La misurazione dei valori di pressione arteriosa sembra un atto banale, semplice, alla portata di tutti. Eppure non è cosi’. Vi sono alcuni accorgimenti essenziali quando si vogliono stabilire con certezza i veri valori sia della pressione arteriosa sistolica (quella detta “alta”) che diastolica (quella chiamata “bassa”).
Lo strumento migliore a tal fine è lo sfigmomanometro, ossia quel “bracciale gommoso” con annesso un tubicino che termina con “rotondo metallico”, su cui sono riportati i valori (da 0 a 300), con tanto di lancetta. E’ buona norma misurare la pressione ad entrambe le braccia ponendo l’apparecchio una decina di centimetri dal gomito (sto parlando del bordo inferiore dello sfigmo) proprio sopra l’arteria che si vuole esplorare. L’altro strumento è lo stetoscopio con tanto di doppio auricolaree due tubi elastici che terminano con il “rotondoascoltatorio”. E’ necessario che quest’ultimo sia posto non sotto lo sfigmomanometro bensi’ più in basso proprio sull’arteria brachiale. Altra nota essenziale è quella di mettere il “rotondo metallico” (quello con i valori e la lancetta) allo stesso livello del cuore.
Solo cosi’si può avere la giusta pressione arteriosa: se viene posto più in basso i valori sisto-diastolici saranno più alti; se viene messo più in alto del livello cardiaco saranno invece più bassi. Colui che utilizza questi due apparecchi (sfigmo e steto) deve, grazie alla “pompetta di plastica” portare la lancetta ad un livello elevato (ma non troppo perché provocherebbe dolore al braccio) a seconda dei valori pressori che il paziente ha comunemente.
Poi con l’annessa “rotonda valvolina” occorre far scendere la lancetta gradualmente fino a sentire il primo battito forte con lo stetoscopio. Si vedrà contemporaneamente la lancetta vibrare intensamente. E’ il chiaro segnale che l’arteria brachiale, prima chiusa dal manicotto dello sfigmo, si è aperta. E’ quella la pressione sistolica, detta anche “massima”. Facendo, piano piano, scendere di livello la lancetta si udiranno chiaramente i battiti fino ad ascoltare l’ultimo, ove la lancetta vibrerà di meno. E’ quella la pressione diastolica, detta anche “minima”. E’ buona norma ripetere almeno tre volte tale procedura perché all’inizio l’effetto emotivo (quello che in uno studio medico viene chiamato “effetto camicebianco”) è un elemento da non trascurare. Personalmente ricontrollo la pressione anche al termine della visita quando le condizioni di tranquillità psichica sono in genere migliori. Ciò specie quando vi è tachicardia, ossia quando i battiti cardiaci sono accelerati (ciò porta ad un innalzamento dei valori pressori). Talora è necessario richiedere (negli ipertesi) un esame chiamato Holter pressorio h24 che misura i valori sisto-diastolici in tutte le ore della giornata (di notte generalmente la pressione è più bassa). Lo sfigmomanometro a mercurio (molto usato in passato) è forse ancora più preciso ma, considerata la pericolosità del metallo (cosi’ come il termometro per misurare la temperatura) è in disuso.
Molto utilizzati perché di più facile esecuzione sono gli strumenti di misurazione arteriosa specie a domicilio basta, dopo aver applicato il braccialetto al polso, premere un pulsante per avere massima, minima e persino il numero di battiti cardiaci. A mio parere sono meno precisi. Occorre poi utilizzarlo non più volte, uno dietro l’altro, perché i valori, ve ne sarete accorti, saranno di volta in volta sempre più bassi. E’ invece la prima rilevazione quella più veritiera. E’ per questo motivo che consiglio di utilizzarli ogni 6-8 ore (mattino, pomeriggio, sera). Lo strumento va sempre posto all’altezza del cuore. Un ultimo avvertimento: la P.A. va misurata non dopo aver fumato o prima di essere andato al bagno (defecazione).
In questo articolo ho volutamente utilizzato un linguaggio “non scientifico” perché era mio intento quello di fornire elementi divulgativi (come sempre) facilmente comprensibili per i non addetti ai lavori. Non tutti saranno d’accordo su quanto ho scritto. E’ anche giusto il confronto con gli altri specialisti. Era mio dovere però riportare quello che è il frutto della mia quarantennale esperienza clinico pratica.