Altro che il Codice da Vinci…

0
1279

 

Sul manoscritto Voynich c’è solo una certezza assoluta che è quella che, dal 1912 quando fu presentato al pubblico, non decine ma centinaia di studiosi esperti della materia vi hanno “perso la testa” dietro non riuscendo a capire, in nessun modo, in quale misteriosissima lingua sia stato scritto e ciò nonostante secoli di studi crittografici e l’avvento pure della moderna I.A .

Per l’autore c’è da dire che una firma in calce su questo manoscritto di pergamena di pelle di capra potrebbe (forse) farlo risalire al medico/farmacista boemo Jakobus Sinapius (medico personale dell’imperatore Rodolfo II) il cui nome era Jakub Hořčický, un cognome questo che in ceco vuol dire senape il quale tradotto in latino è sinapius; ma che il Sinapius ne fosse l’autore è tutto da dimostrare in quanto la firma suddetta (sempre poi che sia la sua) potrebbe essere stata apposta a mò di proprietà anche perché già all’epoca l’esotericissimo (altra sua più che rilevante caratteristica) codice Voynich era in  forte “odore” di mistero ed averlo in proprio possesso risultava essere piuttosto ragguardevole. Vi è da dire anche, come risulta da una lettera che l’imperatore Rodolfo II per entrare in possesso del suddetto testo pagò ben seicento ducati. Tanti sono i “potrebbe” i “ma” ed i “forse” che ne hanno costellato la strada in questi 106 anni da quando “apparve” ad una pubblica platea. Chi scrive, molti anni fa, aveva sentito parlare del “Codice Voynich” da parte di un suo illuminato professore universitario come del non plus ultra del libro dei misteri del quale alcune delle tematiche trattate (forse) sono deducibili da certe illustrazioni ma lì ci si ferma, per il resto un totale rompicapo legato al testo intraducibile il quale assolutamente misterioso era e tale e quale è rimasto pieno zeppo di illustrazioni arcane, ed è  il caso di ripeterlo, scritto in una lingua totalmente misteriosa. Proprio in considerazione di quanto suddetto chi scrive ( che, fra l’altro, già si è letto a fondo le 294 pagine della recentissima pubblicazione – è uscita solo il 7 novembre u.s. – edita da Bompiani dal titolo “ Il manoscritto Voynich. Il codice più misterioso ed esoterico al mondo”) ritiene solo di citare quelle che al momento sono le vere certezze inoppugnabili, ad iniziare dal nome che  è stato attribuito al libro: Voynich è il nome di un commerciante polacco di libri rari che appunto fu colui il quale rese pubblico il suddetto manoscritto nel 1912, libro facente parte dei testi in possesso del Collegio Romano i quali provenivano da Villa Mondragone vicino Frascati. Risalendo ancora più a ritroso vi è la certezza che tale stupefacente manoscritto era nella particolarissima collezione di libri rari  appartenente ad un personaggio  molto enigmatico della Roma Seicentesca tale Athanasius Kircher uomo dalla vastissima cultura i cui interessi culturali  spaziavano dai geroglifici alla microbiologia! Ma come il Kircher era entrato in possesso del suddetto libro anche in questo caso vi è una certezza: Il 19 agosto 1665 il dotto medico (fra l’altro nel 1667 fu riconosciuto membro della Royal Society di Londra per i suoi meriti scientifici – da rilevare come, venti anni prima di Newton, la rifrazione dei colori la scoprì proprio  lui)  professore di medicina all’Università Carolina del Regno di Boemia, Johannes Marcus Marci scrisse una lettera al suo carissimo amico Kircher, grande esperto in decrittazione di lingue perdute, nonché fondatore delle moderne egittologia e sinologia, dicendogli che, contestualmente, gli mandava il suddetto manoscritto sottolineando, fra l’altro, come questo testo: “non poteva essere letto da nessun altro al mondo e che soltanto lui poteva trovarne le chiavi d’accesso con la consueta facilità”. Ma in questo caso, purtroppo, il colto professor Marci sbagliò pure lui perché neppure l’espertissimo Kircher riuscì a decifrarne e tradurne il testo, cosa che poi successivamente non riuscì affatto, neppure in parte, al Wilfrid Voynich (il quale, finché visse, pur non comprendendo affatto ciò che vi era detto, tenne il manoscritto presso di se come fosse una reliquia e che da cui prese il nome il quale attualmente lo distingue). Altra cosa certa (perché visibile nei disegni fatti sulla pergamena) è quella che l’opera è divisa in sezioni: Una tutta erboristica,una cosmologica,una farmacologica ed una,assolutamente più misteriosa di tutte, che fa vedere delle donne completamente nude immerse in complessi reticolati vascosi. Ma il tutto non è decifrabile poiché il testo è scritto in un alfabeto ed in una lingua totalmente sconosciuta. E andiamo ai tentativi di decrittazione del testo: Ho fatto un contenutissimo accenno a due grandi esperti del passato evitando, per ovvii motivi di spazio, di citarne tanti altri che lavorarono, già all’epoca, pure in gruppi multispecialistici, mentre ai nostri giorni si sono cimentati su di esso pure gli esperi di crittologia dell’esercito americano fino a giungere agli ultimissimi ricercatori che sono riusciti ad “ipotizzare”, forse, soltanto il significato di piccole frasi, tanto è vero che alcuni “giunti alla frutta” lo hanno definito “ un libro maledetto”, un abdicazione non da poco per degli esperti del settore. L’ultima autorità in materia che si è cimentato su di esso è l’australiano prof. Stephen Skinner  il quale è noto per aver scritto libri su magia , feng shui , geometria sacra e alchimia, un grande studioso che ha pubblicato più di 46 libri in più di 20 lingue, il quale ha scritto anche la prefazione al succitato libro della sempre, culturalmente benemerita, editrice Bompiani. Ma anche l’ottimo e preparatissimo Skinner si è fermato solo sul dire che il manoscritto “potrebbe” essere opera di un medico-erborista-astrologo etc. ma nulla di più. Dimenticavo di dire che,  attualmente, il “Codice Voynich” è nel possesso della Beinecke Library dell’Università di Yale e che fu l’unico libro che il nostro genialissimo  prof. Umberto Eco volle vedere quando, a suo tempo, la visitò e che il manoscritto non è un falso ed ancora che la datazione al carbonio ha stabilito che tutte le pagine della “famigerata” misteriosissima pergamena risalgono alla metà del XV° secolo. Ma su cosa vi sia scritto e in quale lingua permane, anche nel terzo (, sempre più  “evoluto” e sempre più informaticizzato) millennio il buio più assoluto, in un certo senso verrebbe da sorridere a questa gran bella sfida che ci viene da qualche secolo fa, quindi, forse, è da augurare un gran bel prosit per tutti ad perpetuam rei memoriam.

                                                                                                   Arnaldo Gioacchini