Contratti precari e paghe da fame

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La difficile situazione del lavoro in Italia

Il nuovo aumento dei costi di diesel e benzina si inserisce all’interno di un quadro che versa già in una condizione assai preoccupante e in cui, allo stesso tempo, agiscono anche i rincari dei prezzi delle bollette per luce e gas e l’andamento di crescita costante dell’inflazione (con quest’ultima voce che, solo nel 2022, ha raggiunto la soglia di incremento dell’8,1%).

Un numero sempre maggiore di lavoratori – in Italia quanto in Europa – non raggiungono una soglia di reddito sufficiente per affrontare senza contraccolpi la devastante crisi economica, scandita a colpi di emergenze, voluta dai governi. Secondo un’analisi realizzata di recente dall’INPS, il numero di persone che attualmente non gode di un contratto stabile e indeterminato sarebbe nell’ordine di diversi milioni, mentre proliferano le forme di retribuzione più diverse, spesso accettate dal diretto interessato nonostante non forniscano alcuna forma di tutela.

Stage, tirocini e alternanza tra scuola e lavoro, ma anche apprendistato, contratti a chiamata e prestazioni stagionali occasionali. Sono queste le modalità ormai diffusissime sia nel Nord produttivo che nel Sud più profondo, senza distinzione alcuna. Ma c’è anche chi sta peggio: proprio nel report dell’istituto di statistica viene evidenziato come il tasso di inattività in Italia sia cresciuto nel terzo trimestre 2022, con ben 12mila occupati in meno rispetto alla rilevazione precedente effettuata a fine estate.

Chi sono i “lavoratori invisibili” e che contratti hanno
Tra coloro che accettano di operare in un regime di flessibilità contrattuale (e, sempre secondo l’ISTAT, sono circa l’83% dei nuovi occupati dal 2021 ad oggi), ci sono quelli che l’INPS ha definito come “lavoratori invisibili“. Parliamo di una platea di contribuenti che l’istituto di previdenza ha stimato all’incirca in 600mila unità. Tra di loro non ci sono solo i tanti ragazzi impiegati come rider per i trasporti e le consegne, ma anche moltissimi giovani che lavorano per le piattaforme online.

Quanto guadagnano i “lavoratori invisibili” e perché sono a rischio povertà
Il loro caso rappresenta un esempio lampante di come si stia distorcendo il mercato del lavoro negli ultimi tempi (anche per colpa dei titolari d’azienda). Parliamo quasi sempre di soggetti titolari di partita Iva – o comunque con contratti occasionali – a cui viene corrisposta una cifra inferiore a 5mila euro l’anno.

Ed è proprio qui che sta la forzatura (per non chiamarla fregatura): di fatto, per i valori erogati al di sotto di questa soglia non esiste l’obbligo per il datore di lavoro di versare i contributi per la pensione. Con il risultato che, oltre a complicare il presente, queste forme di contrattualizzazione rischiano anche di compromettere il futuro delle nostre generazioni più giovani. Da: www.quifinanza.it