LA DICHIARAZIONE SHOCK DEL SEGRETARIO NAZIONALE DELL’ORGANIZZAZIONE SINDACALE OSA POLIZIA IN COMMISSIONE PARLAMENTARE COVID.
di Miriam Alborghetti
Era la notte del 18 marzo 2020 quando vennero trasmesse a reti unificate le immagini di un convoglio interminabile di camion militari che trasportavano le bare delle “vittime del covid” sfilando nelle strade deserte di Bergamo.
Quelle immagini, che fecero il giro del mondo, continuarono ad essere riproposte da mane a sera, giorno dopo giorno, mese dopo mese, da tutti i media insieme con il bollettino quotidiano del numero dei decessi e dei contagi basato su fantasiose metodiche di catalogazione confezionate ad arte al fine di spaventare a morte la popolazione e ridurla a una massa d’ipocondrici disposta, pur di sopravvivere, ad accettare lo sbriciolamento dei diritti essenziali costituzionalmente garantiti.
Fu un evento spartiacque che ha segnato una svolta nella storia sociale, economica e politica di questo Paese e degli altri paesi dell’UE. Non si può capire quello che sta accadendo oggi con il tecno-totalitarismo della transizione digitale, se non si comprende la svolta anti democratica del 2020 e quanto abbia inciso la spettacolarizzazione del dolore attraverso la “sceneggiata” di Bergamo assurta a emblema della pandemia. E sottolineo ”sceneggiata”, non perché non ci fossero davvero dei morti dentro quei camion, non perché il covid non abbia davvero mietuto vite umane, ma per come quel fatto è stato “rappresentato”, spettacolorizzato, strumentalizzato fino a farne una ricorrenza da santificare ogni 18 marzo, con l’istituzione nel 2021 della Giornata nazionale in memoria delle vittime di Coronavirus.
Di recente ha fatto molto scalpore una dichiarazione del sindacato di OSA Polizia, attraverso la voce del suo segretario nazionale Antonio Porto che, durante l’audizione in Commissione Parlamentare d’inchiesta Covid 19, a proposito delle “bare di Bergamo” ha detto:
“noi ci siamo posti una domanda: perché una bara a camion quando ne potevano andare due, tre? Cosa voleva portare alla popolazione quella immagine?”. E ancora: “La popolazione era impaurita. È stata impaurita! Come se l’innescare la paura, chiuderti e toglierti la libertà, poi la libertà era: ti devi vaccinare e sei libero”.
Sembrano parole pesanti come pietre, in quanto pronunciate da un funzionario pubblico in un contesto di massima autorevolezza, che avrebbero dovuto occupare le prime pagine di tutti i giornali, e diventare un tema di riflessione collettiva, possibilmente accompagnato da scuse ufficiali per aver strumentalizzato dei morti, generando terrore infondato per un patogeno che aveva una letalità reale simile a quella di una influenza (IFR massimo inferiore allo 0,5%).
Fin dalle prime fasi della pandemia si era a conoscenza della reale letalità del virus come era notoria la mostruosa sovrastima dei decessi correlati al Covid, come ammesso dal consigliere scientifico del ministro Speranza, Walter Ricciardi che ricondusse al covid soltanto il 12% dei decessi dichiarati. Ma anche da Angelo Borrelli ex Capo della Protezione Civile, Agostino Miozzo ex Coordinatore del CTS, da medici come Matteo Bassetti, Alberto Zangrillo e Massimo Clementi, dal deputato Luigi Marattin, dal Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, e persino dall’Avvocatura di Stato che così si espresse in riferimento al numero dei decessi Covid: “Gli stessi dati, riferiti all’Italia, devono essere valutati con le dovute precauzioni, perché classificano tra i deceduti tutti coloro i quali avevano il virus al momento del decesso e non […] soltanto coloro i quali sono deceduti a causa del virus stesso” (8 luglio 2021).
Il problema, è bene sottolinerlo, non è quante bare ci fossero davvero su quei camioni, e se quelle salme appartenessero a persone tutte decedute a causa del covid. Questo è del tutto secondario. Il problema centrale è che quei morti furono usati come una clava contro i vivi, per fare carne di porco della libertà individuale in nome di un fantomatico “bene collettivo”.
Rammento che prima dei “camion di Bergamo” ci furono i congelatori di Londra, che vennero utilizzati durante l’epidemia influenzale del 2000, quando l’elevato numero dei decessi costrinse gli ospedali a depositare i morti nei furgoni per surgelati. Allora però il mondo non si fermò, la paura non venne cavalcata, non furono messe in atto misure liberticide.
Le scuse per quello che è accaduto non ci saranno, non in un Paese dove la farsa covid continua ad essere mantenuta in piedi da un governo che ha scelto come ministro alla Salute un fan del green pass e dove resta in piedi la giostra dei tamponi e la presa per i fondelli delle mascherine negli ospedali e nelle RSA.
Inoltre non è difficile prevedere che la Commissione d’inchiesta Covid non porterà ad alcun risultato significativo, non solo perché è fortemente osteggiata dalle forze politiche di sinistra, dai media alleati nonché dai membri della stessa compagine governativa che hanno collaborato con il regime segregazionista instaurato dal governo Draghi, ma perché le accuse che vengono lanciate nei confronti di chi ha gestito la pandemia, non toccano la narrazione menzognera, ma la gestione. Conte e Speranza non vengono accusati di aver privato i cittadini della libertà e di aver aver diffuso ingiustificata paura, ma per non aver chiuso prima, per non averci dato più mascherine, più lockdown, andando così a consolidare la grande menzogna, ossia che il covid sia stato la peste del secolo ragion per cui è stata cosa buona e giusta fare a pezzi la libertà. Anzi, c’è il ragionevole sospetto che la Commissione parlamentare Covid sia usata anche per screditare e ridicolizzare il dissenso.
Esemplare in questo senso proprio la dichiarazione fatta dal Segretario Nazionale del sindacato OSA Polizia in Commissione parlamentare Covid.