Il vescovo Enrico Ruzza propone un convegno a Ladispoli: «Io non mi rassegno».
La droga nelle piazze, tra i giovani. Una piaga sociale a Ladispoli e Cerveteri. Tanti i casi esplosi anche nell’ultimo anno con i vari blitz e le indagini delle forze dell’ordine che di tanto in tanto beccano pusher, cercando magari di risalire sempre di più alla rete della malavita. Ma chissà quanti altri sono nascosti e poi non c’è solo un discorso di repressione.
La vera domanda è: cosa si fa per la prevenzione? Come giocare d’anticipo e magari indirizzare sulla strada giusta i ragazzi, a volte spaesati, senza punti di riferimento, legati ad una dipendenza che non è solo droga ma anche alcol, gioco d’azzardo?
Tante domande ancora senza risposta, però un segnale, forte e chiaro, lo ha lanciato il vescovo, il monsignor Enrico Ruzza e la Diocesi proponendo l’incontro “Nel grido dei giovani. Le dipendenze e il disagio: quali scenari per il futuro?”. È il titolo del convegno che le diocesi di Porto-Santa Rufina e di Civitavecchia-Tarquinia hanno promosso a Ladispoli nell’aula del consiglio comunale.
Un confronto importante sull’allarme giovani a cui non si sono sottratte le istituzioni e gli educatori. «Non possiamo rassegnarci, io non ci voglio stare – ha commentato il vescovo Ruzza – c’è la necessità di salvare i ragazzi dalle droghe ascoltando la tristezza celata nell’uso di stupefacenti».
Questa iniziativa si configura come una delle prime riguardo alla rilevazione delle comunità parrocchiali su stili di vita e pratiche di adolescenti. È stato affidato a don Giovanni Carpentieri, della diocesi di Roma, il compito di offrire prospettive. Oltre agli educatori, erano presenti insegnanti, associazioni (in primis “Fuori della porta odv”), cittadini, il sindaco cerveterano, Elena Gubetti e l’assessore alla Cultura di Ladispoli, Margherita Frappa.
Il sacerdote solitamente incontra i ragazzi nei loro contesti di vita, in strada e nelle discoteche. «Non è solo volontariato – ha spiegato il vescovo -, ma un lavoro quotidiano che richiede di togliere tempo all’ordinario per andare ad abitare le periferie esistenziali dove il Signore stava. Questa esperienza di contatto con i giovani va ampliata in altre zone delle diocesi. Il grido di solitudine e abbandono dei nostri ragazzi trova spesso forma nelle dipendenze. Stupefacenti e gioco d’azzardo rappresentano la risposta a un vuoto che abbiamo lasciato riempire da chi non desidera il loro bene».