Il Morbo di Parkinson è una malattia degenerativa non ereditaria del sistema nervoso. Il termine “parkinsonismo” si riferisce all’insieme delle alterazioni della deambulazione e della postura, tremore, rigidità, lentezza nei movimenti (bradicinesia). Si tratta di “parchinsonismi” dovuti a farmaci tossici (fenotiazione, butirrofenoni, reserpina, etanolo, cianuro, metoclopramide etc) oppure ad encefalite letargica o associati ad altre malattie neurologiche. E’ del Morbo di Parkinson classico che voglio parlarvi, di quello decritto nel 1816 col nome di “paralisi agitante”: un tremore a tutto il corpo in un soggetto rigido, allarmato, talora semidemenziale. Questo però è il quadro finale (senza terapia) della malattia che insorge dopo qualche decina di anni dall’esordio.
Ma quali sono i sintomi e segni iniziali? Non è sempre facile individuarli. La lesione si trova nelle strutture pigmentate cerebrali troncoencefaliche specie nella parte compatta della “substantia nigra” del mesencefalo con deficit di stimolazione dopaminergica allo striato. Infatti dal punto di vista biochimica vi è disturbo sia quantitativo che qualitativo della dopamina a livello dei terminali assonici dei neuroni. Dicevo che la sintomatologia iniziale non sempre è facile individuarla. Sarà perché ho avuto accanto, per ventanni, mio padre parkinsoniano che asserisco questo? Pensate che all’inizio, quando aveva 50 anni, ci fu una diatriba tra specialisti neurologi sul suo caso. C’era chi sosteneva che non si trattasse di Parkinson e chi, effettivamente, quale il mio amico prof. Stefano Ruggieri (primario neurologo dell’allora Policlinico Umberto Primo) dubbi non ne aveva. Il tremore delle mani, la peculiare flessione carpo – metacarpica (flessione della mano sul polso) come “a contare le pillole” può mancare nelle fasi iniziali. Può esserci solo un tremore a riposo (ma che aumenta con lo stress) di 4-5 Hz solo in una mano. Oppure essere assente del tutto per il prevalere, in alcuni pazienti, delle rigidità. All’inizio non vi è quella faccia amimica, inespressiva , “da giocatore di poker”, la voce monotona e poco comprensibile perché il linguaggio è inceppato; la rigidità del corpo proteso in avanti; la flessione delle ginocchia; le braccia strettamente aderenti al corpo; i passi piccoli e “strascinati” con i cambi di direzione di marcia molto lenti (per girarsi il paziente deve effettuare diversi movimenti); la tendenza a cadere all’indietro (retro pulsione); la lipotimia (svenimento) dovuta all’ipotensione ortostatica. Solo dopo alcuni anni la deambulazione diventa incontrollabile con difficoltà a mettersi in moto e poi difficile a rallentarla. Cosi come la scrittura che diviene difficoltosa e soprattutto molto piccola (micrografia). Il diario personale quotidiano di mio padre, che ho ritrovato nella casa di Anguillara, aveva queste caratteristiche. Lui ricordo che parlava in modo “sbiascicato”, spesso incomprensibile. Aggiungeteci che il mio genitore era anche diabetico di lunga data con varie complicanze per farvi capire che, quando all’età di 70 anni (05-01-2000) venne a mancare, io, che lo avevo accudito, con l’aiuto di una badante, per una decina di anni in una casa allora di mia proprietà a Ladispoli, non versai per lui una sola lacrima. La sua era stata una liberazione di quella che non poteva più chiamarsi “vita”, ma sofferenza continua. Padre a parte ho visto, nella mia professione, moltissimi casi di Parkinson in stadi e con sintomi diversi: quelli motori (astenia, tremore,ipocinesia,rigidità); quelli posturali (atteggiamento in flessione piegato in avanti, instabilità nel camminare, fenomeno della “ruota dentata”, deambulazione radente il suolo a piccoli passi, difficoltosa all’inizio nel mettersi in moto e, poi, nell’arrestarsi. La stipsi, la seborrea, la sudorazione sono tutti disturbi vegetativi che variano da paziente a paziente. Più tardive sono le disfunzioni mentali: rallentamento del pensiero, l’insonnia, il deterioramento cognitivo, la depressione. Anche il disturbo motorio, della deambulazione all’inizio difficoltosa e poi non facile da fermare che ho già descritto (e che va sotto il nome di festinazione) si osserva, cosi come nella retropulsione, in uno stadio avanzato della patologia. Sto insistendo sulla semeiologia che è più alla portata dei lettori tralasciando la terapia che lascio agli specialisti neurologi. Vorrei terminare l’articolo, incentrato sui segni e sintomi iniziali, riferendovi un caso emblematico di quanto non sia, sempre inizialmente, semplice la diagnosi. Un mio conoscente ed amico da 45 anni (ma non mio paziente) lo vidi, circa un anno or sono, camminare sotto il mio studio ogni mattina con un braccio legato al collo. Un giorno, di mia iniziativa, lo avvicinai per chiedergli se gli avevano diagnosticato il Morbo di Parkinson. Lui mi rispose di no e che la sua rigidità era dovuta alla frattura clavicolare. Dopo due mesi, visitato da un altro neurologo, gli fu confermato il mio sospetto diagnostico. Certo per me, avendo avuto sotto gli occhi un padre parkinsoniano, era più difficile sbagliarmi.