Anche se gli esami di maturità non sono ancora iniziati, mi sembra doveroso parlare di queste importanti prove dal punto di vista psicologico.
Molte persone mi raccontano di sognare l’esame di maturità anche a distanza di 30 anni e durante il racconto emergono ancora vive le emozioni provate in questa prova. È come se l’esame di maturità, soprattutto la prova orale, si scalfisca nella memoria e il suo ricordo faccia quasi tornare indietro la persona in quel preciso momento.
Nei miei primi articoli descrivevo il ciclo vitale della famiglia e facevo riferimento ai vari eventi o riti che segnano il passaggio da uno stadio evolutivo all’altro, sia del singolo sia della sua famiglia. Il rito maggiormente evidente nella nostra società è il matrimonio che sancisce il passaggio dall’essere figli all’essere adulti, con la responsabilità del diventare genitori; quindi il matrimonio sancisce il passaggio all’età adulta, all’indipendenza.
Ma perché l’esame di maturità torna alla memoria in modo così vivido anche a distanza anni e il matrimonio no? Partiamo dalla fine: lo studente nel giorno dell’orale si trova ad esporre sé stesso, la sua capacità di sintesi e di elaborazione di ciò che ha studiato nel suo ultimo anno scolastico davanti ad una commissione formata sia da docenti conosciuti sia da docenti sconosciuti (circa trent’anni fa la commissione era formata da docenti esterni, sconosciuti e c’era solo un docente interno e conosciuto).
Allo studente, inoltre, può venire chiesto di collegare queste nozioni scolastiche all’attualità. Questo vuol dire che per la prima volta in tutta la sua carriera scolastica, lo studente ha davanti a sé degli sconosciuti che, anche se con una base di presentazione, lo giudicano in quel preciso momento.
È la prima volta che lo studente deve fare forza sulle sue capacità, (e perché no) anche sulla sua furbizia, per dare il massimo di sé.
È la prima volta che lo studente ha poche possibilità di giustificarsi e di dire “è lui/lei che ce l’ha con me”.
E’ la prima volta che lo studente fa affidamento sulle sue risorse, almeno in buona parte. Nonostante tutte le raccomandazioni e gli avvisi degli insegnanti e dei genitori, lo studente, da buon adolescente, spesso durante l’anno scolastico vede l’esame di maturità lontano e fuori da sé, come se questa prova appartenesse ad un futuro lontano e ad un futuro non suo.
Poi, avvicinandosi all’evento, lo studente capisce che l’esame di maturità riguarderà anche lui ed inizia a cercare di recuperare e colmare le lacune scolastiche e studiare in modo continuo e a lungo.
È lì che emerge l’ansia e, spesso, la paura concreta di non farcela. La memoria ha bisogno di far sedimentare e di metabolizzare le informazioni per elaborarle al meglio.
È lì che probabilmente si rende conto che durante l’anno avrebbe potuto impegnarsi di più. È lì che forse comprende che serve costanza ed impegno per arrivare ad avere dei risultati adeguati.
È lì che forse capisce, per la prima volta nella vita, che serve anche la fortuna.
È lì che, forse per la prima volta, inizia a guardare avanti e a proiettarsi in un futuro che, sì, magari sarà lontano ma che è il suo futuro fatto di scelte personali e la cui riuscita dipende in buona parte dalla sua responsabilità.
Per questi e per chissà quali altri motivi la maturità viene ricordata anche a distanza di 30 anni. Buona maturità!