiche di cooperazione internazionale con l’Africa, non solo per limitare l’immigrazione, ma anche per evitare che il continente africano o molti paesi dello stesso finiscano assorbiti dall’orbita cinese. Per quanto riguarda il conflitto israeliano-palestinese, il segretario di AP (lo scorso autunno schierato in maniera esplicita per Israele) ha ribadito la necessità di porre fine al conflitto.
In alcune interviste a margine, Bandecchi, mentre ha chiuso sul palco alla destra di Salvini e Meloni, ha detto che prenderebbe volentieri un “caffè con Tajani” auspicando un dialogo con Forza Italia, con la quale condivide “gli stessi valori” e la collocazione europea.
Come chi scrive ha sostenuto negli articoli dedicati in passato al caso Terni, il bacino elettorale di AP sono gli elettori che in passato hanno votato per Forza Italia e l’area liberale e centrista del centrodestra ai tempi di Berlusconi, oggi politicamente minoritaria in una coalizione fortemente spostata a destra, ma anche a quell’elettorato “fluido” tendenzialmente più vicino al centrosinistra e che in passato si è rivolto forse anche al MoVimento 5 Stelle per restarne fortemente deluso. Alcune posizioni di Bandecchi, come la critica molto esplicita al sistema It Alert o a quello della raccolta differenziata porta a porta, raccolgono anche istanze dei movimenti del cosiddetto “dissenso”. Il target nazionale di AP è l’elettorato che non si riconosce nello schema bipolare e nella politica attuale.
Sabato 27 c’è stata anche la manifestazione dell’opposizione di centrosinistra, che ha contestato l’atteggiamento verso le altre forze politiche del sindaco in consiglio comunale e il linguaggio ritenuto “sessista e misogino” e anche “omofobo” di alcune dichiarazione. I movimenti e le associazioni in piazza si sono concentrati soprattutto sul tema del “rispetto delle donne”, dell’immagine negativa della città di Terni che scaturirebbe dalla grande visibilità mediatica di queste dichiarazioni, e dall’atteggiamento poco istituzionale del sindaco in consiglio comunale, secondo alcuni anche nell’abbigliamento stesso ritenuto poco consono.
Rilievi simili sono stati mossi nei mesi scorsi anche dall’opposizione di destra, in particolare da Fdi e Lega.
La manifestazione dell’opposizione non è stata oceanica, ma abbastanza partecipata. Va sottolineato che al ballottaggio di giugno 2024 una parte consistente dell’elettorato di centro-sinistra ha votato al ballottaggio per Bandecchi, secondo la logica del bipolarismo per la quale “il nemico del mio nemico è mio amico” e che nei mesi scorsi si era avviato un dialogo su alcuni temi locali con il Pd e altre forze del centrosinistra, che adesso sembra molto affievolito o scomparso del tutto.
Effettivamente alcune dichiarazioni di Bandecchi tra quelle contestate dall’opposizione e dei manifestanti appaiono infelici nei toni e, se è vero che garantiscono visibilità mediatica da un lato, dall’altro rischiano di mettere in secondo piano il lavoro fatto dalla giunta sul territorio orientando tutto il dibattito su boutade e questioni simboliche o identitarie: esattamente quello che un movimento centrista e pragmatico dovrebbe fare, per rompere lo schema delle contrapposizioni muscolari su questioni di fatto più mediatiche che reali.
La giunta Bandecchi è tuttavia stata, assieme a quella guidata dal leghista “eretico” Mario Conte a Treviso, l’unica a trascrivere all’anagrafe il figlio di una coppia di donne nata con procreazione medicalmente assistita e ha dimostrato in questi mesi un atteggiamento liberale e pragmatico sui cosiddetti “temi etici”.
Su questi temi in realtà si potrebbero aprire spazi di collaborazione con le opposizioni di centrosinistra, con le quali condivide inoltre la ferma opposizione alla cosiddetta “autonomia differenziata” fortemente voluta dalla Lega.
Quanto alla critica ai toni e al linguaggio di Bandecchi, se è comprensibile (la si condivida o meno) la critica dei partiti che erano in piazza sabato, che sono molto attenti da sempre al linguaggio usato su alcuni temi, appare surreale quella dell’opposizione di destra, che del “cattivismo” linguistico e della lotta al cosiddetto politicamente corretto ha fatto una bandierina identitaria (a quanto pare, la scorrettezza politica non piace a questa coalizione quando è indirizzata verso di loro).
Gli eventi del weekend a Terni, in un’Umbria che è anche uno dei teatri principali della protesta degli agricoltori, hanno dimostrato come proprio dalla provincia possa ripartire, dopo un triennio di subordinazione della politica alla “scienza” e all’espertocrazia dei tecnici, la passione e la partecipazione politica, e questo vale sia per chi ha partecipato al congresso di AP che per chi ha preso parte alla manifestazione. Forse davvero un ritorno a un sistema proporzionale sarebbe auspicabile per abbassare i toni muscolari dello scontro politico in Italia: continuare a votare “contro” qualcuno visto come il male assoluto negli ultimi trent’anni ha portato solo un impoverimento economico e culturale del paese, un clima di contrapposizione irrespirabile da parte delle minoranze più militanti, e una sempre più vasta indifferenza degli italiani alla politica.
Peccato che anche se loro non si occupano di politica, la politica si occuperà di loro, in qualche modo. E allora varrebbe la pena di ripensare il sistema elettorale che dal 1994 ha plasmato il discorso pubblico come una campagna elettorale permanente.
Fonte: Fiorenza Oggi