Il termine simbiosi fu introdotto dagli psicoanalisti per descrivere il legame di fusione ed indifferenziazione tra il neonato e la propria madre. Nella relazione di coppia tale termine viene usato proprio per definire un comportamento fusionale, di mutua reciproca iper-dipendenza, con scarsa definizione dei confini interpersonali all’interno del rapporto a due. I partner della coppia simbiotica sembrano essere senza conflitti, ma ciò è vero solo in apparenza. Il fatto è che il conflitto, attivando in loro intense paure di rottura del rapporto, deve essere negato: e ciò può comportare però una “somatizzazione” delle tensioni emotive, disturbi d’ansia e dell’umore, oppure uno spostamento del conflitto sulla generazione dei figli. Il conflitto infatti, per definizione, differenzia, separa, allontana momentaneamente le persone che litigano e provano rabbia, ma migliora anche i rapporti interpersonali perché permette occasioni di crescita, scambi autentici e comprensione reciproca se, e sottolineo se, opportunamente e saggiamente regolato.
Nella coppia simbiotica il terrore del conflitto, invece, elimina l’area dello scambio reciproco: i due partner tendono a sopprimere ciò che li differenzia e ad esaltare gli aspetti in cui sono simili, soprattutto all’inizio della loro relazione.
Tale attitudine poi con il tempo si cristallizza e li irrigidisce nella negazione delle differenze e dunque anche nella negazione dello scambio, della crescita e del cambiamento psicologico sia individuale che come coppia che evolve e si trasforma nel tempo. I membri di tale coppia vivono entrambi in uno stato di insicurezza costante, pervasi da angosce abbandoniche e, come due piccoli “Hansel e Gretel” soli nel bosco, si tranquillizzano a vicenda stringendosi e restando fisicamente vicini. Paradossalmente l’insicurezza dell’uno è fonte di sicurezza per l’altro: infatti la forte angoscia d’abbandono che attiva nell’uno la continua ricerca ed il controllo dell’altro, rassicura quest’ultimo di “essere sempre pensato”.
Per tali motivi tali coppie hanno un saldo legame, ma più nel senso di essere come “incollati” che nel senso di essere intimi e complici. Essendo il loro legame fondato sulla paura della solitudine e dell’abbandono esso li rende con il tempo spesso infelici, poiché entrambi i partner sentono di dover sopprimere parti della propria personalità ed unicità, che ritengono l’altro non potrebbe accettare e tollerare, vivendo così vite emotive “tronche”. Per la paura di perdere l’altro finiscono con il perdere se stesse! In queste coppie il controllo reciproco è massimo e la passionalità, la creatività, la “novità” e l’imprevedibilità sono pressoché nulle.
È questa, infatti, una coppia i cui membri sono metodici e ripetitivi: non amano le sorprese, gli imprevisti, i viaggi e le distanze; sono molto dipendenti dalle famiglie d’origine (da cui non si sono mai “diplomati” come figli, cioè differenziati) e confinano la vita di coppia in percorsi prevedibili. In queste coppie non c’è spazio per i figli e se li hanno trasmettono loro il disagio per l’autonomia e la separazione fisica e psicologica. Il massimo delle difficoltà si verificano pertanto nell’adolescenza dei figli, i cui movimenti di separazione mandano in crisi il sistema familiare. Altre volte i figli sono trasformati in “figli-nonni” che devono farsi carico dei bisogni emotivi dei genitori.
Dottor Riccardo Coco
Psicologo – Psicoterapeuta
Psicoterapie individuali, di coppia e familiari
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