INTERVISTA A ISABELLA ALFANO

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A Ladispoli ne “L’incanto delle voci”, uno spettacolo teatrale creato con Stefano Indino.

Bella, mora, mediterranea ma soprattutto brava Isabella Alfano, classe 1991,  gira l’Italia e l’Europa al fianco di nomi illustri della canzone romana e partenopea di tradizione come Edoardo Vianello, Mariano Perrella o Vittorio Marsiglia lasciando nel cuore del pubblico, come firma di ciascuna esibizione, una purezza di voce inimitabile.

Negli spettacoli canti ma in taluni reciti anche, interpretando sketch: ti senti più cantante o più attrice? Mi sento una persona che utilizza la voce a 360 gradi: recitando, interpretando, cantando, doppiando. Specialmente doppiaggio cantato! All’interno di molti film stranieri gli attori cantano per cui chi doppia deve anche saper cantare. Un esempio in tal senso è il personaggio di Eile, protagonista della serie Netflix “The whitcher” cui in pratica presto voce e doti canore.

Hai poco più di trent’anni: da grande cosa ti piacerebbe fare di più, la cantante o l’interprete? Preferisco senza dubbio l’interpretazione delle canzoni, specialmente se parliamo del repertorio della tradizione popolare antica, quella prodotta tra il ‘600 ed il ‘900 che non finisco mai di studiare e approfondire.

C’è un autore che prediligi? Sono innamorata di Murolo che ha scritto brani meravigliosi come “Era di maggio”, “Malafemmena”, “Anema e core” e del quale amo follemente “Forturella” pezzo forse meno conosciuto ma che ha alle spalle una storia molto carina che mi ha conquistata. La melodia era di Gambardella, un compositore che scriveva le sue cose così, di getto senza aver troppo studiato e Murolo, sentito il brano lo fece ascoltare a Puccini il quale, ascoltatolo, regalò un pianoforte a Gambardella raccomandandogli di studiare musica ritenendolo portato.

In quest’epoca di tuoi coetanei rapper, non ti senti un po’ un pesce fuor d’acqua? A volte i musicisti non rimangono nella loro identità pur di portare a casa la pagnotta, capita di frequente. Sono pochi quelli che rimangono ancorati alla propria identità musicale.

E tu la pagnotta a casa la porti? Sì ma è davvero dura anche perché la musica non è vista come un lavoro. Ho alle spalle una famiglia che mi ha sostenuto nella mia passione e permesso di trasformarla in professione.

A che età ti sei detta voglio fare la cantante?   Attorno ai 21 anni, mentre ero al secondo anno di giurisprudenza che ho lasciato per l’Accademia Saint Luiss ove la frequenza era obbligatoria, proprio come a La Sapienza.

Tra le tante fatte, qual è l’esperienza professionale che conservi come più cara? Più cara è sicuramente stata l’esperienza teatrale fatta con Mariano Perrella e Vittorio Marsiglia cui devo l’acquisizione di padronanza della voce che l’apprendimento della presenza scenica. Con loro sono passata dal microfono all’archetto il che vuol dire che ho dovuto imparare a riempire gli spazi.  Apprendimenti che non ti offre nessuna scuola e nessun diploma.

D’estate ti vedremo in piazza con loro? Si, ma sarò in giro anche ne “L’incanto delle voci” uno spettacolo teatrale creato con Stefano Indino dove la canzone napoletana, romana e sudamericana si arricchirà dei contenuti culturali di aneddoti, racconti, poesie. Un lavoro cui tengo molto che sarà presente a luglio ed agosto nei festival di località come Albano laziale, Canale Monterano, Ladispoli.

di Mara Fux