di Angelo Alfani
Il riutilizzo (la riparazione, lo scambio, la compravendita di beni usati) ha, nel nostro Paese, radici antiche. Ma è solamente negli ultimi anni, con l’esigenza di dare sviluppo ad un’economia circolare, che il riutilizzo ha fatto emergere con chiarezza i suoi risvolti economici, sociali culturali ed ambientali positivi.
Il Rapporto Nazionale sul Riutilizzo 2018, elaborato da Occhio del Riciclone, offre la possibilità di farsi una idea precisa su alcuni dei temi più caldi del settore: centri di riuso e preparazione per il riutilizzo, filiere degli indumenti usati, riutilizzo delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, mercati di piazza e soggetti vulnerabili, negozi dell’usato in conto terzi.
Le esperienze di molti Comuni ed Aziende di igiene urbana dimostrano come esistano diversi sistemi per ridurre la produzione di rifiuti. Uno di questi è quello di intercettare i beni potenzialmente riutilizzabili, trovando per essi destinazioni alternative nei canali della solidarietà o del mercato. Centri del riutilizzo e sistemi di raccolta dedicate agli ingombranti, in accordo con Onlus locali, hanno evidenziato risultati importanti sia in termini ambientali che sociali.
Con il progetto Cambia il finale ad esempio Hera (multiutility leader nei servizi ambientali, idrici ed ambientali) è riuscita a ridurre di oltre 500 tonnellate di rifiuti in un solo anno a fronte della collaborazione di 25 Onlus ed un centinaio di soggetti svantaggiati. La possibilità di rimettere in circolazione rifiuti riutilizzabili già esiste; il progetto europeo PRISCA ha dimostrato che, con autorizzazione ordinaria al trattamento rifiuti, un impianto può ricevere rifiuti provenienti dai centri di raccolta comunali e dalle raccolte domiciliari di rifiuti ingombranti e, dopo igienizzazione, controllo ed eventuale riparazione, rimetterli sul mercato. Questo settore è da tempo in attesa di decreti ministeriali al fine di semplificare questa procedura. Se la stima, per difetto, è di 600.000 tonnellate annue, il due per cento del totale, il volume di beni durevoli riutilizzabili presenti nel flusso dei rifiuti urbani, si comprende quale importanza possa avere semplificarla.
Altro settore oramai ben strutturato è quello delle raccolte stradali di rifiuti tessili, anche se caratterizzate da pesanti criticità che spaziano dai reati ambientali all’infiltrazione mafiosa. Un controllo severo andrebbe incontro anche alle volontà di chi dona abiti usati dato che viene fatto con intenzioni solidali. Da ultimo va ricordato il settore dei negozi dell’usato conto terzi che, accanto al commercio ambulante, si conferma come leader nel retail dell’usato.
Rete ONU ha stimato l’esistenza di circa tremila unità distribuite sull’intero territorio nazionale, e l’analisi di Occhio del Riciclone ha mostrato che questa formula commerciale è praticata soprattutto nel nord e centro Italia: circa due terzi del totale. I mercatini che ospitano commercianti ambulanti sono invece almeno 550, senza contare quelli informali o abusivi: molti al nord pochi al sud. Questi spesso ospitano operatori vulnerabili o che non sono in grado di sostenere tutti gli oneri richiesti dalla formalità.
Da anni, a Torino, tale precarietà è stata superata con l’istituzione di un’area di libero scambio che corrisponde allo storico mercato Balon. Esempio innovativo di politica pubblica flessibile ed includente, grazie alla quale un migliaio di operatori vulnerabili riesce a lavorare in un quadro di sostanziale regolarità: da estendere a livello nazionale.