L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE HA FAME DI ENERGIA

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PER SAZIARLA SI PUNTA ALLA FUSIONE NUCLEARE. LA TRANSIZIONE DIGITALE È ENERGIVORA: IL CONSUMO ELETTRICO DI DATA CENTER, CRIPTOVALUTE E IA POTREBBE RADDOPPIARE NEI PROSSIMI DUE ANNI. 

di Maurizio Martucci

“Non c’è modo di arrivarci senza una svolta, abbiamo bisogno della fusione”. A margine dell’ultimo appuntamento di Davos del Forum Economico Mondiale, l’ha detto il padre di ChatGPT, ovvero Sam Altam, capo di OpenAI, riferendosi al possibile ricorso della fusione nucleare per alimentare l’Intelligenza artificiale, insufficienti le risorse attuali, così come le energie rinnovabili.

Concetto sottolineato nuovamente da Atlman nei giorni scorsi, persino all’indomani della promulgazione dell’AI Act, il pacchetto di norme dell’Unione europea e della Dichiarazione condivisa a Trento dai ministri dell’industria, tecnologia e digitale intervenuti nel recente G7 a guida dell’esecutivo di Giorgia Meloni.

Insomma, se Governi e istituzioni sovranazionali regolamentano il regolamentabile del futuro che prima non c’era, i guru dalla Silicon Valley tracciano la strada futura e puntano al nucleare. Ma c’è chi frena: “La fusione nucleare, il processo che alimenta il sole e altre stelle, è probabilmente ancora lontana decenni prima di essere padroneggiata e commercializzata sulla Terra – scrive la CNN sul proprio sito. Per alcuni esperti, l’enfasi di Altman su una futura svolta energetica è illustrativa di un più ampio fallimento del settore dell’intelligenza artificiale nel rispondere alla domanda su come saziare il crescente fabbisogno energetico dell’intelligenza artificiale nel breve termine”.

Oltre che per gestire un’enorme banca dati come quella prossima dalla generazione della Gigabit society, cioé della società iperconnessa dalle reti 5G con 1 milione di oggetti smart collegati su ogni chilometro quadrato, l’Intelligenza artificiale viene ritenuta fondamentale per assecondare le produzioni dei grandi data center (in Italia abbiamo il supercomputer Leonardo di Bologna e il centro di Trento, stimati i consumi energetici come quelli pari ad una città di 180.0000 abitanti) ma anche in ambito cambiamenti climatici e persino ambienti militari.

“Il settore dell’IA – sostiene Tom’s Hardware – si trova quindi di fronte ad un bivio: da un lato, c’è l’urgenza di alimentare sistemi sempre più potenti senza aggravare i cambiamenti climatici; dall’altro, c’è la difficile ricerca di fonti energetiche che possano mantenere il passo con le sue esigenze. Un’analisi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia rivela che il consumo elettrico di data center, criptovalute e IA potrebbe raddoppiare nei prossimi due anni, esercitando una pressione ancora maggiore sulle risorse energetiche globali. La situazione pone un dilemma particolarmente acuto negli Stati Uniti, dove la richiesta di elettricità dei data center, in particolare, è destinata a triplicare entro il 2030, portando a scelte difficili su chi avrà accesso alle risorse energetiche limitate.“

Uno studio scientifico ha poi chiarito come dal “2022 e del 2023 l’intelligenza artificiale (AI) ha assistito a un periodo di rapida espansione e di ampia applicazione su larga scala“, a livello mondiale i numeri dicono”100 milioni di utenti in 2 mesi“. Certamente un record!

Ma con quali ripercussioni nei consumi da un punto di vista energetico?

Tradotto in numeri, 6,5 kW per server, il consumo giornaliero di elettricità ammonterebbe a 80 GWh, il consumo annuo a 29,2 TWh, cioè esattamente quanto consuma un’intera nazione come l’Irlanda. Non solo Intelligenza artificiale però.

Perché dalla transizione digitale, infine, sappiamo poi che:

1 –  in Italia ASSTEL (il ramo di Confindiustria delle Telecomunicazioni) in un rapporto fornito dal Politecnico di Milano, AGCM certifica come per il 5G “si avrebbe un impatto ambientale significativo (…) con una produzione maggiore di C02 pari a circa 166.000 tonnellate all’anno e circa 601 GWh/anno di maggiori consumi energetici“, rifugiandosi nel falso mito di una proporzione inversa secondo cui aumentare l’elettrosmog abbasserebbe sia l’emissione di CO2 che i consumi energetici, temi a cuore all’Agenda 2030 dell’ONU;

2 – in Cina, dove il 5G è il più avanzato al mondo e i limiti non sono certo quelli prudenziali italiani, per via delle 410.000 Stazioni Radio Base dell’Internet delle cose si rischia il blackout, tanto che una filiale di China Unicom spegne le antenne ZTE 5G almeno di notte, tra le 21:00 e le 9:00 “per ridurre i costi dell’elettricità nella città di Luoyang“.

3 –  Uno studio di Huawei afferma poi che il 5G utilizza fino a tre volte e mezzo più energia rispetto all’infrastruttura 4G.“Il consumo di energia è destinato ad aumentare notevolmente se il 5G viene implementato nello stesso modo in cui lo erano 3G e 4G“, ha replicato Erik Ekudden, CTO di Ericsson. Mentre Vertiv, società dell’Ohio quotata in borsa e specializzata nella consulenza di infrastruttura tecnologica, aveva previsto come nel 2022 essendo nel mondo ben 28,5 miliardi di dispositivi connessi, “gli operatori delle telecomunicazioni dovranno diventare più aggressivi nell’implementazione di tecnologie di risparmio energetico per mitigare l’impatto sui costi operativi derivante dal maggior consumo di energia della tecnologia 5G. Il passaggio al 5G probabilmente aumenterà il consumo totale di energia della rete del 150-170% entro il 2026, con i maggiori aumenti nelle aree di data center macro, nodo e di rete.“

4 –  Infine, nel 2020 nel Senato del Parlamento Francese la Commissione per la Pianificazione e lo Sviluppo Regionale Sostenibile ha certificato come “il digitale è stato responsabile del 3,8% delle emissioni globali di gas serra nel 2018 e del 4,2% del consumo di energia primaria; 44% di questo impatto carbonio sarebbe dovuto alla fabbricazione dei devices e il 56% al loro utilizzo“. Motivo per cui all‘Alto Consiglio per il Clima viene chiesto “che sul 5G si faccia finalmente uno studio completo dei suoi impatti”.