Il dolore cardiaco è un sintomo molto frequente. Molto spesso non è di origine cardiaca.
In tutti i casi è sempre fonte di ansia perché dietro il torace, quella corazza chiamata precordio, c’è proprio il cuore. E’ per questo motivo che, grazie, all’aanamnesi e alla visita medica, questa diagnosi deve essere esclusa per prima.
Personalmente, sulla scorta della mia più che quarantennale esperienza sul campo, sono del parere che, se il dolore non dipende dalle coronarie, sono le nevralgie intercostali quelle che più spesso ho riscontrato. Chissà perché nell’osteoartrosi dorsale – colonna vertebrale questa patologia non viene, molto spesso, presa nella giusta considerazione, direi che è sottostimata. Ci si concentra sulla colonna cervicale e lombare.
Nella prima i sintomi dipendono dal segmento neuronale coinvolto. Il dolore di frequente s’irradia all’interno delle regioni sopraclavicolari, della parte superiore del muscolo trapezio e di quello distale degli arti superiori. Quando è interessato il tratto lombare il paziente accusa anche qui un dolore che segue il decorso del nervo, detto sciatalgico, oppure resta confinato alla zona vertebrale coinvolta. Più di rado vi è una “zoppia neurogena”dovuta alla stenosi della colonna lombare.
Nella nevralgia intercostale il dolore è “il grido del nervo” che nascendo dal tratto dorsale si porta davanti, anteriormente, seguendo il decorso dei muscoli omonimi. Se facciamo pressione su dei ben precisi punti nevralgici (posteriore, laterale ed anteriore), ove il nervo si rende più superficiale, riproduciamo la stessa algia lamentata dal paziente. E’ utile, dopo l’interrogatorio anamnestico,sapere dove mettere le mani sul torace del paziente, premendo con forza, con un dito, quei tre punti nevralgici. Anche senza ricorrere, se non i casi particolari, ad indagini più costose, una semplice radiografia della colonna ci può evidenziare osteofitosi (speroni di ossa), riduzione degli spazi intervertebrali, anche deformazioni delle singole vertebre dorsali.
Le patologie esofagee, quale causa del dolore toracico di origine non cardiaca, le metterei, come frequenza, al secondo posto. Per tanti altri clinici non è cosi, le pongono al primo posto. Forse credo che siano medici ospedalieri – universitari non sanitari che operano sul territorio.
Le patologie esofagee? Circa il 30 – 50% dei soggetti con coronarie normali presenta una malattia da reflusso gastroesofageo. Queste le loro statistiche. E’ vero che vi sono associati sintomi quali disfagia, iperacidità, pirosi (bruciore) retro sternale, sovente anche tosse notturna. Non sempre tuttavia è cosi. Questi sintomi di accompagnamento possono essere del tutto assenti. L’endoscopia esofagea (esofagoscopia) ci è di aiuto per escludere alterazioni strutturali o lesioni della mucosa: esofagite erosiva, neoplasie o stenosi esofagee, ernia iatale, ulcera gastrica, acalasia (turba del funzionamento degli sfinteri, il cui rilasciamento non si effettua come dovrebbe al momento delle contrazioni dei segmenti soggiacenti; ciò spiega la dilatazione dell’esofago).
Se l’endoscopia è normale (ph metria nelle 24 ore<4) la causa più frequente del dolore toracico è il reflusso gastroesofageo.
Se il ph è invece nella norma dovremo invece orientarci su uno spasmo esofageo diffuso, un esofago a schiaccianoci (a cavoturaccioli), su un disturbo aspecifico della motilità, sulla stessa acalasia. Tutto vero per carità. La ph metria ambulatoriale delle 24 ore ci permette, nel reflusso gastroesofageo, di correlare la comparsa del dolore toracico agli eventi del reflusso stesso.
Già, ma chi utilizza, nella pratica giornaliera extraospedaliera, la ph metria ambulatoriale delle 24 ore? Direi quasi nessuno. E’ molto più semplice, più facile, ricorrere al criterio “ex adiuvantibus” utilizzando una terapia medica di 2-4 settimane con un inibitore di pompa protonica (omeo – lanso – panto – esomeprazolo) ad alte dosi, somministrate la mattina, a digiuno, al risveglio. Ciò permette di prescrivere una terapia appropriata.
I disturbi della motilità esofagea sono responsabili di dolore toracico in percentuali assai variabili a seconda dei clinici, dal 5 al 38%. Nella maggior parte dei casi i dolori sono intermittenti. Il più frequente è l’esofago a cavaturaccioli ( ben evidenziale con il pasto baritato esofageo, seguito dai disturbi aspecifici della motilità. Più rara è l’acalasia. Una chiosa finale, non certo di poca rilevanza. Ho constatato (non sono certo il solo per carità) che molti pazienti con dolore toracico non cardiaco hanno caratteristiche neurodistoniche (ansiosi, ipocondriaci, depressi).
Presentano una personalità assai simile a quella dei soggetti affetti da colon irritabile. Ritengo che si tratti di una somatizzazione ansiosa con conseguente algia corporea . Preciso, e sottolineo, che questa diagnosi deve essere valutata solo in ultima istanza. Solo quando tutte le altre cause sopracitate siano state escluse.