Nella 1° parte del presente articolo ho discusso di come il dibattito contemporaneo sull’argomento sia molto vivo, con l’accesa contrapposizione tra chi ritiene l’omosessualità abbia cause genetiche e chi ritiene abbia cause ambientali (cioè determinate dalle vicissitudini delle relazioni familiari o delle esperienze infantili). Ho continuato spiegando che le convinzioni e le teorie sono varie e discordanti tra loro, ma che per fortuna però la piega che sta prendendo questa discussione scientifica sta convergendo sul fatto di “normalizzare” l’omosessualità e considerarla semplicemente una scelta sessuale, un modo di stare al mondo tra tanti possibili modi di stare al mondo tutti degni di un’accettazione rispettosa e non giudicante. Terminavo l’articolo ponendomi la domanda del perché però ci fosse (da secoli e in diverse parti del mondo) tutto questo accanimento sull’omosessualità, questo bisogno di voler “normare” i comportamenti e le scelte sessuali degli individui da parte della politica, della religione, della socio-cultura insomma di un popolo. La psicoanalisi anche si è posta questo interrogativo e ha cercato di analizzare questi comportamenti umani che, ricordavo, hanno portato ad uno stigma spesso finito in assassinio. Tanto per citare un evento storico: durante il periodo fascista non solo gli ebrei, ma anche gli omosessuali venivo deportati nei lager ed uccisi. Ed in diverse parti del mondo oggi gli omosessuali sono imprigionati o uccisi, rei di essere attratti sessualmente da una persona dello stesso sesso. E la psicoanalisi, che ha tanto influenzato il modo di pensare del ‘900, non ha aiutato a vincere il pregiudizio culturale (tanto che, ricordavo, l’omosessualità è stata considera un disturbo mentale fino agli anni settanta del ‘900) poiché il pensiero di Sigmund Freud era che essa fosse frutto di un’intensificazione di angosce infantili e che potesse essere “curata” con la psicoanalisi. Freud riteneva infatti che fosse causata da un’intensificarsi dell’angoscia di castrazione infantile, un fatto che lui riteneva universale nei bambini maschi (si occupò soprattutto dell’omosessualità maschile). In estrema sintesi: nella teoria dello sviluppo psicosessuale di Freud i bambini maschi attraversano una fase (la fase edipica, tra i 3 e i 5-6 anni) in cui sono molto angosciati dalla paura inconscia che il padre possa punirli, castrandoli, per i loro desideri erotici verso la madre. Quando questa paura non viene superata attraverso l’identificazione del bambino maschio con il padre ed il superamento del complesso edipico e della fase edipica, può aversi uno sviluppo sessuale omosessuale, con il riacutizzarsi dell’angoscia di castrazione ogni qual volta rivolgerà i propri desideri erotici verso una donna. Detto in altri termini in questo adulto, dal punto di vista della psicoanalisi ortodossa freudiana c’è un bambino che non ha superato lo step della fase edipica per accedere alla fase di sviluppo sessuale successiva. Ciò lo spingerebbe quindi verso scelte omosessuali meno inconsciamente angoscianti. Come si può intuire, intrinseca in tale visione c’è il fatto che l’omosessualità possa essere “risolta” e “curata” da un percorso psicoanalitico che affronti l’angoscia inconscia di castrazione infantile non risolta nell’adulto. Motivo per il quale questa posizione è duramente contestata oggi dalla stessa comunità psicoanalitica.
Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta
Psicoterapie individuali, di coppia e familiari
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