Che cos’è davvero fondamentale alla vita? Nell’isolamento e nell’avversità, gli esseri umani hanno bisogno di sentire di non essere soli nella lotta.
di Antonio Calicchio
Siamo nel cuore dell’estate, di un altro anno travagliato, che invita, ancora una volta, a prenderci una pausa, per ritemprare corpo ed anima. Trascorrere le nostre sospirate ferie potendo ritornare alla essenza dei nostri cuori, pur con le nostre diurne fatiche, tuttavia forse riuscirà a farci ritrovare il nostro riposo.
Non affanniamoci per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini: a ciascun giorno basta la sua pena, ci ripete Cristo, ogni giorno (Mt 6, 34). Affannarsi per il domani, equivale a consumarsi prima del tempo, in quanto ci conduce alla ricerca di un futuro che non abbiamo, mentre ci sfugge il presente. E il contrario dell’affanno è affrontare la vita, istante per istante, secondo la propria vocazione e la propria inclinazione psicologica, cioè secondo il proprio daimon, come affermava Aristotele. L’ansia porta a sotterrare ciò che noi siamo. Pertanto, diceva Van Thuan, al riguardo: “Viviamo il momento presente colmandolo di amore”, quasi a ricalcare il proverbiale detto oraziano: “Carpe diem quam minimum credula postero”. Lo stesso José Tolentino Mendonca, in Mistica dell’istante, espone la tesi per cui dobbiamo maturare uno sguardo mistico sul quotidiano, per vedere, con gli occhi dell’anima, le piccole epifanie dell’Infinito, che si mescolano allo scorrere del tempo. Ma quali sono queste piccole epifanie dell’Infinito? In Hannah Coulter, di Wendell Berry, si individua un breve elenco di ciò che dà bellezza alla nostra esistenza personale, lucenti squarci di Infinito dentro il tempo: “Nonostante tutto, il conforto, in qualche modo, si trasmette: una breve frase che conserverai nel tuo cuore per sempre, un biglietto nella buca delle lettere, uno sguardo, il tocco di una mano, una pacca sulla spalla, un abbraccio, una sorta di attesa comune, di sostegno fino all’ultimo”. Domandiamoci se non risponde al vero che in uno di tali gesti, quando l’abbiamo ricevuto o l’abbiamo offerto, abbiamo visto trasparire, quasi toccandolo con mano, quell’Infinito cui aneliamo. E il Cristianesimo è questo: l’Infinito che passa per il finito, Dio che si incarna e si fa storia, la salvezza che passa per un gesto normale.
Ed allora: che cos’è davvero fondamentale alla vita, soprattutto in una epoca in cui siamo inflazionati di beni materiali e – paradossalmente – privi, talvolta, del necessario per vivere? E’ bensì vero che gli alimenti sono irrinunciabili al sostentamento, però, risulta parimenti certo che il pane non è l’unico bene essenziale, tanto più che esso – come noto – per essere nutriente, va consumato all’interno di una relazione significativa, fondata sulla benevolenza, sulla comprensione, sull’accoglienza. Ed è proprio un simile spazio relazionale, caldo ed accogliente, l’ulteriore fattore altrettanto importante da rendere la vita degna di essere vissuta. Del resto, nessuno è tanto ingenuo da pensare che esistano contesti di relazioni scevri da conflittualità e da prove; ma vi sono modi caldi e modi freddi, ovvero conflittualità che producono evoluzione e crescita ed altre, viceversa, che provocano chiusure drastiche. Ergo, non di solo pane vive l’uomo, per riconnettere le relazioni umane, avvelenate dall’egoismo, che è divenuto il valore primario della nostra cultura. La carità è stata affondata in questi anni. Individualismo, narcisismo ed egoismo costituiscono figure di solitudine, mentre la socializzazione è stata ridotta alla sua parvenza digitale. Ma le persone hanno bisogno di guardarsi negli occhi, di ridere, di comprendere, attraverso lo sguardo, se l’altro dice la verità o meno; hanno bisogno di esperienze fisiche. Nell’isolamento e nelle avversità, gli esseri umani hanno bisogno di sentire di non essere soli nella lotta.
Auguriamoci, quindi, che questo periodo di sospensione dalle attività lavorative possa contribuire ad aiutare tutti e ciascuno a ritrovare la traccia di un reale percorso di umanizzazione, che non si alimenti di solo pane, come ricorda la preghiera del Pater noster. “Panem nostrum cotidianum da nobis hodie” e “dimitte nobis debita nostra”, rappresentano gli elementi costituitivi non solamente della preghiera di Cristo, ma anche dei più autentici valori cristiani.