INTERVISTA A GUIDO VENANZONI: “VOGLIO FAR SAPERE AL MONDO CHE L’ULTIMO APPRODO DI CARAVAGGIO È STATO A LADISPOLI”
di Barbara Pignataro
Siamo andati nella bottega di Guido Venanzoni per conoscere l’uomo e il pittore che, porterà la città di Ladispoli nel mondo, attraverso il suo Caravaggio. Identikit dell’artista promotore del progetto inedito di raccontare la vita dell’artista su tela.
Cosa le viene in mente se dico pittura? Una cosa seria. Come architettura o ingegneria: una scuola in cui apprendere i segreti che nei tempi sono stati tramandati. Nella pittura la preparazione è più importante dell’ingegno naturale.
Caravaggio è noto per essere un visionario, eppure la sua arte non è invenzione ma la vita stessa, pura realtà. Secondo lei come arriva a tale innovazione? Ho una mia teoria al riguardo, Caravaggio è stato spinto ad essere così geniale grazie ai maestri che ha seguito. Ma più di tutti, è stato influenzato dal Cardinale Del Monte curioso di scienza, astronomia, arte. Amava circondarsi di geni, tra cui Galileo Galilei. Quest’ampia visione ha indirizzato il talentuoso Merisi all’innovazione che lo contraddistingue.
I colori. Il colore ha una base scientifica per avere certi effetti belli, come una volta, c’è una base tecnica per capire come miscelarli. Faccio un esempio: due colori puri insieme stonano, non si possono mettere, in natura non esistono. Prendi il cielo: celeste e bianco e, come lo sporchiamo? Una puntina di terra di Siena bruciata e lo rendi reale. Su tutti i colori rende il quadro vero. Nessuna improvvisazione, alla base delle mie opere tanto studio e sperimentazione.
Chi è l’artista adesso? Del termine artista oggigiorno si abusa, è usato a sproposito. Caravaggio è un artista: idee, tecnica, talento. Si definisce un artista? No, un tecnico. Voglio restare fuori dal calderone.
Quando un’opera è davvero finita? Mai, starei sempre a dipingerci sopra, mia moglie lo sa! Ma non rischia di rovinare l’opera? No viene sempre meglio. Sapersi fermare è difficile. Non sono mai soddisfatto. «Voglio riportare il bello nell’arte!»
Cosa di un suo dipinto mette meglio a fuoco la sua personalità artistica? I ritratti: gli incarnati mi vengono bene. Non copio foto, ma la realtà. Giudo vuole fondere passato e presente. Ribadisco l’importanza della tecnica: in un mio ritratto il soggetto si riconosce. Come si fa? Nelle botteghe d’arte si insegnava l’uso della terra, dei bruni, i complementari sono impressionisti. Dalla fusione di due tecniche nasce la realtà.
Da dove nasce la pittura di Guido? A 15 anni mia zia mi ha regalato una cassetta di colori, non mi sono più fermato. Sono 55 anni che dipingo, dalle miniature su rame con acrilici di cui sono stato il promotore in Italia ad oggi, che promuovo la verità sulla vita di Caravaggio.
La passione per Caravaggio, come è arrivata? Come per tutti, è nata da piccolo. Ribadisco per tutti, perché Michelangelo Merisi è il pittore che affascina un vasto pubblico per la perfezione che nel 1600 ha portato. Caravaggio al pari di un contemporaneo, stupisce per la netta differenza, ha rivoluzionato il modo di concepire un dipinto. Ha rotto gli schemi seguendo altri schemi, ha avuto il coraggio di portare in scena persone vere: l’uomo come modello anziché lavorare di fantasia. Quello brutto, quello storto, con i piedi zozzi: l’audace Merisi si è lasciato guidare dal Cardinal del Monte.
Che impressione cerca di suscitare in chi osserva i suoi dipinti? Piacere, come guardare un camino acceso, un tramonto, una bella donna!
L’arte è rappresentazione o reinterpretazione? Tutte e due.
L’incontro con Vittorio Sgarbi cosa rappresenta per lei? É come per Caravaggio, aver conosciuto il Cardinal del Monte! É la persona più importante nel campo dell’arte in Italia, un desiderio che avevo fin da giovane. Sgarbi apprezza i miei dipinti, a gennaio mi ha invitato a partecipare a questa importante mostra nella sua città. Sono emozionato e onorato di esporre le mie opere, distribuite in 2 sale, fino al 17 gennaio 2021. Un’occasione unica.
L’arresto di Caravaggio a Palo e l’incontro con Vincenzo Pacelli. Il grande studioso si interessò al suo progetto, unico al mondo, di raccontare la vita del Merisi su tela. Una vita turbolenta, ancora con tanti nodi da sciogliere, una sua sfida? Lessi un libro di Crescenzo Paliotta, il quale spiega che Caravaggio è approdato a Ladispoli, non lo sapevo, la notizia è stata l’input che ha portato alla realizzazione di L’arresto di Caravaggio. Chiamai l’illustre Pacelli, interessato, partecipò nel 2013 al convegno sul tema, organizzato a Ladispoli, lui mi presentò Sgarbi.
La morte di Caravaggio è ancora un mistero per movente e luogo, quello della morte è un tema che il pittore descrive con rigore medico-scientifico, che rapporto ha lei con morte? Non ho paura della morte in se stessa, ma solo di non dipingere più, ho ancora tanto da dire e fare.
Michele Placido sta girando un film sulla vita dell’artista, è venuto a Ladispoli per sopralluoghi, un caso? No, affatto. Sono stato contattato dal regista, in qualità di esperto della vita di Caravaggio, fu mio ospite, cercava supporto per la realizzazione del film, produzione interrotta con l’emergenza.
La mostra a Sutri, un punto d’arrivo oppure una partenza? Esporre al Museo di Palazzo Doebbing è un’immensa soddisfazione, il coronamento di una carriera ma il percorso inizia ora. Desidero certificare che l’ultimo approdo di Caravaggio è avvenuto a Ladispoli. Voglio dichiararlo al mondo. Vincenzo Pacelli ha scoperto alcune lettere che avvalorano questa tesi. Raccontano di un Caravaggio che da Napoli, convinto di essere al sicuro, sbarca a Palo per raggiungere Roma, dove non fu mai arrivato, arrestato prima da emissari dei cavalieri di Malta, proprio nel nostro territorio.