Salviamo Tor di Valle dalla speculazione.
Un “bene comune” romano, che da anni rischia di essere sottratto alla collettività, con lo scellerato tentativo di approvare la variante urbanistica per cambiare la destinazione d’uso dell’area verde di Tor di Valle, non di una periferia urbanizzata. Il Comitato Popolare Difesa Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà” da tempo cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo incombente e frenare, il progetto.
Il rischio sembrerebbe essere quello vedere trasformare aree agricole in parcheggi e strade per costruire lo stadio e di cambiare la destinazione d’uso degli impianti sportivi dell’ippodromo costruito da Julio Lafuente, in terreni edificabili per un altro Business Park.
«Un’ennesima “nuova centralità” che comporterebbe altra cementificazione, con un mostruoso consumo di suolo, in un’area ricca di biodiversità e ad altissimo rischio idrogeologico, col solo scopo di aumentare le rendite dei terreni dei proprietari e fare window dressing ai bilanci delle banche verso cui i proprietari sono indebitati» fanno sapere dal Comitato.
Fortunatamente l’interminabile iter, che il Comune di Roma avrebbe voluto finalizzare con “un regalo di Natale ai tifosi”, ha subito di recente uno stop dovuto ai pignoramenti che gravano sui terreni interessati dall’operazione.
É bene ricordare che un parere negativo alla speculazione su Tor di Valle per lo Stadio della Roma venne espresso dal Giudice Ferdinando Imposimato il 23.01.2017 con la collaborazione degli avv. Carla Canale e Edoardo Mobrici. Il documento chiariva in modo inequivocabile che “l’utilizzabilità dell’area ai fini dell’intervento de quo è condizionata dal raggiungimento di una compatibilità con le attuale condizioni di pericolosità e/o rischio idraulico, e dovrà essere conseguita attraverso la realizzazione di specifiche opere di messa in sicurezza dalla piena del fosso di Vallerano. […] É altresì evidente che, in tale situazione (carenza di dichiarazione di non pericolosità idraulica) nessuna variante urbanistica comportante aumento di carico antropico sulle aree a rischio per fenomeni idraulici di tipo R3 e R4, potrà essere adottata da Roma Capitale“.
Nell’appuntamento di martedì 1 dicembre, dal tema appunto “Stadio della Roma e Tor di Valle” di quell’area quale ‘bene comune’, si è ribadita la necessità di avere una legge sui beni comuni, scopo per il quale due anni fa è nato il Comitato Rodotà di Roma e Nazionale. Quest’ultimo presentò il disegno di legge delega della commissione Rodotà del 2007, per risistemare l’intera materia della proprietà pubblica partendo dal Codice Civile, con un approccio innovativo incentrato su una visione ecologica di lungo periodo. Obiettivo tuttora perseguito. L’azione di difendere i beni comuni è un’azione che richiede diverse pratiche, una delle quali è la pratica politica parlamentare, l’altra è la partecipazione dei cittadini, la militanza delle persone che rivendicano e riconosco un determinato territorio come bene comune: i beni comuni esistono in quanto riconosciuti!
Tornando allo Stadio di Roma, si è espresso il Sottosegretario di Stato per il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Roberto Morrassut: “per quanto riguarda Tor di Valle, non condivido la scelta. La Roma è un patrimonio dei cittadini così come La Lazio, sono una memoria importante quindi comprendo che l’amministrazione faccia uno sforzo per cercare di evitare che questi patrimoni vadano perdendosi, è giusto. Però, un conto è dire questo, un conto è attivare una procedura urbanistica sbagliata.
Errata intanto per l’organizzazione dell’intervento su un area delicatissima, che non a caso è rimasta intatta durante l’onda della speculazione negli anni del dopoguerra, mentre il resto della città che in quel territorio si è urbanizzata quasi completamente (tra la Magliana e l’Eur). Si è salvata in quanto è un’area che ha la sua delicatezza, una sua particolarità, oltretutto già attraversata da infrastrutture di urbanizzazione primaria importanti. Ci sono delle complessità evidenti. Inoltre, errata è la legge sugli stadi. Legge che ottenne il benestare del partito democratico, all’epoca l’ho anche votata segnalando però che non ne condividevo l’impostazione.
Errata intanto per l’organizzazione dell’intervento su un area delicatissima, che non a caso è rimasta intatta durante l’onda della speculazione negli anni del dopoguerra, mentre il resto della città che in quel territorio si è urbanizzata quasi completamente (tra la Magliana e l’Eur). Si è salvata in quanto è un’area che ha la sua delicatezza, una sua particolarità, oltretutto già attraversata da infrastrutture di urbanizzazione primaria importanti. Ci sono delle complessità evidenti. Inoltre, errata è la legge sugli stadi. Legge che ottenne il benestare del partito democratico, all’epoca l’ho anche votata segnalando però che non ne condividevo l’impostazione.
Quella legge introduce un meccanismo pazzesco: per fare l’intervento sportivo quest’intervento deve essere fatto a costo zero, che vuol dire che tutto deve essere pagato attraverso valorizzazioni immobiliari. Quindi più l’intervento necessita di opere pubbliche, che devono essere cedute dal comune, più deve essere alta la valorizzazione immobiliare. Tante è vero, che il primo progetto, che architettonicamente non era neanche brutto, era un carico pazzesco di sviluppo immobiliare in un momento di basso mercato (del terziario) che oggi è bassissimo. Su un’area fragile, che non presenta vincoli particolari, sui quali l’autorità di bacino credo si sia espressa segnalando la necessità di TANTE OPERE IDRAULICHE ( che sono un ulteriore costo) ma che non sono necessariamente risolutive. Gli interventi di protezione idraulica realizzati ai fini dello stadio e dell’insediamento edilizio che ruota intorno, proteggono quella zona ma SPOSTANO IL PROBLEMA del rischio IDROGEOLOGICO più a valle, spostano i cosiddetti picchi di piena. É logico che quando si impermeabilizza una zona poi l’acqua scorre a valle. Valle Galeria, dell’entroterra del Tevere, una zona dove l’intervento accrescerebbe i problemi. Una scelta secondo me sbagliata, l’ho detto in assoluta minoranza e lo ribadisco ora. Smembrare l’area verde di Tor di Valle è una follia, sono 3 anni che se ne parla ma è la follia vera che purtroppo per le contraddizioni della politica romana si è cavalcata. Pensando che la Curva fosse un bacino elettorale, ma alla fine la gente vota come gli pare: non è che se gli fai lo stadio poi ti vota!»
Ci sono tante persone e comitati che in questi anni hanno contrasto il progetto Business Park Stadio, che hanno proposte valide che presto presenteranno.