CARBOIDRATI BUONI E CARBOIDRATI CATTIVI

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carboidrati

Gli zuccheri che fanno bene e quelli da evitare

di Alfonso Lustrino

I carboidrati sono la fonte di energia principale del nostro organismo e sono una parte cruciale di qualsiasi dieta sana, ma bisogna distinguere quelli buoni da quelli cattivi. I carboidrati possono essere sia semplici (i cattivi) che complessi (i buoni) in base alla loro composizione chimica e a come vengono elaborati dal nostro organismo.

I CARBOIDRATI SEMPLICI
Sono zuccheri semplici, facili da digerire, con poco valore nutrizionale per il nostro organismo. Le fonti di carboidrati semplici da limitare nella nostra dieta includono:
– Zucchero (ovviamente)
– Bibite zuccherate
– Caramelle
– Sciroppi artificiali
– Pane bianco, pasta bianca e riso bianco
– Patate (che sono tecnicamente carboidrati complessi, ma agiscono più come carboidrati semplici)
– Dolci e dessert

Quanto più è alto il contenuto di zuccheri e quanto più è basso il contenuto di fibre, tanto peggiore è la qualità dell’alimento. La frutta è in realtà costituita da carboidrati semplici, quindi zuccheri semplici, anche se sono drasticamente diversi da altri alimenti della categoria come torte, bibite ecc. La fibra della frutta e della verdura, però, cambia il modo in cui il corpo processa i loro zuccheri e rallenta la loro digestione, il che li rende simili ai carboidrati complessi.

I CARBOIDRATI COMPLESSI
C
ome quelli dei cereali integrali e dei legumi, contengono catene più lunghe di molecole di zucchero. In genere hanno un carico glicemico più basso e il nostro organismo impiega più tempo per digerirle e utilizzarle. Questo si traduce in una produzione di energia costante nel tempo, senza picchi repentini di insulina e conseguente ipoglicemia reattiva.Per usufruire di carboidrati “buoni” basta scegliere pane, pasta, pizza e riso integrali al posto dei loro omologhi raffinati, evitando cibi composti da carboidrati semplici.

Leggere l’etichetta è fondamentale: la conoscenza è la migliore arma per salvaguardare la nostra salute, anche perché grande distribuzione e pubblicità spesso ci indirizzano verso i cosiddetti cibi spazzatura.
Nel caso specifico bisogna andare a leggere nella tabella nutrizionale (quasi sempre scritto in miniatura) “Carboidrati di cui zuccheri”. Nella colonna “per 100g di prodotto” si potrà facilmente leggere i grammi di zucchero presenti (che corrisponde alla presenza in percentuale). Quindi, ad esempio, un biscotto con 25 g di zucchero su 100 g di prodotto, fatti con farina raffinata, evidentemente rappresenta un prodotto dall’altissimo indice glicemico.
Per la cronaca, una lattina di aranciata (marca leader) contiene 39 g di zucchero, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia di non superare i 25 g giornalieri! E pensare che lo zucchero viene aggiunto anche negli omogeneizzati per neonati…

L’indice glicemico di un alimento fondamentalmente ci dice quanto velocemente la glicemia aumenterà dopo aver mangiato i carboidrati contenuti in quel dato cibo rispetto agli effetti che si avrebbero a mangiare zucchero puro (che ha un indice glicemico di 100). Gli alimenti con un basso indice glicemico sono generalmente più sani per il nostro organismo e ci danno un maggiore senso di sazietà. La maggior parte, ma non tutti, dei carboidrati complessi rientrano nella categoria a basso indice glicemico.

Ovviamente un alimento può contenere carboidrati che hanno un alto indice glicemico, ma se ne vi è solo una piccola quantità non avranno un grande impatto. Un esempio di un alimento con un alto indice glicemico, ma un basso carico glicemico è l’anguria che ovviamente ha un sapore dolce ma è per lo più composta da acqua. Basta scegliere i cibi ragionevolmente. Leggiamo le etichette, cerchiamo di evitare dessert dallo scarso valore nutritivo o bevande ultrazuccherate, prendiamo sempre in considerazione i livelli di zucchero e fibra degli alimenti, utilizziamo cereali integrali al posto di quelli bianchi e raffinati, consumiamo frutta e verdura in abbondanza per ottenere tutta l’energia di cui il nostro organismo ha bisogno.
Possiamo goderci la nostra fetta di torta in determinate occasioni, ma non deve essere un’abitudine.