LA CAPITANERIA AVEVA POSTO I SIGILLI. COMUNE ETRUSCO COSTRETTO A SPENDERE DI PIÙ PER LA MANUTENZIONE
di Emanuele Rossi
Una brutta pagina in estate quei sigilli della Capitaneria di porto sul depuratore di Campo di Mare, in via dei Navigatori Etruschi. E ci sono voluti quasi 5 mesi per rimettere le cose a posto, con dei lavori di manutenzione da oltre 100mila euro, che hanno consentito poi il dissequestro dell’impianto notificato in questi giorni dalla stessa sede marittima di Ladispoli-Marina San Nicola guidata dal comandante, Cristian Vitale.
Militari che a fine luglio si erano attivati a Campo di Mare dopo le segnalazioni di tanti cittadini che avvertivano miasmi nella zona, oltre a macchie maleodoranti in acqua sul fosso Zambra e nel mare. Da lì i blitz e i sigilli.
Scene che naturalmente non erano sfuggite ai residenti e ai tanti villeggianti che avevano scelto Marina di Cerveteri per trascorrere le proprie vacanze. Ora si scopre che su richiesta del magistrato civitavecchiese, che aveva disposto le indagini, le autorità marittime hanno messo al corrente il Granarone del ripristino e alla regolarità del depuratore, oltre che della rimozione di alcuni rifiuti abbandonati.
Un problema evidentemente che si era protratto a lungo. Elena Gubetti, sindaco cerveterano, era stato nominato custode giudiziario annunciando l’avvio del cantiere per la realizzazione di un by-pass, nello specifico la costruzione di un sistema di sollevamento per trasferire tutti i reflui della frazione di Campo di Mare direttamente al depuratore di Cerenova.
Primo cittadino costretto pure ad estendere l’ordinanza di divieto della balneazione alla foce del fosso Zambra di ulteriori 100 metri rispetto ai 250 esistenti, provvedimento che di conseguenza ha alimentato ancora più dubbi tra i vacanzieri, molti dei quali avevano poi scelto altri lidi per fare il bagno in mare.
In modo parallelo erano stati attivati vari autospurghi di una ditta privata per bonificare le vasche al cui interno si erano accumulati dei fanghi che sarebbero dovuti essere portati via già da tempo secondo il quadro accusatorio della Procura.
Da quanto trapela l’amministrazione comunale avrebbe potuto già a maggio ovviare questa criticità con una spesa non superiore ai 40mila euro per mettere in sicurezza l’impianto.
Invece avrebbe atteso più del dovuto (probabilmente in attesa che Acea diventasse gestore dell’impianto) ed è scattato il sequestro della Capitaneria di porto che ha comportato un costo maggiore addirittura tre volte di più per il ripristino della struttura.
Forze dell’ordine che erano intervenute già una settimana prima alla foce dello Zambra proprio per la presenza delle macchie oleose presenti in quel tratto del litorale.
Per questo motivo era stato allertato immediatamente il personale di Arpa Lazio per eseguire i campionamenti del fosso come fatto anche agli inizi del mese di luglio. Secondo quanto stabilito da un provvedimento regionale, la bandiera rossa era stata imposta proprio in prossimità dei fiumi.
Di pari passo poi c’è da considerare il processo penale in corso che ha fatto scattare una denuncia per il reato di inquinamento ad un funzionario del Granarone. Si fanno sentire i cittadini.
«Già nel corso dell’estate – interviene Alessio Catoni, presidente del comitato di Cerenova-Campo di Mare – avevamo denunciato questo scenario di degrado estremamente serio, sicuramente la classe politica non è stata proprio trasparente visto quello che è accaduto, ovvero la mancanza di manutenzione o comunque le anomalie che hanno portato al blocco totale dell’impianto».
A proposito di fiumi, nell’ultimo periodo la stessa Capitaneria di Porto è in forcing per la tutela dell’ambiente facendo sorvolare dei droni in super visione per scovare scarichi abusivi lungo i canali. Il primo step ha riguardato il torrente Sanguinara di Ladispoli dove sono emerse anomalie almeno in due punti.