In Florida, un adolescente di 14 anni si è suicidato per amore di una chatbot, una sorta di amica virtuale generata dall’Intelligenza Artificiale. Un incidente isolato causato da un disturbo di personalità che avrebbe portato il ragazzo a rifugiarsi in un rapporto virtuale o piuttosto un “effetto collaterale” dell’ esperimento sociale globale in atto da circa 15 anni che sta strappando l’infanzia alla vita reale, intrappolandola senza via di scampo nella rete e nella dipendenza digitale?
Facciamoci un esame di coscienza: davvero pensiamo che una infanzia fondata sullo smartphone fin dalla più tenera età non abbia alcun effetto sulla salute mentale ed emotiva dei nostri figli?
Siamo coscienti della posta in gioco quando un bambino o un adolescente trascorre diverse ore al giorno su un cellulare?
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sono oltre 60.000 gli adolescenti che vivono interamente in un mondo mentale e virtuale nel chiuso della loro camera: sono i cosiddetti “hikikomori”.
Le istituzioni sanitarie continuano a negare la correlazione di questo disturbo con la dipendenza digitale, esattamente come continuano a negare gli effetti biologici dell’elettrosmog. D’altra parte, chi oserebbe portare sul banco degli imputati i colossi dell’hi tech?
Il dito così viene puntato sul bullismo, la competizione sociale, la famiglia disfunzionale, insomma su tutto, tranne che sul fattore più evidente. La vulgata è che la dipendenza digitale può “inasprire il fenomeno, ma non è la causa diretta”.
Eppure un documento del Senato aveva lanciato un allarme chiaro: “Per i ragazzi gli smartphone sono come la cocaina”. Così un rapporto del 2018 firmato dall’ex senatore di Forza Italia Andrea Cangini, inviato tramite circolare nel 2022 dal Ministero dell’Istruzione a tutte le scuole.
Nel rapporto si parla di danni fisici, quali miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscoloscheletrici, diabete e danni psicologici come dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Nonché di progressiva perdita di facoltà mentali essenziali come la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica.
Quel documento, tuttavia, non ha smosso le coscienze di un millimetro e la maggioranza dei ragazzini continua a trascorrere gran parte della giornata con gli occhi incollati ai cellulari. “Dobbiamo urgentemente affrontare la questione dell’iperconnessione ubiqua, chiedendoci se per caso non sia una bomba atomica sganciata al centro della città degli esseri umani – dice lo scrittore Carlo Cuppini – Non parlo di internet in sé e per sé, che a mio avviso non può essere considerato altro che una meravigliosa, epocale e irrinunciabile rivoluzione. Ma di internet in tasca, e negli occhi, e nella testa, sempre e dovunque. Parlo di essere – o di avere la sensazione di poter essere – sempre sia qui che là che lì, contemporaneamente: alla fermata dell’autobus, in una chat, in una cascata di reel, in una ricerca su un browser, nell’app del meteo. Non essendo interamente né qui, né là, né lì, né da nessuna parte”.
Nel 2023 un report dell’Osservatorio suicidi della fondazione Brf parlava di un incremento del 75% dei suicidi tra i giovani in Italia, ma ancora una volta si puntava il dito su fattori generici come “modelli familiari disfunzionali, vulnerabilità emotiva, stile cognitivo deviato” tacendo sugli effetti devastanti dei cellulari sul cervello e sul sistema nervoso nell’età dello sviluppo.
Per fortuna c’è chi non nasconde la testa sotto la sabbia, correlando l’epidemia di malattie mentali tra i giovanissimi all’avvento degli smartphone come lo psicologo sociale Jonathan Haidt che ha pubblicato su The Atlantic un articolo sull’impatto dei dispositivi mobili connessi sullo sviluppo degli adolescenti. Secondo Haidt la diffusione di internet alla fine degli anni Novanta non ha avuto alcuna conseguenza negativa misurabile sullo sviluppo cognitivo dei giovani; mentre l’avvento degli smartphone e dei social un decennio dopo è stato devastante.
“Qualcosa è andato improvvisamente e orribilmente storto per gli adolescenti nei primi anni del 2010 [..]. In base a una serie di misure e in una serie di Paesi, i membri della Generazione Z (nati nel e dopo il 1996) soffrono di ansia, depressione, autolesionismo e disturbi correlati a livelli più alti rispetto a qualsiasi altra generazione per cui abbiamo dati. Il declino della salute mentale è solo uno dei tanti segnali che qualcosa è andato storto. [..]. Nel complesso la Generazione Z oltre ad avere una cattiva salute mentale “è in ritardo rispetto alle generazioni precedenti su molti parametri importanti. E se una generazione sta andando male, se è più ansiosa e depressa e sta creando famiglie, carriere e aziende importanti a un tasso sostanzialmente inferiore rispetto alle generazioni precedenti, allora le conseguenze sociologiche ed economiche saranno profonde per l’intera società. Cosa è successo nei primi anni del 2010 che ha alterato lo sviluppo degli adolescenti e peggiorato la salute mentale? [..]
La risposta è chiara: “erano gli anni in cui gli adolescenti nei paesi ricchi hanno sostituito i loro cellulari a conchiglia con gli smartphone e hanno trasferito gran parte della loro vita sociale online, in particolare su piattaforme di social media progettate per la viralità e la dipendenza. Una volta che i giovani hanno iniziato a portare Internet nelle loro tasche, a loro disposizione giorno e notte, ha alterato le loro esperienze quotidiane e i loro percorsi di sviluppo in generale. Amicizia, appuntamenti, sessualità, esercizio fisico, sonno, studi, politica, dinamiche familiari, identità: tutto è stato influenzato.
[..] La dipendenza dai social media o dai videogiochi comporta “un’attivazione anormalmente pesante e sostenuta dei neuroni dopaminergici e dei percorsi di ricompensa. Nel tempo, il cervello si adatta a questi alti livelli di dopamina; quando il bambino non è impegnato in attività digitali, il suo cervello non ha abbastanza dopamina e il bambino sperimenta sintomi di astinenza. Questi generalmente includono ansia, insonnia e intensa irritabilità”
In sintesi, la vita basata sugli smartphone, a quanto pare, altera o interferisce con un con un gran numero di processi di sviluppo. Nessuno di noi, all’inizio del 2010, sapeva cosa stava facendo. Ora lo sappiamo. È arrivato il tempo di porre fine all’infanzia basata sul cellulare, è ora di restituire la fanciullezza e l’adolescenza alla vita reale, al gioco libero e non controllato dagli adulti, al mondo fisico fatto di relazioni in carne e ossa nonché di difficoltà e responsabilità concrete.
di Miriam Alborghetti