10.000 bar e ristoranti in rivolta: “Chiudiamo e consegnano le chiavi al Governo”

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 “Apertura al 30% della nostra potenzialità vuole dire fallimento sicuro”

Sono ad oggi oltre 10.000 gli esercizi commerciali, tra bar e ristoranti, che hanno aderito in pochi giorni al movimento spontaneo nato su iniziativa di un ristoratore viterbese, Paolo Bianchini, contro i ‘piani’ di riapertura delle attività dopo la prima fase di emergenza COVID-19.

“Un metro di distanza dal bancone, due metri tra i tavoli. Guanti e mascherine, sono queste le prime indiscrezioni sulle modalità di apertura degli esercizi al 18 maggio prossimo – spiega Bianchini – Noi non accettiamo la condizione del distanziamento, vi immaginate cosa può voler dire ridurre la potenzialità di un ristorante, di un bar pur continuando a sostenere gli stessi costi e le stesse spese che dovremmo sostenere in condizioni normali. Chi accetta queste condizioni, evidentemente non capisce nulla di questo lavoro. Tanti di noi falliranno, non potremo pagare le spese con una riduzione al 30 percento delle potenzialità. E poi chi verrà nei nostri locali? Chi sta trattando su questi punti ha abdicato al governo e ha già accettato le proposte giocando sulla pelle delle nostre aziende. Ecco perché chiediamo ai sindaci di darci una mano e di consegnare al governo le chiavi dei locali che noi stessi il 29 aprile metteremo nelle loro mani.

Il 28 aprile, in segno di protesta, apriremo per l’ultima volta i nostri locali. Accenderemo le luci e tireremo su le saracinesche. Quella che ci viene proposta non è una situazione di sicurezza per i nostri dipendenti e di tranquillità per i nostri clienti. Il governo Conte può pensare di scaricare sulle nostre spalle tutti gli oneri, un atteggiamento di menefreghismo nei nostri confronti che non possiamo accettare. Noi in queste condizioni il 18 maggio non apriremo. Siamo al 24 aprile e nessuno dei nostri dipendenti ha preso un euro di cassa integrazione, cosa aspetta il governo: che qualcuno si uccida?

Noi non riprenderemo avendo il 30% del locale aperto e il 100% dei costi. Non è vero che andrà tutto bene, la metà delle nostre aziende in queste condizioni fallirà. E con noi tutto l’indotto, i nostri fornitori. Chi è seduto nelle stanze del Palazzo non ha cognizione del mondo reale. Conte ci sta facendo correre una maratona, con gli occhi bendati e una gamba sola. All’arrivo c’è un burrone e nessuno può giocare con la nostra pelle. La situazione sta degenerando, non abbocchiamo al tranello delle riapertura accontentandoci di incassare due spicci. Noi diciamo che così non si può riaprire, che ognuno si faccia due conti. Aspettiamo il 4 maggio, poi vedremo cosa potremo fare. Ma qualcosa deve cambiare”.

Ricordiamo che l’ idea della manifestazione, intitolata “Risorgiamo Italia” è partita oltre che dal ristoratore viterbese Paolo Bianchini, anche dall’imprenditore David Ranucci, ristoratore trapiantato a Milano, a cui si sono subito uniti: Movimento Impresa PugliaRistoratori Toscani e associazione Gruppo Piccola NapoliTreviso Imprese Unite, Ristoratori Emilia Romagna, Liguria, Horeca Umbria Uniti, Consorzio Foligno in Centro,  Associazione Ristoratori Trapanesi (ART), Carboni Attivi Sicilia, e Brand Partenopei Uniti.

Hanno aderito all’iniziativa anche gli agriturismi, con l’Istituto Italiano per lo Sviluppo Rurale e l’Agriturismo (ISVRA): “Nelle nostre aziende, camere, sale da pranzo e punti vendita dei prodotti agricoli sono fermi da due mesi. Il danno economico è già di circa 100 milioni di euro. In prospettiva possiamo ragionevolmente prevedere che non vedremo clienti per tutto il 2020. Nel 2021 la ripresa sarà lenta: avremo già un buon risultato se, superata l’epidemia, riusciremo a lavorare per metà del consueto”. Dichiara il presidente Mario Pusceddu .”Stiamo cercando – prosegue Pusceddu – di rilanciare la vendita diretta ricevendo gli ordini tramite internet e consegnando i prodotti a domicilio, ma per i ristoranti e gli alloggi agrituristici bisognerà solo aspettare tempi migliori. Se nel frattempo non arriveranno aiuti finanziari, molte aziende agricole, senza i proventi delle attività agrituristiche, rischiano di fallire”.La condizione di bar, ristoranti e pasticceri è ancora più critica visto che non hanno neppure, come gli agriturismi, il reddito della produzione agricola che, sia pure con difficoltà di reperimento della manodopera stagionale, prosegue.E’ dunque quanto mai urgente che il Governo, dopo il “Cura Italia”, emani uno specifico Decreto “Cura Turismo” a sostegno di un settore vitale per l’economia e il lavoro nel nostro Paese.

Fonte: jamma.tv e etruria.news