Andrè De La Roche: “Nell’arte non esiste pregiudizio”

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Intervista esclusiva ad Andrè De La Roche, danzatore e coreografo di fama mondiale, una vita vissuta in punta di piedi e sulle note dell’animadi Felicia Caggianelli

 Aperture e salti sono stati da sempre la sua forza accanto ad una presenza scenica vincente e a sani valori morali quali la famiglia il rispetto per gli altri e la pazienza. Questa settimana abbiamo incontrato a Cerveteri Andrè De La Roche, in visita alla scuola Dimensione Danza di Alessandra Ceripa. Il famoso ballerino di origine corso-vietnamita, e americano d’adozione oltre ad essere un insuperabile danzatore e coreografo, è anche un maestro eccezionale. Per conoscerlo meglio facciamo un tuffo nel passato fissando alcune delle tappe salienti di una carriera artistica di tutto rispetto e colorata di tante emozioni. Per Andrè De La Roche,  il primo approccio con la danza non è stato amore a prima vista. Anche i tentativi del papà adottivo che gli consigliano di fare danza per migliorare la postura non riscuotono successo. L’incontro con la danza, possiamo dire, avviene per caso. Galeotto fu un provino da attore in cui è necessario saper ballare e così, Andrè, all’età di 11 anni, inizia a prendere lezioni di danza in una piccola scuola a Sunland in California. Nonostante le persone che gli sono vicine si accorgono del suo talento, lui non è molto convinto, e ribadisce il fatto che vuole diventare un l’attore. Non a caso nel 1964 ha già un agente. A sette anni lavora in un telefilm degli Universal Studios nel ruolo di un piccolo principe. A otto anni entra a far parte del cast di “King and I”. Successivamente entra a Las Vegas nel gruppo “Third Generation Steps”, diretto da Macio Anderson. Tornato a Los Angeles inizia a studiare con E.Loring all’ American Ballet School. A diciotto anni partecipa al musical “How to succeed in Business Without Really Trying”, e balla in diversi show televisivi americani. Da quel momento la sua inizia una brillante carriera che lo porterà nei maggiori teatri di tutto il mondo ricevendo numerosi premi e riconoscimenti fino ad approdare alla televisione italiana dove sarà ospite, coreografo e ballerino di molti spettacoli di successo. Indimenticabili i suoi balletti con la show girl Heather Parisi della quale ha grande stima e l’esperienza con il Bagaglino. Il nostro incontro con uno dei mostri sacri della danza avviene nella scuola di danza Ceripa,  Andrè ci accoglie con un grande sorriso, due occhi da cerbiatto profondi e una naturalezza che contraddistingue un’amicizia di vecchia data, infatti più che una intervista abbiamo avuto la sensazione di aver chiacchierato tra amici. In meno di trenta minuti abbiamo sfogliato alcune delle pagine di una vita straordinaria vissuta in punta di piedi. Andrè, con grande semplicità ed umiltà, ci ha accompagnato nel suo mondo fatto di persone, incontri, viaggi, musica e tanta danza. Quando è venuto in Italia la prima volta? “La prima occasione fu il Festival di Spoleto nel 1984. M’invitò la grande Vittoria Ottolenghi la quale mi aveva visto ballare a Roma in “Dancing”. Feci solo la prima serata però. Mi feci male e fui ingessato. Negli anni successivi arrivarono “Joan lui” con Adriano Celentano e la prima “Serata d’onore” con Heather Parisi. Ma vivevo ancora a Parigi, dove facevo anche le prime importanti esperienze d’insegnamento presso il Paris Centre, e mi dedicavo alla mia prima coreografia. Per quasi quattro anni feci avanti e indietro tra Parigi e l’Italia. E fu nella bella Parigi che capitò un’altra cosa bellissima: Roland Petit mi offrì di essere partner di Zizi Jeanmaire in “Hollywood Paradise” insieme con Luigi Bonino. Nell’ottantotto poi, mentre facevo “Jeans 2” su Rai Tre, con Fabio Fazio, decisi di trasferirmi definitivamente a Roma. Intanto lavoravo anche in Spagna, dove mi dedicavo a grossi stage estivi. Furono anni bellissimi, in cui lavoravo tanto e mi sentivo felice”. Ci racconta la tua lunga esperienza col Bagaglino? “Anni bellissimi. Col Bagaglino ho danzato dal 1993 al 2001. In realtà, all’inizio, mi proposi a Pingitore solo come coreografo. Fu lui a volermi anche come danzatore. Comunque, nelle prime sei edizioni condivisi le coreografie con Evelyn Hanack. Nelle ultime due fui ballerino ospite e curavo le coreografie dei soli mie pezzi”. Come si è riscoperto coreografo? “Si è trattato di un passaggio avvenuto con grande naturalezza e naturalmente supportato da tanto studio. Non nascondo che ho sempre amato fare coreografia. Sin da giovanissimo. Ma la prima esperienza è stata a Parigi a ventisette anni. Si trattava del musical “Emilie Jolie” di Philippe Chantel. Ne sono arrivate, nel tempo, mille altre. Il mondo dello spettacolo e quello del ballo sono le facce di una stessa moneta che riescono a coesistere insieme magnificamente. Uno non esclude l’altro. Tuttavia credo che se tu ce l’hai dentro, lavorando con diversi stili ti viene spontaneo. Bisogna avere alle spalle tuttavia un bagaglio di esperienze, studiare sempre e viaggiare. A 52 anni  ho seguito l’ultima lezione da studente. La pratica ti insegna tante cose. Io  non sono nessuno. Io mi vedo giusto. Nel momento che pensiamo di essere il massimo c’è sempre uno migliore di noi”. Non è mai stato al centro di polemiche e battibecchi tra colleghi. Qual è il suo segreto? “ Non ci sono segreti, solo rispetto verso gli altri. Sono cresciuto in un mondo dalla mentalità apertissima. In cui ciascuno ha il suo valore e le sue qualità che vanno rispettate in quanto tali. Ho vissuto sulla mia pelle la discriminazione. Ma per fortuna, come diceva mio padre, nell’arte non esiste pregiudizio. Siamo tutti uguali. Fermo restando che ognuno di noi ha i propri gusti,io preferisco una cosa piuttosto che un’altra e riconosco la qualità e il talento. Non capisco che senso ha urlare o offendere le persone. Sono atteggiamenti che non mi appartengono”. Come l’hanno accolto gli allievi dell’accademia di Ceripa? “Benissimo. Alessandra è una professionista seria, grintosa e positiva. È riuscita a dar vita ad un ambiente sano, riesce a tirar fuori le potenzialità di ciascuno allievo nel pieno rispetto dell’età che ha e quindi ad offrire i mezzi giusti per far sì che ognuno di loro raggiunga gli obiettivi e faccia le esperienze artistiche più consone ed adeguate alla propria età. I ragazzi devono formarsi, fare esperienza e studiare solo così potranno affrontare le sfide e saranno in grado di superarle. Ad ogni età corrispondono delle esperienze e non bisogna bruciare le tappe. Così come Alessandra, io quello che voglio dai giovani è che siano spensierati e che si divertano, anche se spesso vedo ragazzi di 13, 14 anni già con il tutore o in atteggiamenti sexy. Per me non va bene. Bisogna studiare, interessarsi a più stili perché un artista completo ha molte più possibilità , non bruciare le tappe e poi ci vuole una buona dose di rispetto. La danza va amata e mai sporcata con inutili storpiature”.