Le polmoniti virali tipiche e quelle atipiche, come comportarci?

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Dottor Professor Aldo Ercoli
Dottor Professor
Aldo Ercoli

L’influenza si presenta ogni anno da noi provocando un aumento degli indici di morbilità (possibilità di ammalarsi) e mortalità.
L’infezione si trasmette dall’autunno inoltrato fino ai primi due mesi dell’anno successivo da persona a persona per stretto contatto fisico o per aerosol attraverso le goccioline di Flugge (tosse, starnuti, saliva etc …).
Breve è il periodo di incubazione (di solito va da 1 a 3 giorni).
L’affezione colpisce più frequentemente i bambini in età scolare, mentre i tassi di mortalità più alti si registrano nelle persone anziane con più di 70 anni.
Quali sono le manifestazioni cliniche?
L’influenza è caratterizzata da un brusco esordio con febbre, brividi, cefalea, dolori muscolari, stato di malessere generale, mal di gola e tosse. Ora dobbiamo distinguere le forme non complicate dell’infezione. Nella forma non complicata la malattia acuta si risolve in genere in 2-5 giorni e la maggior parte dei pazienti guarisce entro 7 giorni.
Più problematiche sono le forme complicate, la più comune delle quali è la polmonite.
Qui va fatta una essenziale distinzione tra la polmonite primaria influenzale e la polmonite secondaria da sovrainfezione batterica oppure da forme miste,
Virali e batteriche. Va precisato che la polmonite virale primaria (che rientra nelle polmoniti atipiche) è la meno frequente, ma certamente la più grave.
Il quadro clinico è evolutivo in quanto i pazienti non sfebbrano e sviluppano una dispnea (affanno) progressiva con tosse secca, con scarso espettorato.
Si può arrivare così alla cianosi con sindrome respiratoria acuta grave.
Basilare è la radiografia del torace che mette in evidenza infiltrati interstiziali diffusi oppure una sindrome da stress respiratorio.
Più predisposti a queste polmoniti virali sono i malati cardiovascolari, specie con stenosi mitralica, ma anche bronchitici cronici, epatopazienti, nefropatici, neoplastici, specie coloro che sono affetti da più malattie concomitanti (comorbilità).
Qual è invece il quadro clinico della polmonite batterica?
Dopo il virus ricompare secondariamente la febbre con tosse grassa (produttiva).
La semeiotica medica e l’esame obiettivo polmonare evidenziano un’ottusità alla percussione con assenza di fremito vocale tattile (stadio di epatizzazione).
Lo Streptococcus pneumoniae, lo Staphylococcus aurens e l’Haemophilus influenzae sono i batteri più frequenti. Come detto sono anche qui i pazienti anziani o con malattie polmonari croniche o cardiache quelli più a rischio.
La polmonite acquisita in comunità (CAP) va distinta da quella non ospedaliera (HAP). I potenziali agenti eziologici della CAP (forma domiciliare) sono molteplici: batteri, funghi, virus e protozoi. Come fare diagnosi? Se escludiamo il 2% dei pazienti con CAP che sono ammessi nelle Unità di terapia intensiva (UTI) possiamo asserire che non esiste alcun grado di dimostrare che il trattamento diretto a un patogeno specifico sia statisticamente superiore alla terapia empirica.
Che significa? La medicina basata sull’esperienza clinica (anamnesi, semeiotica, esame obiettivo clinico) é basilare. In 45 anni di professione quale broncopneumologo, mi sono sempre interrogato sui vantaggi della valutazione di un’eziologia microbica soprattutto alla luce dei costi dei test diagnostici.
Se non sospetto un patogeno atipico (micoplasmi, clamidie, virus etc) ho sempre trattato e curato a domicilio ogni forma di polmonite batterica tipica senza far ricoverare il paziente. E così, sono sicuro, si sono comportati tanti altri medici di famiglia che, pur non essendo broncopneumologi, hanno visitato accuratamente il malato. Mi sono limitato al ricovero solo quando le condizioni cliniche erano severe e in qualche forma atipica. La strategia terapeutica negli ultimi decenni che ho intrapreso é però variata in considerazione della mutata resistenza agli antibiotici classici, routinari. Mi sono avvalso dei macrolidi, tetracicline, chinolonici.
Ho avuto decessi domiciliari in queste forme di polmoniti virali tipiche, non complicate, con sovrainfezione batterica? No.
In alcuni sporadici casi sì, ma solo quando il paziente, da me valutato in condizioni terminali, ha rifiutato il ricovero. Gli stessi familiari volevano che restasse a casa. L’etica medica é importante. <Dottore non vogliamo che il nostro anziano parente muoia in un letto ospedaliero, vogliamo tenercelo qui fino all’ultimo giorno, vogliamo stargli accanto fino all’ultimo momento>.
Come potevo dire di no? La decisione é certamente difficile. La decisione di ricoverare in ospedale un paziente affetto da CAP ha delle importanti conseguenze. I costi della gestione intraospedaliera sono pari a 20 volte quelli della gestione domiciliare. Ma non é quello il vero problema.
Sono del parere che, valutati i rischi di eventi avversi, incluse complicanze gravi e morte, i ricoveri ospedalieri non siano necessari. La polmonite influenzale con febbre persistente molto alta e segni radiologici di interstiziopatia necessita invece di ricovero ospedaliero specie nei pazienti anziani con comorbilità (malattie cardiache e polmonari, metaboliche o autoimmuni).
In questi casi il tasso di mortalità é molto elevato. Una terapia di supporto in grado di controllare la febbre, ridurre la cefalea, alleviare la tosse, fornire un’adeguata idratazione, usufruire dell’ossigenoterapia può essere eseguita più efficacemente in ospedale.