PARLA “ULTIMA GENERAZIONE”. INTERVISTA A IRENE QUATTRINI, ATTIVISTA TOSCANA

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“Reato di negazionismo climatico? Siamo profondamente contrari ai metodi inpositivi”

di Andrea Macciò

La scenografica azione delle due attiviste di “Ultima Generazione” che, quasi totalmente svestite, si sono ricoperte di fango a Roma, davanti al Senato della Repubblica, per richiamare sulla campagna “Non paghiamo il fossile” che il movimento porta avanti dal 2022 e per quelle che a loro avviso sono le responsabilità politiche nell’alluvione dell’Emilia-Romagna, ha richiamato nuovamente l’attenzione sulle azioni di questi nuovi movimenti ambientalisti.

Ultima Generazione è la costola italiana di una rete di movimenti presenti in vari paesi, il più noto è il britannico Just Stop Oil. Il nome deriva dall’idea che questa sia l’ultima generazione che può salvare il mondo da un disastro ecologico e sociale.

Gli attivisti di Ultima Generazione sono stati attaccati in maniera esplicita dalla stampa vicina al governo che li definisce “ecovandali”, corteggiati a giorni alterni dall’area vicina al centrosinistra, invisi al mondo del cosiddetto “dissenso” che li considera strumentalizzati dai poteri che vogliono spingere forzatamente la società verso la cosiddetta “ideologia green” : nessuno, però, è andato a parlare con qualcuno di loro per capire quali siano realmente le visioni e gli obbiettivi di queste persone.

Abbiamo intervistato Irene Quattrini, attivista toscana di Ultima Generazione.

Come ti sei avvicinata al movimento “Ultima Generazione”?

Per alcuni anni ho fatto parte di Extinction Rebellion, Ultima Generazione è nata da una costola di questo movimento. Io sento un grande fascino per la possibilità di fare qualcosa di veloce e immediato, e l’approccio di Ultima Generazione mi rappresenta meglio.

Spiegami meglio. Le differenze tra Extinction Rebellion e altri movimenti analoghi come Friday For Future e Ultima Generazione sono anche teorico-politiche o solo operative?

 No, sono solo differenze operative. Le azioni di Extinction Rebellion sono più studiate, le nostre sono più immediate. Ma non ci sono differenze teoriche o ìdeologiche, tanto più che i movimenti sono stati fondati dalla stessa persona, Roger Hallam.

Roger Hallam era un agricoltore biologico, che ha visto distrutta la sua attività a causa di eventi meteorologici estremi ed è stato costretto a licenziare molte persone. Tra il 2017 e il 2019 si è iscritto all’Università per capire quali fossero le azioni migliori per facilitare il cambiamento sociale, ed ha scoperto i metodi della non violenza e della disobbedienza civile, che sono diventati caratteristici di entrambi i movimenti.

Neanche con Friday For Future ci sono particolari differenze ideologiche

Le azioni di Ultima Generazione e dei movimenti analoghi sono state spesso condotte “contro” opere d’arte, sia nei musei che in monumenti e palazzi pubblici, anche se con l’attenzione di non creare danni permanenti.

Questa scelta ha solo una funzione mediatica o c’è un motivo per il quale l’arte è stata “presa di mira”?

La narrativa che ha ispirato queste azioni è che le opere d’arte hanno esaurito la loro funzione. Oggi la Divina Commedia non la legge più nessuno, e i quadri non sono fatti per stare in una teca. Poi certo, in alcune azioni abbiamo cercato di creare scandalo per avere visibilità

In che senso l’opera d’arte “ha esaurito la sua funzione”? Ritieni che oggi l’arte sia inutile?

 No, nel senso che in passato l’arte che era visibile da tutti aveva un ruolo sociale e voleva veicolare un messaggio. La Cappella Sistina fece scandalo con la rappresentazione dei personaggi nudi, e comunque l’arte è stata spesso usata per lanciare messaggi di qualsiasi tipo. Oggi noi vogliamo recuperare quel ruolo, e attraverso queste azioni comunicare che se il mondo si avvia verso il collasso climatico e sociale non avremo più opere come La Primavera del Botticelli, perché rischiamo di non avere più da bere e da mangiare

Le vostre azioni si ispirano a movimenti artistici d’avanguardia nati intorno agli anni Settanta, come quello della Body Art e della Street Art o arte urbana?

Nella nostra comunicazione non se ne parla, ma si, noi siamo figli di quella stagione e di quella impostazione. Questo elemento è sicuramente presente in Ultima Generazione. Per esempio, io non riesco a capire il motivo per il quale si cancellino di nuovo i Murales realizzati in aree e stazioni abbandonate.

Per noi un grosso problema sociale è quello delle abitudini, che sono molto difficili da cambiare. Nonostante oltre sessanta anni di produzione scientifica sui rischi delle troppe emissioni di C02 e dell’eccessivo ricorso ai combustibili fossili, non è cambiato nulla. Per questo cerchiamo di portare avanti queste azioni di sensibilizzazione.

Nell’immaginario collettivo Ultima Generazione è composta solo da giovani della cosiddetta “Generazione Z”? Qual è la composizione dei vostri gruppi?

In Ultima Generazione ci sono molti giovani e studenti, ma anche adulti di ogni età, sessantenni e settantenni, studiosi e professori universitari.

