Il “ponte”: una filosofia tutta italiana

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Non penso esista alcun altro Paese europeo in cui, per quattro giorni di seguito, non viene distribuita la posta.

di ANTONIO CALICCHIO

LA FILOSOFIA del “ponte” è una filosofia tutta italiana; e, dopo aver fatto tali e tanti sacrifici pur di entrare in Europa, si ha l’impressione che quella filosofia vada rivista. Non penso esista alcun altro Paese europeo in cui, per quattro giorni di seguito, non viene distribuita la posta. Forse perché nel mio lavoro ricevere la posta è molto importante – avere, per tempo, cataloghi, libri appena usciti, giornali, inviti a dibattiti e mostre – fatto sta che, per quattro giorni di seguito, ivi incluso il sabato, che sarebbe lavorativo, niente posta.

Molti di voi hanno viaggiato e hanno constatato coi loro occhi. “Guarda che il ferragosto, a New York, è un giorno come tutti gli altri”, mi disse, una volta, Gaetano Pesce, uno dei più grandi architetti al mondo, un veneto che abita, a New York, da oltre 40 anni. E’ un giorno come tutti gli altri, nel senso che si trova tutto quello che occorre e che funziona tutto quello che deve funzionare. Non esiste altro Paese europeo in cui una grande città diviene un deserto per 15-20 giorni, come accade, in agosto, nelle grandi città italiane. Non esiste alcun altro Paese europeo in cui le festività natalizie durano – in un modo o in un altro – 20 giorni, nel senso che, per 20 giorni, tutto si inceppa. Non esiste alcun Paese europeo in cui ricorrono tre “ponti” di seguito, a distanza di una settimana l’uno dall’altro: quel che avviene, e sta avvenendo, in questi giorni, in Italia, col “ponte” pasquale, del 25 aprile e del 1° maggio.

L’Italia è entrata in Europa, e gli Italiani vogliono mantenere le loro abitudini, il loro diritto alla “pennichella”, ai “ponti”, una settimana sì e una no, alle feste di Natale, che durano 20 giorni, a chiudere i negozi alle sette di sera? Si pensi al Giubileo, che è prossimo a venire. L’augurio è che tutti i commercianti romani possano arricchirsi e riscattare così gli anni delle vacche magre. Ma ritengono davvero, in quell’anno imminente venturo, di chiudere le saracinesche alle 13 e riaprirle alle 16, come fanno attualmente? Farebbero irritare un cliente europeo, che ha tutt’altre abitudini, secondo il quale appare, del tutto, logico che i negozi non chiudano a metà giornata. Il nostro Paese è entrato in Europa, piaccia o non piaccia. Ma i fatti sono questi: in Europa nessuno va in pensione a 53 anni, non esiste azienda pubblica che venga mantenuta, per decenni, coi soldi dei contribuenti, non esiste sabato in cui la posta non viene distribuita. Tutto ciò è scioccante e sarebbe meglio lavorare 12 ore a settimana. Solo che non si può. E, comunque, buoni “ponti”, lettori cari.