Io resto a casa.
Con i miei libri che rileggerò
/Hemingway – D’Annunzio – Corrado Alvaro – Proust/,
i miei pensieri sopra antiche strade, la mia gatta a ciambella sul sofà.
Io resto a casa.
Coi miei giganti girasoli finti,
/al di sopra svettanti un vaso scabro/
che mi rammentano la solarità d’una estate vicina, tumultusa.
Io resto a casa.
Col forasiepe sopra la veranda
a beccucchiare briciole di pane che ogni giorno gli porgo
come obbligato fossi a un rito sacro.
Io resto a casa.
Coi miei quadri poveri, arruffati,
le mie poesie dentro gli otto libri, il clarinetto dalle chiavi argento,
e la marca dorata in evidenza.
Io resto a casa.
Con le mie azalee, che sentono fulgori di dolcezza
hanno il colore aperto a un cielo
nudo,
ed occhieggiano ora, intimorite da un vento lieve che le bacerà.
Io resto a casa.
Obbediente come scolaretto al suo sentore saggio che gl’insegna
le regole precise della vita;
lo scolaretto che tra un poco tempo avrà ottant’anni e certo ubbidità.
Dario Rossi
Cerveteri, 15 marzo 2020