La grotta dei serpi nella tenuta di Villa del Sasso

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la grotta delle serpi

Serpi – Il racconto di prodigiose guarigioni suscitò l’ira funesta dei medici che diedero fuoco alla spelonca e dispersero i rettili.

di Angelo Alfani

Pochi luoghi suscitano sì forti  emozioni quanto le terre che, scavallando da Monte Santo fin oltre Monte delle Fate verso l’occaso, e Monte La Puglia al levar del sole, dirupano poi in direzione delle fertili terre di Montetosto e le selve della Manziana.

Giovanni Patrizi, senese, acquistò tale  tenimento di rubbia 1.544 dal Santo Spirito trovandoselo nella calza della  Befana dell’anno 1552.

A buon diritto chiamano Villa il tenimento del Sasso perché innalzandosi in colle aprico può dirsi la Frascati della Maremma. Da quel colle è dato di salutare i flutti cerulei che rompono alle prode tirrene, laddove per chi ha sentimento e cuore romano ogni sasso è una storia: nullum sine nomine saxum.”

Così la descrive il dottore Andrea Belli nel libro Diporti e riposi villerecci più specificamente nel capitolo “La grotta stalattitica della Maremma” uscito nella primavera del 1844, in quattro puntate, sul settimanale Notizie del giorno.

Un territorio ideale, grazie alle sorgenti ed ai fossi che lo serpeggiano, alla sua posizione di leggera collina, ai boschi ricchi di selvaggina e di grotte, riparato dai monti ed aperto alla piana di Furbara.

Le numerose necropoli, fin da tempi protostorici, attestano una presenza umana stabile: dal villanoviano, alle vestigia romane, di cui le popolarissime un tempo, oggi miserevoli, Caeretanaeaquae , ne sono testimonianza, all’ architettura semplice  del Borgo. Degli ultimi decenni meglio non parlarne.

Se ancora una buona parte del tenimento può essere considerato un Eden, l’insorgenza di Monte delle Fate è un concentrato di fantastiche presenze.

Lo si raggiunge con facilità dal Borgo, camminando per la strada che scende all’interno, deviando subito dopo nella strettoia fessurata che porta alla sfracellata Pian della Carlotta.

È all’interno di questa piccola oasi che sono presenti le due grotte di cui desidero raccontare:la grotta dei serpenti o meno prosaicamente le bucacce, e quella delle stalattiti, o grotta Patrizi.

la grotta delle serpiLa Grotta delle serpi nella tenuta di villa del Sasso

La prima, da sempre definita: “Meravigliosa grotta dei serpenti” è posta in cima al colle ed il racconto sulle sue prodigiose guarigioni grazie alle serpi ed ai miasmi solfurei si perde nella notte dei tempi.

La prima relazione, di una certa ampiezza e corredata di un disegno topografico della zona, pervenutaci è una memoria in latino a firma del medico francese Petrus Bourdelot , dal titolo Despelunca et serpentibus caeretanis, conservata alla Biblioteca Vaticana.

Il Bourdelot visitò e studiò il luogo per incarico del cardinale Francesco Barberini, lasciandoceneuna diffusa nota, stesa probabilmente intorno al 1635.

La sua memoria ricorda con dovizia di particolari le straordinari virtù della grotta nel debellare mali altrimenti incurabili: elefantiasi, gotta, artritide.

E dopo aver citato, facendo i nomi, numerosi casi di guarigioni, passa a dissertare sulle virtù in generale delle acque curative e delle loro emanazioni, sui serpenti, sui veleni.

Quanto avveniva nella “clinica dei serpenti al Sasso  è minuziosamente riportato da P.Labat, vissuto a Civitavecchia dal 1709 al 1715 nei suoi  Voyages .

La “grotta meravigliosa dei serpenti, com’egli la chiama, è descritta come composta di due ambienti, l’uno, l’anteriore, grande ed alto, l’altro più piccolo e basso; l’apertura esterna è sufficientemente ampia perché anche il secondo ambiente possa ricevere un po’ di luce. Nell’apertura della grotta interna vi era una porta a vetri che permetteva di vedere cosa accadeva. “Le serpi che, nel resto del mondo, sono temute perché malefiche, quelle di questa grotta sono le più oneste e caritatevoli creature dell’universo”.

Era costume portare in questa grotta malati oramai “abbandonati”dalla medicina ufficiale: leutici, affetti da malattie della  pelle, ulcerosi i quali, carosati e addormentati con  oppio,venivano calati, grazie a del cordame, nella grotta più interna.

Serrata la porta, si attendeva in un silenzio funebre lo straordinario evento. Da ogni buco non tardavano ad uscire ogni sorta di serpenti, attratti dall’odore e dal sudore del malato,di cui iniziavano a lambire il corpo da capo a piedi, senza trascurarne la minima parte, con i più piccoli che entravano nelle narici, nelle orecchie, nella bocca. Ad opera compiuta, si poteva essere certi che non v’era in quell’organismo «plus d’impurité, plus de corruption». Questa la “cura” descritta da Labat, che ne parla come di accadimenti desueti.

Queste guarigioni così a buon mercato – egli scrive – irritarono grandemente i medici, i quali ne erano danneggiati nei loro interessi; tanto grandemente, ch’essi decisero di porvi fine. Cominciò così una azione di propaganda demolitrice: ma che guarigioni! – presero a dire. Non solo c’erano tanti a cui l’esser ricorsi alla grotta non aveva portato alcun beneficio, ma s’era persino dato il caso che ad alcuni era costato la vita! E anche più avanti si spinsero, a quanto sembra; poiché era ad essi che il pubblico si dirigeva per la preparazione delle pozioni di oppio, si diedero a fornirlo o in dose eccessiva, in modo che il malato, anziché assopirsi per alcune ore, si addormentava nel sonno eterno, oppure in dose troppo scarsa, così che il disgraziato si svegliava dopo breve tempo, e vedendosi avvolto da così  innumerevoli serpi soccombeva per sincope. (Nei polverosi documenti della chiesetta di Santa Croce, da alcuni anni custoditi nel caveau della Curia, sono riscontrabili morti per overdose; così come si racconta fosse consuetudine, fino agli anni sessanta, prescrivere pillole  per rincoglionire le donne dei borghi).

Nonostante tutto il numero e l’eccezionalità delle guarigioni sovrastò le calunnie, determinando che il dosaggio di oppio fosse fatto “in casa”. Ai medici non restò, estrema ratio, che appicciare il fuoco ai folti roveti e l’intricato cespugliame dattorno alla grotta, abbruciando i serpi o disperdendoli sì che, per lungo volger di anni, non ve se ne vide alcuno. Quel provvido sistema curativo che per secoli aveva funzionato divenne solo flebile ricordo, ed i medici hanno trionfato, e hanno riempito i Cimiteri, come sono costumati a fare.

Al passeggero, allorquando l’astro del giorno, che per volgare intendimento in grembo al mare s’annida, ed abbandona la terra nel silenzio e nella oscurità dell’umida notte spezzata solo dal cantar notturno della civetta annunciante sventura, resta soltanto la speme di poter vedere ,tramezzo le frondose querce, alzarsi nel cielo caldi fumi.

Nota
Sono debitore a Pierre Bourdelot, P. Labat, A. Belli, O.Morra, A. Colica

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