5G-4G: REGOLAMENTI COMUNALI E PIANI ANTENNE SONO INUTILI

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I COLOSSI DI TELEFONIA VINCONO IN SEDE GIUDIZIARIA CONTRO ROMA CAPITALE CHE VIETA L’ISTALLAZIONE DI ANTENNE IN PROSSIMITÀ DI ASILI, SCUOLE, OSPEDALI E PARCHI GIOCHI. I SINDACI TRA L’INCUDINE (COMPAGNIE DI COMUNICAZIONE) ED IL MARTELLO (COMITATI E CITTADINI)

di Maurizio Martucci

Regolamenti comunali e Piani di Localizzazione per le Antenne sono praticamente inutili. Previsti per legge dal 2001, di fatto non servono ad un granché, con le ossa rotte usciti mestamente dall’ultima pronuncia dei magistrati del Consiglio di Stato ( dell’ 11 gennaio scorso). Perché non fermano il 4G, né il 5G, né l’avanzata di altri standard a tecnologia wireless (e questo da un bel pezzo lo sapevamo). Ma nemmeno possono (seriamente) delocalizzare l’infrastruttura delle Stazioni Radio Base (e questo l’abbiamo appreso adesso), dalle compagnie telefoniche pensate persino a 30 metri in linea d’aria da una scuola di Roma sulla Via Flaminia (contezioso nell’ultima sentenza del Consiglio di Stato).

Ma allora, Regolamenti e Piani Antenne, a che servono?
Fondamentalmente ad ingannare ignari cittadini, imboniti dall’idea che nel bilanciamento di interessi divergenti (cioè comunità territoriale da un lato, azienda telefonica dall’altro) una mediazione pianificata da un ingegnere o da una Srl specializzata in ambiente ed elettromagnetismo possa risolvere un problema serio e grave come quello dell’inquinamento invisibile, con l’avvento del 5G esploso nella sua più drastica dimensione planetaria.
Ma servono pure ad ingrassare i conti correnti bancari di ‘abili’ consulenti, nell’ultimo biennio spuntati come funghi (pure fisici e aspiranti tecnici convertiti da lauree in architettura e giurisprudenza), cavalcata l’onda consapevole contraria allo tsunami elettromagnetico a suon di 50mila euro preventivati per Comune cadauno, in cambio di lavori di consulenza e pianificazione. Alla faccia del cavolo (moltiplicato 7.903 municipi d’Italia!) E già, perché all’indomani del bavaglio (incostituzionale) imposto ai sindaci dal Piano Colao recepito nel Decreto Semplificazioni, percepito il pressing dei cittadini, come braccate diverse amministrazioni si sono gettate nella redazione di Regolamenti e Piani di Localizzazione, illudendosi così di minimizzare il rischio e gestire al ribasso la previsione di eventuali pericoli ambientali e danni socio-sanitari. Infatti con una sentenza pubblicata l’11 Gennaio 2021, la sezione sesta del Consiglio di Stato ha dato ragione alla Vodafone Italia SpA e torto all’Amministrazione di Roma Capitale, cassando la prescrizione richiamata all’art. 4 del Regolamento capitolino approvato nel 2015 dall’allora giunta Marino (divieto di installazione antenne telefoniche entro 100 metri dai c.d. luoghi sensibili), poiché non rappresenta un criterio di localizzazione, ma un divieto generalizzato alla installazione di nuove antenne, tanto che – scrivono i magistrati del Consiglio di Stato “non appare convincente la decisione in cui si stabilisce che ‘è fatto divieto di installare impianti su siti sensibili quali ospedali, case di cura e di riposo, scuole ed asili nido, oratori, orfanotrofi, parchi gioco, ivi comprese le relative pertinenze, ad una distanza non inferiore a 100 m calcolati dal bordo del sistema radiante al perimetro esterno’. Tale disposizione si presenta infatti come un divieto generalizzato potenzialmente in grado di impedire la concreta diffusione della rete sull’intero territorio comunale”.
Che Regolamento comunale e Piano di Localizzazione Antenne servano davvero a poco, lo chiarisce anche il fatto che nel confronto per la pianificazione, tra amministrazione locale e gestori telefonici alla fine sono poi sempre quest’ultimi ad avere la meglio, primeggiando ai sensi del codice delle comunicazioni elettroniche per esigenze di servizio commerciale, cioè disponendo della facoltà di poter installare un’antenna anche lì dove il Comune espressamente lo vieta: “A ciò deve aggiungersi che la potestà attribuita all’amministrazione comunale di individuare aree dove collocare gli impianti è condizionata dal fatto che l’esercizio di tale facoltà deve essere rivolto alla realizzazione di una rete completa di infrastrutture di telecomunicazioni, tale da non pregiudicare, come ritenuto dalla giurisprudenza, l’interesse nazionale alla copertura del territorio e all’efficiente distribuzione del servizio”. Tanto che alcune sentenze del TAR – come il Consiglio di Stato rimarca in questa decisione destinata a riscrivere la storia della giurisprudenza ammnistrativa in tema di inquinamento elettromagnetico – affermano che le prescrizioni nei regolamenti comunali “non determinino la previsione di limiti generalizzati per la localizzazione degli impianti, ma si presentino come ‘semplici criteri’ non escludendo in astratto la utilizzazione di alcuna area del territorio comunale”.
Anche perché poi, diciamolo francamente, Regolamento e Piano sistemano le antenne (autorizzate già in 6.000 nuove in arrivo in tutta Italia), non le fermano mica. Anche perché pensare unicamente alle maxi antenne, significa ignorare il prossimo lancio in orbita dei satelliti, per l’irradiazione del 5G dallo spazio. Oppure ignorare come dal 1 Luglio 2022, disponibile per il 5G anche la banda a 700 Mhz, una singola antenna potrà irradiare fino a 20 km. di distanza, mentre le mini-celle spuntano sui lampioni della luce e nei tombini sotto i marciapiedi, ogni poche decine di metri E allora?
E’ quindi chiaro che il Sindaco, adesso come non mai, in assenza di un Governo precauzionista sia chiamato a condurre una dura battaglia politica, perché se da un lato vede i suoi poteri di intervento drasticamente ‘ridotti’ e circoscritti anche dall’ultima sentenza del Consiglio di Stato, però dall’altro sono ‘aumentate’ le sue responsabilità civili, penali e amministrative, trovandosi esposto ad eventuali giudizi non più solo per mano delle compagnie telefoniche, ma anche da parte di cittadini e comitati, che incalzano in assenza del rischio zero e di qualsiasi certezza sulla non nocività del 5G sovrapposto a 2G, 3G, 4G e Wi-Fi.
Come ben chiarito su La 7 dal Presidente dell’Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia Franca Biglio e poi alla Camera dei Deputati da Domenica Spinelli del coordinamento della Rete dei Sindaci per la Moratoria 5G, oggi il Sindaco è infatti stretto nella morsa del drago, tra l’incudine e il martello. Per questo la battaglia deve necessariamente spostarsi su un piano politico. Prima che sia troppo tardi (qualora non lo fosse di già).