CERVETERI: “MEMORIE DI UN LUNGOMARE REMOTO”

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Carlo Grechi

Mostra personale antologica del pittore Carlo Grechi presso la Sala Ruspoli di Cerveteri dal 24 novembre. 

Il lungomare che fa da filo conduttore all’iconografia di Carlo Grechi è luogo di una memoria archetipa, ambientazione di fotogrammi di vita vissuta e simbolo di un confine. Un primo spazio mitico, nel quale – lungo il mare – donne ‘separate’ dal mondo si mutano in
emblematica ATTESA. Attesa di qualcuno che venga dal mare e le completi, ne ricomponga
quell’unità perduta che risuona in noi come il senso smarrito della vita. Vera protagonista quindi è l’ASSENZA e l’assente è l’Uomo, moderno Ulisse, in cerca di se stesso. Nei cicli successivi, queste donne diventano compagne di viaggio, inserite nei luoghi della memoria, dove il confine del mare viene sostituito da quello di una finestra, di una porta o di una
stanza familiare e le figure femminili diventano fisicità di sentimenti, momenti di vita, stati d’animo.

Carlo Grechi

Donne fatte soprattutto di sguardi rivolti verso un oltre, un ALTROVE che sembrano conoscere da sempre. “Pensa come sarebbe cambiata la Storia, se Adamo avesse ucciso il serpente…” mi disse Carlo un giorno. Ecco: l’uomo, assente in tutte queste tele, ha mancato. E’ stato inadeguato nel proteggere Eva dal serpente, dalle difficoltà
della vita. Eva, che la vita la porta in sé. Eva che si muove ora in spazi di sospesa assenza ed attesa, comunicando con tutta la forza espressiva del colore, del segno, della macchia prima, della sottrazione, del gesto poi – che Adamo deve riprendere il su posto: sconfiggere il drago e salvare la principessa. Salvare lei per salvare se stesso.

L’assenza dell’UOMO fa scorrere i fotogrammi un film senza sonoro, dove intuiamo il grido di dolore e di richiesta delle donne, bloccato però nell’afonia dalla mancanza di chi le sappia ascoltare. La sottrazione arriva sino al grido estremo, all’assenza totale di colore, alla sparizione delle figure, ed infine al nero profondo. Il limite del mare si fa limite dell’abisso. Crisi e dissoluzione dell’uomo contemporaneo, che nella drammaticità della rappresentazione e in bilico sulla sua insicurezza, cerca la sua vera identità, attraverso l’esaltazione del gesto, risorsa estrema dell’artista.

Carlo Grechi

Carlo Grechi ci trasporta in un profondo viaggio interiore, il più difficile, il più doloroso. Sulla soglia di questo viaggio le figure femminili scompaiono, perché le abbiamo interiorizzate in attesa di ritrovarle poi, come Dante ritrova Beatrice una volta riemerso alla Luce. E’ il viaggio della liberazione, dell’uomo che perdona se stesso per non aver ucciso il serpente, per essere stato spesso inadeguato o incapace di comprendere gli sguardi,
i silenzi, il messaggio delle donne. Questa mostra sintetizza quindi un RACCONTO
DELLA VITA. Il mare è un limbo, confine tra visibile e invisibile. Il viaggio è anche quello solitario dell’artista, albatros dalle ali da gigante, spesso incompreso, persino deriso ed isolato. Racconta anche di un viaggio nel quale qualcuno si perde, dal quale non fa ritorno. Ecco quindi la funzione di questa moltitudine di personaggi femminili: sono punti di riferimento saldi ed incrollabili, canne resilienti al vento della vita. Colte spesso in posizione
quasi fetale, nell’atto di abbracciarsi le ginocchia, gesto di auto-protezione con cui abbracciano al tempo stesso se stesse e la vita, pronte ancora una volta a levare le braccia al cielo come gabbiani, e finalmente, a dire “ti stavo aspettando”, “è te che ho sempre aspettato”.