Il consigliere Palermo interviene sulla mozione di Ardita e Cavaliere sulla legge 194

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Riceviamo e pubblichiamo dal consigliere comunale Maria Concetta Palermo in merito
alla mozione sulla L.194 presentata dai consiglieri Ardita e Cavaliere.

Alla fine, il consiglio comunale di Ladispoli approva a maggioranza. Mentre i problemi della città aumentano vorticosamente, alcuni consiglieri di maggioranza pensano che sia più opportuno concentrare la loro azione politica su ambiti che a malapena conoscono e con proposte che, come donne, dovremmo ritenere lesive e offensive, al di là del colore politico o delle convinzioni individuali. Perché è proprio della libertà di scelta delle donne che parliamo; una libertà conquistata con fatica e che, ogni giorno, viene messa in discussione da fatti di cronaca nera, da dinamiche di mobbing lavorativo o di stalking privato. Sui nostri corpi si è detto tanto, anche troppo, senza rendersi conto che voler tutelare una donna significa prima di tutto comprenderla e rispettarne le scelte. Così, cittadine e cittadini, anche il nostro Comune fa un salto nel passato più cupo grazie all’approvazione di una mozione incomprensibile e dannosa, votata indistintamente da donne e uomini della maggioranza del sindaco Grando. Il 22 Maggio 1978 entra in vigore la legge 194 che regola le norme per la “tutela sociale della maternità  e sull’interruzione volontaria di gravidanza”,  depenalizzando e disciplinando  le modalità  di accesso all’ aborto. Il 29 dicembre  2017 c’è l’ultima relazione del Ministero della Salute  sull’attivazione  della 194/78 in cui risulta che le interruzioni di gravidanza sono in calo del 74% rispetto al 1982. E questo proprio grazie all’attuazione della legge 194. A livello tecnico, la 194 prevede un percorso dettagliato e studiato per le donne che scelgono di interrompere una gravidanza: l’incontro con medico, psicologo e diverse consultazioni più un tempo di attesa di tre settimane. Dal punto di vista medico, chi per questioni morali non vuole praticare interventi di interruzione di gravidanza, può dichiararsi obiettore di coscienza. Tutto questo in un percorso aperto e laico che riconosca alla donna la possibilità di autodeterminarsi e di pensare attentamente alle conseguenze delle proprie scelte e contemporaneamente che permetta ai medici di compiere una scelta di coscienza senza dover essere obbligati a praticare interruzioni di gravidanza nella loro carriera medica. Prima della legge 194 l’interruzione volontaria di gravidanza era un reato penale, che costringeva le donne a rischiare la vita, rivolgendosi alle famose “mammane”, persone senza scrupoli che esercitavano in clandestinità,  procurando alle donne emorragie, infezioni, morte. La legge 194 nella sua interezza, mette in campo  servizi socio-sanitari per l’informazione e la prevenzione e non può essere letta in alcun modo come un provvedimento per la limitazione delle nascite. Prima di tutto, infatti, prevede l’attivazione di consultori sul territorio, dove la donna viene assistita per una procreazione cosciente e responsabile, riconoscendo quindi l’importanza del valore della maternità. La donna si può  rivolgere al consultorio anche per programmare una maternità,  per assistenza medica nell’arco  della gestazione, o per qualsiasi altro dubbio  o sostegno, anche di tipo psicologico. Insomma, la legge 194 oltre a disciplinare l’interruzione volontaria di gravidanza, aiuta la donna nel lungo e tortuoso percorso per l’autodeterminazione, per una maternità consapevole, per la prevenzione in ambito di malattie dell’apparato riproduttivo. Alla luce di tutto questo non si comprende la finalità della mozione presentata dal duo Ardita-Cavaliere ieri sera. Prima di tutto perché il contenuto va oltre le competenze di un consiglio comunale; in secondo luogo perchè si fa un uso politico della legge, analizzando solo le cose che fanno comodo ai presentatori e, soprattutto, perchè con la loro mozione si offendono  le donne. Sia chi è madre, sia chi non lo è. Sia chi ha partorito una o più volte sia chi non ha potuto o voluto farlo. Si offende il corpo di una donna che ha subito violenza come quello di una ragazza troppo giovane per assumersi l’onere di crescere un figlio. Si offende il diritto sacrosanto delle donne di disporre del proprio corpo decidendo se e come affrontare una gravidanza. Tutto dentro una mozione illiberale e preoccupante che calpesta le donne fingendo di difenderle. E questo dopo pochi giorni dalla giornata internazionale contro la violenza sulle donne a cui anche il comune di Ladispoli ha aderito. Ardita e Cavaliere propongono una visione  della donna come “angelo del focolare”, e lo fanno senza porsi alcuna domanda. Soprattutto lo fanno da maschi, senza neanche ascoltarle le donne, senza sapere dalle loro orecchie il grado di sofferenza e di fatica che impiegano ogni giorno per sfuggire proprio da quell’immagine di “angelo del focolare in cerca di protezione” a cui con questa mozione cercano di relegarle.  Anche a Ladispoli molte, moltissime donne si sono contraddistinte per battaglie a viso aperto dentro e fuori le mura domestiche. In ambito famigliare, sociale, culturale e politico. Da loro i consiglieri Ardita e Cavaliere potrebbero imparare tanto, rinunciando al piglio da maschi alpha e ascoltandole alla pari. Tuttavia, quel che più dispiace del dibattito di ieri sera, è l’appiattimento delle consigliere di maggioranza che, in virtù di un vincolo politico, hanno accettato di votare una mozione dal gusto medievale.  Auspico, per il bene della comunità di Ladispoli, che ci sia presto spazio per un dibattito sui diritti aperto e condiviso, capace di chiarire che la nostra città è ancora sul Pianeta Terra, nel pieno degli anni 2000.

Per il Movimento Civico Ladispoli Città
la consigliera comunale Maria Concetta Palermo