Il potere occulto (?) del denaro

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debito pubblico

a cura della Dottoressa Anna Maria Rita Masin

dottoressa Anna Maria Rita Masin Psicologa - Psicoterapauta
dottoressa
Anna Maria Rita Masin
Psicologa – Psicoterapauta

È risaputo che il denaro è potere e dà potere. Quando si pensa alle persone agiate la fantasia viaggia verso cosa si farebbe con tanti soldi. Il potere del denaro, però, non emerge solo dai grandi numeri, dai grandi averi, ma anche dalle dinamiche quotidiane. Faccio degli esempi.

“A”: persona sposata con figli, lavora ma la sua attività viene svalutata continuamente dai famigliari del coniuge; viene, inoltre, criticata in modo velato. Per un recente acquisto (necessario per la famiglia), “A” ha accettato l’aiuto economico da parte della famiglia del partner anziché chiedere un prestito. “A”: accettando la comodità dell’aiuto economico del famigliare

1 – ha avvallato le intromissioni (passate, presenti e future) dei parenti nelle decisioni della sua famiglia nucleare,

2 – ha conferito ai parenti il potere di dire il proprio parere e di criticare i suoi comportamenti ed azioni,

3 – ha aumentato le possibilità che il suo lavoro e il suo reddito vengano svalutati. In poche parole, ha perso il potere del “capofamiglia” avendo anche fatto consegnare la “prima rata” della restituzione del denaro dal coniuge.

Cosa fare? Al fine di iniziare a riprendere le redini, “A” deve consegnare personalmente le altre rate della quota, andando direttamente a casa del parente dopo accordi telefonici. In questo modo il messaggio veicolato è: “Tu mi hai prestato i soldi e lo riconosco, ma sono io (IL CAPOFAMIGLIA del MIO nucleo famigliare) a restituirteli”.

“B”: persona adulta, sposata, con figli, non lavora (per scelta dopo il matrimonio) e l’economia famigliare si basa sull’entrata del coniuge. Durante recente un litigio con il partner, “B” riferisce di aver detto che se avesse la possibilità economica si separerebbe. La coppia formata da “B” e dal coniuge è una coppia in cui il potere è di chi porta lo stipendio a casa e di critica acerrima verso tutte le scelte di “B”, anche sulle scelte amicali.

Nel momento in cui “B” ha detto, nella rabbia, che se avesse la possibilità economica si separerebbe, “B” ha esaltato la consapevolezza del potere del coniuge e si è posta in posizione sottomessa, svantaggiata e rassegnata. Cosa fare? La riflessione ne consegue è che, solitamente in queste coppie, c’è un elemento passivo e provocatorio (solitamente silenzioso e delegante) mentre l’altro è attivo (che solitamente si assume in modo passivo le responsabilità) ma sottomesso. È necessario, in questo caso, cercare di mettere in equilibrio i due piatti della bilancia:

1 – “B” dovrebbe verificare se la separazione è possibile o no;

2 – rifiutare “passivamente” le responsabilità e le deleghe,

3 – razionalizzare le scelte.

“C”: coppia di neo coniugi: entrambi i genitori passano una quota mensile per aiutarli nelle fasi iniziali nonostante lavorino; i giovani coniugi accettano.

Analizziamo bene i messaggi che derivano da questi comportamenti. Le giovani coppie, in questo periodo storico, hanno difficoltà nei primi momenti del matrimonio e spesso le famiglie di origine contribuiscono all’economia della nuova famiglia spontaneamente. Ciò implica le seguenti possibili conseguenze:

1 – mantenimento del legame con le famiglie di origine;

2 – interferenze nelle decisioni della giovane coppia (ancora fragile);

3 – rallentamento nello svincolo.

P.S.: le comodità portano delle conseguenze a lungo termine spiacevoli.