I segreti dell’ipnosi regressiva

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a cura della Dott.ssa Anna Maria Rita Masin

Dott.ssa
Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapauta

Molto spesso le persone mi chiedono spiegazioni sull’ipnosi regressiva, altre volte mi chiedono della regressione a vite precedenti.

Solitamente queste domande nascondono la richiesta di ri-vivere esperienze considerate traumatiche della propria vita. In particolare, di recente, una persona mi ha chiesto di rivivere un lutto in trance ma di non volerlo ricordare nella quotidianità.

Questa richiesta racchiude in sé il progetto di un percorso psicoterapico, con l’obiettivo di superare un lutto. È fondamentale sottolineare che la terapia ipnotica è un percorso, non una magia.

Questo vuol dire che per arrivare a rielaborare un evento attraverso la trance è importante che la persona vada in trance profonda al fine di rivivere l’evento e di dare la possibilità al terapeuta di adottare manovre che procurino l’amnesia dell’evento stesso prima del risveglio. Questo vuol dire che la persona si deve affidare al terapeuta lasciandosi accompagnare dalla sua voce.

Ciò vuol dire che il terapeuta deve valutare la profondità della trance a cui arriva la persona attraverso una costante osservazione dei segnali del corpo (respirazione, colorito del viso, deglutizione, ecc.).

Ciò vuol dire che se il terapeuta osserva, durante la trance, che la respirazione della persona accelera oppure nel viso ci sono anche solo delle lievi contrazioni, vuol dire che dentro di lui sta succedendo qualcosa per cui è meglio tranquillizzarlo e andare oltre.

Ciò perché anche in trance profonda la persona può agitarsi o nel rivivere l’evento o nel rivedere particolari che avvicinano o ricordano l’evento. Ciò vuol dire che il terapeuta deve aiutare la persona a rinforzarsi sempre in trance, utilizzando metafore o altre manovre terapeutiche.

Ciò vuol dire che si parte da un iniziale rilassamento corporeo che, a seconda della risposta della persona, può approfondirsi sempre di più. Ciò vuol dire che si parte da una iniziale raccolta di informazioni sulla vita della persona e da una iniziale conoscenza della persona. Ciò vuol dire che il terapeuta inizia ad osservare la persona già dal contatto telefonico. Il terapeuta eriksoniano si può paragonare ad un bravo fotografo: “il fotografo è abituato a vedere oltre l’apparenza.

La sua attenzione è attratta da un particolare, talvolta una luce, una geometria o un soggetto. Allora aspetta e osserva. Aspetta che si realizzi davanti ai suoi occhi l’immagine che è già nella sua testa. E quando arriva, click, scatta la foto” (Henri Cartier Bresson). La terapia ipnotica eriksoniana è un percorso fatto di continua osservazione del terapeuta verso la persona ma anche verso se stesso e le proprie emozioni. L’ipnosi regressiva può essere di due tipi: 1- rivivificazione, attraverso cui la persona ritorna ad essere la persona di tempo fa comportandosi come se fosse in quella particolare età. Attraverso questa tecnica la persona rivive l’evento; 2- regressione, attraverso cui la persona rivede l’evento in terza persona, come se stesse guardando un film o stesse sognando mantenendo il senso di critica.

Qualora la persona non voglia ricordare ciò che ha ri-vissuto o visto, il terapeuta metterà in atto tecniche mnemoniche, tipo metafore…

il vento spazza via le foglie dalla strada…

l’onda del mare cancella le parole scritte nella spiaggia…