“Non paghiamo il fossile” è lo slogan che avete scelto. Siete solo un movimento di scopo che contrasta i contributi pubblici e le concessioni alle aziende che investono in combustibili fossili o avete una visione di riforma sociale più ampia, come per esempio i movimenti per la decrescita nati negli anni scorsi?

 Io sono molto cosciente che smettere con i combustibili fossili sia solo una goccia nel mare, ma preferisco impegnarmi in questo perché mi sembra la cosa più urgente, e questo impegno l’ho trovato in Extinction Rebellion e in Ultima Generazione.

I movimenti per la decrescita esistono ancora, come sta andando avanti tutta la sperimentazione degli ecovillaggi.

Io ad esempio non ho la macchina, uso molto la bicicletta, alcune persone possono anche tentare a vivere in maniera diversa, ma io penso che oggi questa possibilità sia riservata solo ad alcuni privilegiati. Finchè lo Stato non darà la possibilità a tutti di vivere in maniera diversa, non obbligandoli di fatto a usare la macchina e a lavorare otto ore al giorno, e lasciando invece magari la possibilità di curare un orto e autoprodurre una parte del cibo, certi stili di vita resteranno appannaggio solo di chi se lo può permettere.

La gente è disturbata dalle nostre azioni perché vuole avere l’assicurazione che andrà tutto bene: ma questo è impossibile. Questo non significa che una parte della popolazione, soprattutto quella delle città, non continuerà a fare la vita di prima. Ma aumentando le difficoltà di accesso alle risorse, c’è il rischio che esplodano nuove povertà e tensioni, e magari che nasca qualcosa di simile ai campi di concentramento.

Il docente universitario Gianfranco Pellegrino ha sostenuto che dovrebbe essere istituito il reato di “negazionismo climatico” in un editoriale sul quotidiano Domani. Tu cosa ne pensi?

Personalmente io sono profondamente contraria a metodi impositivi, oltre a pensare che un provvedimento del genere sarebbe totalmente inefficace. Non ne abbiamo neanche mai parlato durante le riunioni. Noi crediamo che le persone debbano essere messe ora nelle condizioni di poter capire che se non si agisce subito su questi argomenti, si rischia che poi davvero il razionamento del cibo o dell’acqua possa essere imposto dallo stato con la forza.

Noi ragioniamo molto sulla comunicazione. In alcuni casi abbiamo messo in atto piccole azioni di forza, come i blocchi del traffico, al massimo per un quarto d’ora però.

Molte persone ritengono che l’attività di Ultima Generazione e delle altre associazioni che hanno gli stessi obbiettivi sostengano una falsa ideologia “green”, quello che alcuni chiamano greenwashing, e che siano strumentalizzate da interessi opposti a quelli del fossile. Tu cosa rispondi a queste obiezioni?

Non vedo come l’obbiettivo di superare i combustibili fossili possa essere considerato greenwashing. Certamente le nostre azioni possono essere strumentalizzate, non abbiamo certo la potenza comunicativa delle grandi aziende del fossile

 Un altro argomento che vi viene spesso contestato è che le vostre rivendicazioni sarebbero funzionali all’imposizione delle cosiddette “case green” operazione che in Italia con molti centri storici risulterebbe molto costosa se a carico dei privati. Cosa ne pensi di questa obiezione?

Io non ho la soluzione in tasca, lo dico sempre anche a chi ci accusa di non avere una visione politica. Sul fatto che possiamo essere strumentalizzati, credo che basterebbe verificare le reazioni dello stato per togliersi questo dubbio. Quanto alle case green, certamente penso che le nuove case debbano essere coibentate. Ma siamo contrari ai metodi impositivi, come ho già detto. Crediamo che sia necessaria una riduzione dell’uso del riscaldamento e dei condizionatori. Tenere sempre la stessa temperatura in estate e in inverno allontana le persone dalla percezione dei cicli naturali come quelli delle stagioni. Io penso che dovremmo essere più allineati ai cicli naturali: è necessario un cambiamento culturale. Per farti capire, vorremmo che la gente iniziasse a considerare brutto un giardino all’inglese. È un problema culturale, non di imposizioni.

Se lo stato mandasse nelle scuole chi ha fatto l’esperienza negli ecovillaggi invece dell’Eni e dei militari….

Cosa mi puoi dire dell’atteggiamento della politica attuale italiana su questi temi?

Quando n politico va in un posto alluvionato e dice “vi porterò i turisti” vuol dire che non ha una visione completa dei problemi, né di come affrontarli. È come il problema della povertà: c’è, ma non è colpa degli immigrati. Chi dà risposte semplici non ha una visione di lungo respiro, è lo stesso fenomeno di quando si spingeva a produrre più carne perché eravamo in pieno boom economico.

In alcune alluvioni passate in Liguria sono stati messi sotto accusa alcuni politici locali, e anche nel caso dell’Emilia-Romagna la procura di Ravenna ha aperto un’inchiesta contro ignoti. I media e i cittadini in genere li accusano di “non aver dato l’allerta” o di “non aver pulito i fiumi”.

Tu pensi che in questi eventi ci possano essere responsabilità penali individuali?

 Non è mai responsabilità di una sola persona. Io sento alcuni che dicono che andavano puliti i fiumi e i tombini, come se bastasse quello. Certamente è una cosa che va fatta, ma il vero problema è quella del consumo di suolo e della cementificazione. I danni maggiori secondo me sono stati fatti con la cementificazione degli anni Ottanta.

Pubblicato su Fiorenza Oggi e sul settimanale L’Ortica del Venerdì