A seguito della crisi decennale delle sale cinematografiche, e poi della pandemia, sono molti i cinema dismessi, abbandonati o chiusi in giro per l’Italia.
Gli alti costi di gestione, tra affitti e bollette, il disinteresse del pubblico, ormai addestrato a rimare in casa a guardare serie televisive e prime visioni on demand, hanno costretto grandi aziende e piccoli imprenditori a chiudere i battenti.
Ma a Ladispoli, come 70 anni fa, la cinematografia rimane “l’arma più forte” e si continua a portare avanti la cultura da cinepattone anni ’90, quella del miracolo italiano, dove il popolino riesce a svagarsi solamente con una giornata tra shopping, cinemino e panino con le patatine fritte. E i problemi non esistono, menagramo chi ci pensa.
L’auditorium “Massimo Freccia“, cattedrale nel deserto rimasta incompiuta, diventa così l’occasione – l’ennesima – per fare intervenire l’imprenditoria privata a godere di spazi pubblici, in esclusiva.
Inaugurato nel 2016 come teatro e per circa un anno ha mandato in scena alcuni lavori artistici ma la mancanza di un impianto di aerazione e della messa a norma dell’impianto elettrico, hanno indotto la prima giunta Grando, a tenere chiusa la struttura, anziché indurla a superare le carenze.
Ed abbiamo pagato l’insegna accesa per anni senza motivo.
L’ auditorium è stato anche la prima grande opera ladispolana ad essere messa a bando, per una gestione quindicennale, ad un prezzo irrisorio, circa 600 euro al mese, da devolvere al Comune: un obolo perlopiù.
Colpo di scena, fu scoprire che la società aggiudicatrice ha approfittato di queste mancanze per chiedere – ed ottenere – un contratto di 20 anni a canone zero.
Un privato generoso, che finanzia i lavori dopo aver ricevuto circa un milione di euro di finanziamento del Ministero e rifiutato 56mila euro della Regione, per motivi ignoti.
Ci chiediamo quindi, chi stia tutelando il Comune, se i cittadini o gli imprenditori privati.
Già ne avevamo parlato per l’affitto del parco privatizzato di Viale Europa (opera incompiuta che non ha rispettato le scadenze progettuali) e del Campo di via Firenze – dove le scadenze non ci sono proprio, e di progetti continuamente modificati e sempre accettati dal Comune.
Anche la mensa della Corrado Melone, ora Teatro Vannini, aveva problemi di coibentazione del tetto: in quel caso, nonostante la pioggia all’interno, il Comune non ha esitato a comprare un nuovo impianto audio e luci, probabilmente coperto da un ombrello.
Il Comune affida e regala spazi, pretendendo di passare alla storia della città, chiedendo principalmente di cambiare le intitolazioni che ricordino una storia ladispolana di sinistra, mettendo le mani avanti con nomi altisonanti, che spesso provocano sdegno, piuttosto che celebrazioni, pensando che nessuno possa puntare il dito per quei nomi, celando i loro piani biechi dietro ai morti.
Per noi la politica è una “res” altissima e siamo costretti a dover fare i conti della serva.
2 sale cinematografiche, per 2 spettacoli quotidiani e un totale di 1000 posti a sedere e un biglietto medio di 8 euro.
8000 euro al giorno per 20 anni – tolte le spese varie – e nessun introito per il comune.
Siamo una città senza servizi, sommersa dal traffico ormai ingestibile, spiagge che con il PUA saranno affidate alle solite famiglie e spazi pubblici gestite dai privati, mentre la speculazione si sta spostando (facendo chiudere attività) sulla Settevene Palo e la via Aurelia.
Una città a vocazione turistica snaturata da un’incompetenza accettata e premiata da pochissimi elettori che danno forza a chiunque voglia solo trarre profitto.
Ladispoli, l’Eldorado della speculazione.
Circolo Sinistra Italiana
Roma Litorale Nord
“Mahsa Amini”